Antroposofia

Il superamento delle razze

Il cambiamento dell’ambiente fisico andrà di pari passo con la metamorfosi della corporeità umana. L’uomo della sesta epoca sarà completamente nuovo perfino nelle sue basi corporee fisiologiche. Intanto le qualità corporee non permetteranno piú la distinzione dell’umanità in razze e popoli. Dice il Dottor Steiner ne La Cronaca dell’Akasha che il concetto di razza è valido soltanto per un periodo molto limitato dell’evoluzione umana. Che cosa si deve veramente intendere per “razza” dal punto di vista della Scienza dello Spirito?
La razza sorge nel momento in cui la spiritualità si arresta nel suo processo di penetrazione nella corporeità fisica e lascia libero alle influenze extra spirituali un arto corporeo. Cosí, per esempio, nella razza rossa è sottratto all’influenza dello Spirito il sistema osseo, nella razza nera il sistema digerente, nella razza verde (o malese) il sistema nervoso, nella razza gialla il sistema circolatorio.
Da ciò si vede che non è esatto contrapporre a queste quattro razze di colore, nelle quali l’attività dello Spirito ha subíto un arresto, una quinta razza bianca. Nei Pellirosse, nei Negri, nei Malesi, nei Mongoli la razza è l’espressione fisica di ciò che non è spirituale. Nei cosiddetti bianchi invece lo Spirito è penetrato dappertutto e trova tutt’al piú delle difficoltà a manifestarsi compiutamente. Secondo il punto fisico in cui queste difficoltà si manifestano maggiormente, sorgono in seno all’umanità bianca i vari popoli. Sappiamo, per esempio, che il popolo tedesco dovrebbe esprimere attraverso il suo organismo fisico le qualità dell’Io. In quanto il singolo individuo, per la debolezza del suo Spirito, non fa ciò che imperfettamente, sorgono i caratteri somatici propri del tedesco. Il tedesco è caratterizzato da una certa “pesantezza” fisico-spirituale. In questa pesantezza sentiamo che lo Spirito non domina completamente la materia. Quando ciò avverrà, la pesantezza si sarà trasformata in solennità sacerdotale e maestà regale.
Negli altri popoli la razza è la manifestazione dell’assenza dello Spirito, negli europei la razza è invece la manifestazione dell’attività dello Spirito. In ciò c’è una differenza essenziale, pregna di significato per l’evoluzione del futuro. Forse l’epoca del materialismo non ce lo lascia scorgere, ma lo Spirito sta diventando sempre piú attivo, sempre piú potente. Esso plasma anime e corpi umani come l’artefice plasma la creta fittile. In tempi non piú tanto remoti nulla sarà d’ostacolo alla piena espansione delle forze spirituali. Allora non ci saranno piú popoli, non ci saranno piú nazioni, ma ci sarà soltanto l’umanità pervasa dallo Spirito.
La realtà del futuro si presenta come altissimo ideale nelle menti dei profeti. Mazzini era profeta e profeta era anche Carlyle, perciò essi, incontrandosi, s’intesero facilmente. Un ideale comune viveva nelle anime di entrambi: volgendo lo sguardo profetico all’avvenire essi scorgevano un’umanità unica con una sola cultura. Questa umanità del futuro, secondo Mazzini, aveva già un suo rappresentante: Wolfgang Goethe; e questa cultura del futuro aveva già il suo capolavoro: il Faust.
Mazzini e Carlyle diffusero questi loro ideali, e perciò proprio nell’epoca della formazione nazionale dell’Europa sorse dovunque, accolta dalle anime piú nobili, un’elevata ideologia, il cosmopolitismo. Per cosmopolitismo s’intendeva allora un’umanità con una comune cultura spirituale, capace di eliminare tutte le differenze razziali e nazionali. È appunto per ricordo di queste prime aspirazioni che ci piace definire Filadelfia, cioè la sesta epoca di cultura che vedrà realizzate quelle aspirazioni, come una cosmopoli dell’avvenire. Nella sesta epoca di cultura non ci saranno difatti piú popoli e nazioni, ma ci sarà soltanto un’unica umanità spiritualizzata. E accanto a quest’unica umanità ci sarà una specie di “sottoumanità”, divisa ancora in razze e popoli. L’uomo del futuro, l’uomo della sesta epoca, avrà dunque un aspetto fisico diverso. Attraverso le fattezze del suo volto, attraverso i caratteri somatici del suo corpo, egli non esprimerà piú la sua appartenenza a un singolo gruppo razziale, ma rivelerà in quale misura ha accolto in sé e reso individuale lo Spirito divino dell’universo. Di conseguenza anche le funzioni degli organi fisico-corporei saranno diverse. Per esempio, la riproduzione dell’essere umano avverrà in tutt’altro modo. Non è da credere che l’uomo si sia riprodotto sempre allo stesso modo e per mezzo degli stessi organi.

