- L’amore
è un dono. È il dono di sé ad un altro essere che diventa
piú importante di noi stessi. Donare significa però avere
qualcosa da donare: non dona nulla chi non ha nulla. Donare
se stessi significa essere se stessi, ed essere se stessi
significa conoscersi ed accettarsi. “Conosci te stesso”,
era scritto sul tempio di Apollo a Delfi. Il segreto del
donare se stessi è racchiuso in questa frase: soltanto chi
conosce se stesso può “essere” e quindi donare.
Conoscere se stessi vuol dire vedersi da fuori, come fossimo
un osservatore esterno: senza illusioni ma anche senza
mortificazioni, umiliazioni e pregiudizi. Chi non si ama non
può amare. Amare se stessi è l’opposto dell’egoismo,
perché è conoscenza. Conoscere vuol dire pensare, chi
pensa non ricorda se stesso nell’atto del pensare: il
pensiero è dunque la piú immediata ed inavvertita forma di
amore, amore che si dà all’oggetto della conoscenza
mediante un atto cosciente di sé. Occorre intensificare la
propria coscienza per conoscere ed essere e quindi per
donare, dunque amare.
- L’amore
non nasce come un sentimento. L’amore nasce come un’osservazione,
pura conoscenza. Dante non canta Beatrice iniziando con un
sentimento, non dice «Amo Beatrice...» ma comincia il suo
sonetto col dire: «Tanto gentile e tanto onesta pare / la
donna mia quand’ella altrui saluta....» Dante vede
Beatrice ed osserva il suo portamento, quanto di limpido
traspare dai gesti, dalle parole. Nota l’ammirazione degli
altri (il Vero Amore non conosce gelosia! Nessuno mai potrà
privarci dell’essere veramente amato) e allora, alla fine,
sorge in lui il sentimento: «Che dà per gli occhi una
dolcezza al core / che intender non la può chi non la
prova». Il sentire che nasce da questo processo lucidamente
vissuto è indicibile, è troppo grande per essere cantato,
perché quella Dolcezza è la Vita che risorge nella zona
del cuore. I tre versi successivi rappresentano il miracolo
dell’Incontro. Dante percepisce lo Spirito, l’Essere
vero dell’altro, di Beatrice, che è l’Essere dell’Amore.
«E par che dalla sua labbia [viso] si muova / uno spirto
soave e pien d’amore / che va dicendo all’anima:
sospira». Incontrare l’altro al di là del suo apparire
è un invito all’abbandono di sé: il sospiro rappresenta
fisicamente proprio un lasciare la presa, quel continuo ed
ossessivo afferrare il mondo per affermare la propria
personalità. Tutto ciò avviene in ogni incontro, in ogni
innamoramento. Se fossimo capaci di mantenere vivo quel
momento, allora nulla potrebbe privarci dell’amore:
nemmeno la persona amata. Beatrice toglie il saluto a Dante
ma poi l’aspetta in Paradiso.
- Il
vero tradimento è la dimenticanza. È dimenticare l’attimo
nel quale è sorto l’amore, come una folgore. Resta
soltanto un tuono lontano che si disperde nell’aria e noi
ci ritroviamo soli, abbiamo perduto il Sommo Bene e ce ne
lamentiamo dolenti: abbiamo ragione di farlo.
- Eppure
esiste un modo per non perdere l’attimo e proprio Dante,
in quella canzone, ce lo insegna. Si può ripercorrere il
momento dell’innamoramento, si può volere, pensiero dopo
pensiero, quanto abbiamo osservato nell’essere amato,
quanto s’è trasformato, come per un miracolo, in amore.
La canzone di Dante ci mostra proprio questo: il poeta
ripercorre in breve tutto ciò che forma il contenuto dell’incontro.
Alla fine gli viene restituito l’attimo della dolcezza.
- La
dolcezza è Luce. L’essere amato risorge nel nostro cuore
come Luce, come Figura di Luce imperitura: per quanta
durezza il mondo geloso della luce possa gettarci addosso
nel tentativo di distrarci, di farci perdere ciò che è
piú forte di lui. L’antico serpente rinnova la sua
tentazione, ma quando i due si incontrano nella rispettiva
luce ne viene incantato e non può piú nulla.
- Allora
fioriscono le rose, il giardino si ammanta di fiori e le
stelle cantano. Allora ciò che è unito sulla Terra si
unisce in Cielo, poiché l’uomo che ama veramente viene
accolto dai Cieli. Le Vere Nozze non sono una cerimonia ma
uno stato, un essere inesprimibile che perennemente si
rinnova: per volere di coloro che amano. Tentare una simile
prova è la ragione della vita di coloro che sentono sorgere
in sé l’amore. Occorre farlo giorno dopo giorno, con
calma lucidità, con la stessa oggettività che abbiamo
osservato in quei gesti, in quelle parole, in quel
portamento e nel cogliere attraverso questi la limpidezza di
un’anima, la sua onestà e la sua modestia. Che è quanto
ha fatto sorgere in noi l’amore.
- Il
sesso non è che un gesto. Prima viene la donazione, poi il
sesso, che sarebbe soltanto una funzione animale se mancasse
del moto iniziale di donazione di sé. Ma la donazione di
sé non è il sesso: è la Luce ritrovata. Il sesso non è
il Male: è naturale. Diventa male quando dimentica l’attimo
del donarsi, quando il piacere ci travolge facendoci perdere
l’essere amato: anche il piacere va donato. Il piacere è
sempre un trattenere, un conservare egoisticamente la
sensazione corporea di sé, questa deve necessariamente
esserci, ma il segreto è non restarne vittime, non esserne
incantati al punto da cercarlo per sentirci e dunque
dimenticare l’altro. Quando il destino impedisce qualsiasi
forma di incontro che sia piú coinvolgente di un semplice
abbraccio, questo deve bastare perché c’è già tutto.
Nell’abbraccio che proviene dall’anima, e non dal corpo,
c’è completa la donazione di sé sino all’apparire
fisico e ci si sente tutt’uno con l’altro, lucidamente e
senza lo stordimento di un piacere nel quale l’altro viene
dimenticato.
- La
Fedeltà è il riconnettersi al momento sorgivo dell’amore
secondo un ri-cordo (cuore) che non sia memoria ordinaria ma
un ritrovare la via del cuore, la sorgente viva, cosí che
ogni volta è innamorarsi di nuovo, rinnovare l’incontro.
Che questa fedeltà divenga anche fedeltà all’impegno
preso non è dato da una costrizione che ci si sia imposti
ma da un muoversi secondo libertà: la decisione immancabile
presa ad ogni istante, perché è il senso di tutto il
nostro amare.
- Allorché
avvenga che il destino ci separi dall’essere amato, il
ritrovare in noi l’attimo dell’incontro significa
superare ogni avversità, ogni distanza. Quando veramente si
sia giunti ad amare non c’è separazione. Questa diventa
soltanto forma apparente perché si estende nel tempo,
trascorso il quale, sino ai suoi limiti, si è uniti di
nuovo.