- Che cosa significa voler seguire una
Via spirituale? Sostanzialmente significa compromettersi
totalmente e definitivamente col Mondo Spirituale: un atto di
consacrazione di sé all’Assoluto. Significa voler
rispondere sinceramente e senza riserve ad un appello del
Mondo Spirituale. Appello che mai è stato tanto urgente
quanto in questa epoca di oscuramento, di caos e di pericolo.
- Che questa sia un’epoca di estremo
pericolo è evidente a chiunque voglia vedere veramente, in
maniera inattenuata, la situazione e non voglia né illudersi
sulla reale portata del pericolo né credere di poter
risolvere l’emergenza con mezzi palliativi e consolatori.
Occorre, perciò, avere il coraggio di voler vedere le cose
come sono, di non sottrarsi alla visione e alla consapevolezza
concreta del pericolo.
- Ma colui che è stato – almeno per
taluni di noi – Maestro di sapienza, di coraggio e di azione
interiore, ci ha insegnato che quest’epoca di estremo
pericolo è per noi un’epoca oltremodo preziosa, poiché
proprio nelle epoche di pericolo il Mondo Spirituale proietta
sulla Terra le sue forze piú potenti, ed in esse perciò sono
anche possibili le realizzazioni spirituali piú audaci,
difficilmente attuabili in epoche ormai trascorse piú a
misura dell’uomo spirituale, nelle quali lo spirituale era
piú immediatamente avvertibile dall’uomo, che perciò era
meno stimolato all’iniziativa autonoma e cosciente.
- Oggi, invece, la condizione dell’uomo
è di estrema fragilità, di estrema labilità e precarietà
interiore. In questa condizione di fragilità e precarietà l’uomo
si trova sull’orlo del baratro nel quale rischia di
precipitare. Di fronte all’uomo si presenta lo spalancato
abisso della caduta nel subumano, che rischia di inghiottirlo
definitivamente. L’ammonimento salutare è che «l’esperimento
uomo potrebbe anche fallire».
- L’appello del Mondo Spirituale è
l’appello ad affrontare risolutamente le incalzanti forze
degli dèi distruttori, a risvegliare la memoria del còmpito
eroico che l’uomo si è assunto nel discendere in questo
mondo materiale, apparentemente dominato dagli Ostacolatori.
Sta unicamente all’uomo raccogliere l’appello e portare
fino in fondo la lotta.
- In realtà l’uomo è esattamente
dove deve essere: il problema, il pericolo, è che non vi è
come vi deve essere. Di fronte all’incombente pericolo, egli
è in una condizione di stordimento e di fatuità: si muove in
esso cercando di sfuggire la consapevolezza della sua
tragicità che, pure, nelle profondità di sé, con paura,
egli presente. Per cui nel tentativo di evitare il confronto,
per lui doloroso, con questa prova che non concede scampo, si
dà alla ricerca di surrogati o di narcotici sedativi: sceglie
di “giocare”, di “divertirsi”, coinvolgendosi nelle
fattualità gioiose o dolorose che il suo esistere quotidiano
gli porta incontro. Tenta cosí di “divergere” dalla mèta
a lui destinata, di sostituire qualcosa di “diverso”, di
piú “umano”, al còmpito al quale deve far fronte, ma che
teme. Tuttavia questo “divertimento”, questo “divergere”
dalla mèta, porta sempre di piú a conseguenze disastrose.
Sempre di piú il dolore, la malattia, la morte abbattono le
fragili barriere dell’autoillusione, con le quali l’uomo
vorrebbe proteggersi, sottraendosi alla lotta.
- Anche quando incontra la Via
spirituale, vi è continuamente nell’uomo la tentazione di
rendere piú accettabile, meno faticoso, l’aspro sentiero.
Anche nell’incontro con le verità spirituali egli può
cercare di evitare il loro potere dirompente nell’anima, di
attenuarne la forza che travolge la mediocrità umana, di
conciliarle, diluendole, con le esigenze di una natura animale
che non ne vuole sapere di trasformarsi. Per cui è facile la
tentazione di “aggiustarsi” la Via ad uso e consumo della
personalità egoica. Il che, naturalmente, è un tentativo
illusorio, destinato in modo salutare e istruttivo, per sua
fortuna, a fallire.