Il nuovo uomo

Nel cervello troviamo due organi rudimentali di incerto significato funzionale: la cosiddetta glandola pineale e la cosiddetta glandola pituitaria. Queste glandole costituiscono gli ultimi resti di due organi che in antichissime epoche dell’evoluzione umana erano grandi e potenti. La glandola pineale o conarium si elevava una volta come una tenue formazione gelatinosa al di sopra della testa dell’uomo e brillava di luce propria, simile a quella che ancor oggi in modo tanto misterioso mandano le lucciole e certi pesci del fondo marino. Questa lampada fosforescente serviva al contempo come organo di percezione e come organo di locomozione. La glandola pituitaria invece era un organo rivolto verso il basso, verso il suolo terrestre. Questo organo, connesso con le forze ignee della terra, che allora erano assai potenti, serviva come mezzo di riproduzione quando l’uomo non era ancora diviso sessualmente.
La riproduzione unisessuale continuò ad avvenire fino alla metà dell’epoca lemurica, poi si spense del tutto. Oggi la riproduzione avviene bisessualmente per mezzo delle forze solari attive nell’uomo e delle forze lunari attive nella donna. Tra qualche millennio il processo riproduttivo, quale noi oggi lo conosciamo, subirà un cambiamento radicale.
La laringe, lo strumento vocale dell’uomo, diverrà col tempo l’organo della generazione umana spiritualizzata. Già oggi esiste un rapporto sottile tra gli organi della riproduzione e la laringe. All’epoca della pubertà avviene il cosiddetto cambiamento di voce, e anche in seguito ogni lesione o malattia degli organi della riproduzione si ripercuote sull’apparato vocale dell’uomo. Nella sesta epoca la metamorfosi si sarà compiuta del tutto e l’uomo si riprodurrà spiritualmente per mezzo delle forze della parola.
Nel Vangelo di San Giovanni sta scritto che Dio creò il mondo per mezzo della sua Parola. Nella parola è dunque contenuta una forza creatrice divina. Una bella leggenda ellenica ci racconta che Orfeo ammansiva le fiere con il suo canto. Questa antiche narrazioni vanno prese alla lettera. Nei meravigliosi poemi indiani viene raccontato che quando gli eroi di quelle epoche favolose avevano da attraversare la giungla, si difendevano dalle fiere sanguinarie e dai rettili velenosi recitando degli opportuni “mantra”, ossia versetti religiosi. Ripeto che queste non sono invenzioni poetiche; la forza della parola era una volta maggiore di quella che hanno oggi le pallottole di piombo. Nella sesta epoca la parola umana riacquisterà il suo potere magico oggi andato perduto.
Oggi, dopo le scoperte della fisica nucleare, la scienza parla di un’energia basale dell’universo che determina la sostanza e la forma di tutto ciò che sussiste. Non è senza significato che proprio alcune scoperte nel campo della chimica abbiano portato a questa concezione di un universo costituito da un’unica forza. Questa forza basale dell’universo esiste realmente ed è la forza della divina Parola creatrice. Un debole barlume della Parola di Dio l’uomo ritroverà nella sua parola umana, ma esso sarà sufficiente perché attraverso la parola anche l’uomo possa diventare un essere creatore.
Come prima cosa con la sua parola l’uomo creerà il suo simile. La parola gli servirà però anche in altri campi, perché essa avrà riacquistato il suo potere magico originario. Le malattie, per esempio, verranno curate non piú con sostanze chimiche, ma per mezzo di nuovi e piú poderosi mantra. Le forze usate in fondo saranno le stesse di oggi, ma mentre nel presente si rincorre il loro aspetto fisico-materiale, in avvenire si potrà attingere alla loro fonte eterico-spirituale. Che cosa è in vero una sostanza chimica? Essa non è niente altro che una particolare vibrazione della Parola divina.
L’uomo della sesta epoca, se ne avrà bisogno per portare a guarigione il suo corpo, prenderà ancora in sé le forze dell’oro, dell’argento, del ferro, del calcio, del fosforo e cosí via, ma non le toglierà dal seno della Terra, bensí dalla parola sana e salutare del suo simile evoluto.
Attraverso la parola nuova l’uomo potrà entrare in un rapporto piú profondo anche con gli animali, e acquisterà perciò il mezzo per redimerli. Tutto lo spirito della seconda epoca di cultura, quella antica persiana, può essere condensato in una poderosa immagine: Zarathustra che parla con il lupo. Sappiamo che la sesta epoca ripeterà la seconda su un piano piú elevato. Allora quella poderosa immagine riacquisterà tutto il suo valore; ogni uomo, come novello Zarathustra, potrà parlare con i lupi, e i lupi saranno miti come agnelli. Con ciò s’intende che gran parte della natura sarà redenta dalla pesante impronta arimanica.
Con la parola l’uomo della sesta epoca potrà agire anche sui fenomeni atmosferici: placherà i venti, allontanerà le tempeste, dissolverà le nubi. L’ambiente fisico intorno a lui sarà quindi piú pacato, piú sereno e dal firmamento azzurro una pioggia spirituale d’oro scenderà benefica sulle anime e sulle cose.