- Occorre distinguere rigorosamente
– questa è la prova cruciale dell’autoconoscenza – che
cosa noi chiediamo al Mondo Spirituale, o alla Via Spirituale,
e questa è la via egoica, ossia la via comoda con la quale ci
illudiamo di poter ridurre lo spirituale alla nostra
dimensione umana-troppo umana, e che cosa invece il Mondo
Spirituale chiede a noi, e questa è la via eroica, ossia la
via scomoda, con la quale decidiamo di esigere da noi stessi
di portarci oltre quello che ordinariamente siamo come esseri
naturali, cioè come esseri psichici, biologici, istintivi,
animali. Scegliere la via eroica è decidere, per attuare la
consacrazione di sé e rispondere all’appello del Mondo
Spirituale, di superare ciò che ci arresta nel cammino
interiore intrapreso.
- La scelta tra la via egoica, comoda,
e la via eroica, scomoda, è ogni volta la prova interiore
della scelta tra la paura e il coraggio, la prova della scelta
tra il desiderio dell’oblio, dello stordimento naturale, e
la volontà della memoria del còmpito spirituale. Ogni volta
è la scelta da rinnovare, perché nello Spirito non si può
vivere di rendita sul già fatto, sul moto d’inerzia del
passato. Al contrario lo Spirito, ogni volta, è l’atto
creatore, inesauribilmente capace di nuova accensione e di
slancio per l’Assoluto.
- La via egoica è comoda, perché l’identificazione
con l’essere naturale porta all’oblio del proprio essere
originario, alla paralisi delle forze spirituali, al sonno e
al tramortimento nella vita somatica e psichica. In questa
condizione di oblio e di sonno ha luogo un continuo atto di
tradimento dello Spirito: la memoria del còmpito interiore è
smarrita. La via egoica è la via della paura, perché in
questa condizione di servaggio animale viene cercato il
godimento voluttuoso di questo oscuramento interiore e viene
temuto e avversato tutto ciò che può scuotere questo
servaggio, dissolvere questo voluttuoso sonno. Come in uno
stato d’incantamento e di fascinazione, l’uomo patisce e
gode il processo distruttivo del proprio oscuramento.
- La via eroica è scomoda, perché
esige la volontà e lo sforzo tenace di liberarsi di una ormai
antica schiavitú, di riconquistare in forma nuova lo stato
primordiale smarrito: è lo sforzo di fare, ogni volta,
risorgere e incessantemente attuare la memoria dello Spirito.
È questa memoria dello Spirito che scioglie dalla paralisi le
impietrate forze interiori, che dissolve il sonno e la paura.
- Questo continuo atto della memoria
rinnovata diviene il Rito del coraggio e della fedeltà. La
via eroica è la via del coraggio perché deve affrontare
risolutamente una “natura” sapiente, potente, astuta,
tenace, apparentemente inesauribile. È la via del coraggio
perché – essendo coscienti che rimanere come siamo
significa essere inservibili per lo Spirito – esige una
trasformazione radicale di noi stessi.
- Finché siamo troppo deboli per
trasformarci, finché siamo afferrati senza residui dal
risuonare invadente dell’apparire illusorio del mondo nella
nostra anima, finché siamo continuamente in balía dell’ondeggiare
degli stati d’animo, finché siamo trascinati e travolti
dalle emergenze istintive, c’è ben poco che noi possiamo
fare per lo Spirito. Semmai è lo Spirito che deve fare
qualcosa per noi.
- Attraversando situazioni critiche,
molti si avvicinano alla Via spirituale proprio perché
ricevono da essa equilibrio, chiarezza interiore, maggiore
serenità, rafforzamento della volontà. Ovviamente, tutto
ciò è giusto e persino necessario. Ma non è ancora la Via
spirituale: è ancora la via egoica.
- La via egoica può temporaneamente
soddisfare, per taluni, l’esigenza di ritrovare un certo
benessere interiore smarrito nelle alterne vicende della vita,
ma non spingerà mai il discepolo alla radicale trasformazione
di sé. Solleciterà la pratica dell’ascesi e degli esercizi
nella misura in cui porteranno un contributo a questo “benessere”
interiore, ma li bloccherà inesorabilmente non appena questi
cominceranno a scalzare le fondamenta del servaggio alla
natura animale. La trasformazione radicale di sé è frutto
unicamente di una audace risoluzione, di una decisa volontà
di superamento di se stessi e dei propri limiti.
- La difficoltà ad affrontare
risolutamente questa “natura” astuta e tenace, che ci
domina e ci manovra, nasce dal fatto che questa “natura”
è all’interno di noi, è identica a noi, è insediata nel
nostro intimo, ma noi non la vediamo, non la conosciamo,
proprio perché siamo identici ad essa: non siamo gli attivi
autori di questo paralizzante atto di identità con lei. Lo
subiamo passivamente per lo stato di sonno della coscienza e
per l’anemia spirituale del pensare svuotato d’interiore
sostanza vitale.
- In questa condizione, ad una vita
spirituale dell’anima torpida, esangue, approssimativa e
perciò debolissima, si contrappone l’arroganza di una forte
vitalità biologica e psichica, alla cui potenza di
sopraffazione “sembra” non potersi contrapporre nulla di
veramente efficace.
- Per cui il sentiero della via eroica
non può essere che quello del risveglio e del coraggio.
Risveglio dallo stato di sonno spirituale e dall’oblio del
proprio autentico essere. Coraggio di affrontare l’insorgente
“natura” in noi, la sola forza che può dissolverne l’infero
e mortifero potere: il pensiero vivente. Ma l’azione di
questo pensiero risorto è azione di folgorazione della “natura”
inferiore alla quale, normalmente, siamo imponentemente
identificati. Per cui la “natura” in noi avverserà la Via
del Pensiero, cercherà di attenuarla, di renderla piú “umana”,
di alterarla in modo che non disturbi l’incontrastato
dominio del sonno animale. Cercherà di portare all’abdicazione,
ad una mascherata rinuncia rispetto all’impresa e alla
mèta. Cercherà di interrompere l’esercizio proprio quando
la concentrazione interiore comincerà ad essere efficace e la
“natura” in noi avvertirà dolorosamente la pressione
imperiosa dello Spirito. Il coraggio è, appunto, insistere
laddove la “natura” ci suggerisce di abbandonare.
- Il coraggio di procedere nel
sentiero spirituale nasce e si alimenta della memoria del
còmpito e dell’amore per l’Assoluto. Questa memoria,
fedelmente rinnovata e lo slancio sempre riacceso di questo
amore incitano a condurre l’esercizio interiore – ogni
volta – ad incontrare e ad affrontare il limite che
normalmente ci arresta e a tentare di superarlo; ci insegnano
la necessità di evitare ogni forma di meccanica
ripetitività, di ogni spenta routine abitudinaria, che svuota
l’atto interiore della concentrazione della sua vitalità
spirituale, e quindi della sua autenticità, della sua
sincerità.
- Ci è stato insegnato che lo Spirito
è ciò che può essere voluto in modo assoluto, e che solo
ciò che può essere voluto in modo assoluto è lo Spirito.
Che per amore dello Spirito possiamo chiedere illimitatamente
alla nostra volontà. Che si può volere oltre i limiti della
nostra personale, “umana”, natura. Che per amore dello
Spirito si può osare volere oltre i limiti del destino, oltre
i limiti del karma. Che la volontà consacrata può tutto.
- Chi ci ha indicato la Via chiamava
questo volere “il coraggio dell’impossibile”, il
coraggio di imaginare e volere oltre il limite che ci arresta,
poiché questo limite è soltanto un pensato di fronte al
quale smettiamo di pensare, uno stato d’animo oltre il quale
non osiamo imaginare e volere.
- Intuita la mèta, scorto il sentiero
che vi conduce, non ha alcuna importanza quale sia il nostro
passato, quanto poco ci sentiamo “degni” della Via, quanti
errori, quante sciocchezze, quanti fallimenti e inadeguatezze
ingombrino come macerie il sentiero da percorrere. Tutto
questo è ancora soltanto un pensato. Invece, è l’atto
della nostra libertà non farcene condizionare; malgrado e
oltre tutto ciò, volere l’assolutamente nuovo, non abdicare
al còmpito di realizzare comunque lo Spirito.
- La Via del Pensiero Vivente, che
Massimo Scaligero ci ha portato come un prezioso dono del
Cielo, non è una via tra le vie, e – al punto in cui oggi
si trova l’uomo – non è nemmeno la piú alta tra le vie,
ma proprio a causa della condizione di urgenza e di pericolo
nella quale si trova l’uomo, è l’unica Via, l’unica per
lui non illusoria, quella che affronta coraggiosamente e
radicalmente il male che colpisce l’uomo e rischia di
distruggerlo.
- Non è vero che la Via del Pensiero
Vivente sia una via incompleta o superata. Al contrario è la
via piú sicura, quella piú veloce, quella piú autentica,
quella magicamente piú potente ed efficace. E ognuno può
audacemente dimostrare a se stesso che è anche l’unica
sicura, autentica, veramente efficace. Certamente non è amata
dalla comodità egoica, la quale può essere tentata di
cercare qualcosa di meno disturbante per l’inerzia
interiore, che è il giogo degli Ostacolatori, i quali
spingono all’abdicazione, alla latitanza, alla diserzione.
- Ma proprio per questo la Via del
Pensiero è la via eroica, la via del coraggio, la via della
fedeltà all’archetipo celeste, la via dell’Amore.