Tutto ciò lascia già capire che anche per il linguaggio la parola avrà un valore completamente diverso dall’odierno. È estremamente difficile formarsi un esatto concetto di ciò che sarà il linguaggio nella sesta epoca di cultura; perché nessuna delle lingue che oggi vengono parlate sulla Terra può servire da paragone. È da tener presente che la parola come tale non ha in ogni tempo uno stesso valore entro l’insieme del linguaggio.
Nel primi tempi dell’evoluzione postatlantica la parola non è ancora pensiero, ma pura immagine. Ogni oggetto del mondo esterno o interno si riflette in un’immagine. Se osservo un uccello, la mia anima può essere maggiormente colpita del fatto che esso s’innalzi verso il cielo, o si libri armoniosamente nell’aria o canti posato sul ramo. Lo stesso essere può impressionare l’anima in tre modi diversi e per ognuno di questi tre modi sorge un’immagine corrispondente che si riflette nel linguaggio. L’uccello è per il latino “avis”, perché egli osserva come esso s’innalzi in volo; è per il tedesco “Vogel”, perché lo vede ondeggiare tra cielo e terra; ed è per lo slavo “ptie” perché egli preferisce sentirlo cantare.
L’uomo moderno ignora completamente che dietro ogni parola si nasconde un’immagine, perché per lui ogni parola corrisponde soltanto a un concetto astratto. Perciò l’uomo moderno non può nemmeno comprendere l’esistenza di varie lingue e cerca di costruire delle universali lingue astratte, come l’esperanto. I grammatici definiscono giustamente la proposizione: “pensiero espresso in parole”. Questa definizione peraltro perderà con il tempo il suo valore.
Nella sesta epoca non piú la proposizione conterrà un compiuto corso di pensieri, ma la sola parola. Nel pronunciare la singola parola, staccata dal resto della proposizione, l’uomo esprimerà un completo corso di pensieri, di modo che non la proposizione, ma la singola parola potrà essere definita un pensiero espresso in parole.
I linguaggi moderni sono molto lontani da queste forme grammaticali. Forse certe espressioni sintetiche che usa Dante soprattutto nella cantica del “Paradiso” possono darci una pallida idea di quelle che saranno le lingue del futuro. Alcune forme delle lingue antiche hanno pure questa caratteristica di condensare un lungo corso di pensieri in una breve espressione verbale. Sul portale marmoreo di un cimitero ho visto scolpita una sola parola: “Resurrecturis”. Questa parola, per essere compresa, deve essere sviluppata in una lunga proposizione: «Questo luogo è dedicato a coloro che sono ora immersi in un profondo sonno in attesa di ritornare in vita in un lontano giorno futuro». Tutto ciò è realmente contenuto nell’unica parola “Resurrecturis” e l’anima sa trarne il giusto senso.
Ogni parola pronunciata dall’uomo della sesta epoca conterrà tutto l’insieme dei pensieri che noi oggi esprimiamo piú o meno faticosamente in proposizioni, in frasi, forse in lunghe pagine. Noi oggi diciamo, per esempio, “Io” e a questa parola colleghiamo il concetto astratto della propria personalità. Anche il cittadino di Filadelfia avrà naturalmente una parola per dire “Io”. Questa parola però non sarà soltanto un suono, ma sarà ripiena di un significato profondo sentito da ogni uomo, e che noi possiamo esprimere all’incirca nel motto seguente: «Il mio proprio essere di sostanza divina in unione con l’essere di sostanza divina del mio Angelo custode».
Ora possiamo chiederci: «Se la parola per se stessa conterrà il pensiero, che cosa si rivelerà attraverso la proposizione?». La proposizione dell’uomo della sesta epoca esprimerà ciò che oggi è ancora inesprimibile in parole: il sentimento. Rendiamoci conto che oggi quando diciamo «Ti odio» o «Ti amo» non esprimiamo il nostro sentimento ma soltanto la rappresentazione mentale che abbiamo dei nostri intimi affetti. Il nostro sentimento viene tutt’al piú espresso, in maniera incompleta, dal suono, dal colorito delle parole, dall’inflessione della voce, non già dalla forma grammaticale. Nel futuro l’uomo sarà capace di mettere nella frase, nel linguaggio, il suo interiore contenuto animico. Ciò spiega appunto la ragione per cui la sua parola sarà dotata di forza magica.
Swedenborg disse che la lingua degli uomini antichi era compresa anche dagli angeli. Gli angeli difatti hanno la percezione non del concetto astratto, ma del contenuto astrale dell’interiorità umana. Ecco perché nella sesta epoca la parola umana sarà compresa anche dagli angeli. Le lingue umane del futuro porteranno difatti ad espressione l’intimo contenuto delle anime: sentimenti, passioni, affetti.

Fortunato Pavisi (2.)

Immagine:
L’Angelo custode da «Tobiolo e l’Angelo» di F. Botticini (1445-1497) Uffizi, Firenze

Torna al sommario