- Ciò che nella
tradizione ermetica si chiama la “separazione dei misti”,
nella tradizione indú del Sâmkhya viene designato come
distacco del purusha dalla prakrti ossia
distacco di ciò che nella personalità è natura,
necessità, divenire, per l’identificazione, o liberazione
del principio virile fatto di pura coscienza che, immobile,
ma attivo nella sua immobilità, è il centro di ogni
movimento. La separazione del principio purushico è un
trarre fuori dal tramortimento di una semicoscienza – che
corrisponde allo stato di veglia dell’uomo cosiddetto
normale – il vero principio dell’autocoscienza, e ad
essa corrisponde una tecnica tradizionale che si ritrova
nello yoga d’intonazione sâmkhya del Patanjali, come pure
nella Bhagavad-gîtâ.
- Questo metodo
può essere applicato in una forma veramente creativa se si
afferra in profondità il suo autentico senso occulto.
Apparentemente il distacco sembra un’operazione semplice:
l’uomo, infatti, ha l’illusione di sperimentarsi come
coscienza di essere in quanto si sente vivere immerso nei
suoi pensieri, nei suoi sentimenti e nelle sue sensazioni,
ma in sostanza la sua coscienza è sprofondata in essi, anzi
si può dire che è tessuta di essi; non lui, dunque, ma
qualcuno “al difuori” o “al disopra” di lui ha
veramente coscienza di quel che avviene in lui: questo
qualcuno appare come il suo stesso Io, allorché si
riconosce al disopra della immedesimazione.
- Una volta
compreso ciò, si è sulla via per discernere la
possibilità di un distacco reale e positivo da un distacco
puramente intellettuale. Infatti, inizialmente, tale
distacco viene realizzato soltanto sul piano mentale – e
mentale è altresí la sensazione di essersi separati dal
mondo emotivo e da quello volitivo-impulsivo, perché noi
veramente, se possiamo dire di sperimentare chiaramente i
nostri pensieri allo stato di veglia, non possiamo dire la
stessa cosa circa il mondo dei nostri sentimenti e della
nostra volontà e istintività, del quale noi conosciamo
solo i riflessi nella coscienza piú esteriore e, appunto,
cogitativa. Cosí è possibile, a quei pochi che iniziano
una tale esperienza, scambiare per l’autentico distacco
ciò che è raggiungibile in modo relativamente facile,
cioè la separazione del principio purushico da quella che
si può chiamare la prakrti mentale, cioè dall’insieme
delle modificazioni, dei movimenti, dei flussi che
compongono l’ordinaria vita psichica individuale. La
tecnica del «silenzio» e il ricongiungimento con la forza
originaria che agisce dietro il pensiero possono già
condurre a tanto. A questo punto si raggiunge una libertà
che ha un valore effettivo, ma che può dare alla coscienza
non completamente integrata l’illusione di un distacco
anche dai piani che degradano verso la natura piú profonda
ed organica, e di un realizzato dominio su di essi, mentre,
in realtà, si è solo raggiunta una facoltà di controllo
su di essi semplicemente attraverso il sistema nervoso
centrale, anzi attraverso qualche centro nervoso piú
particolarmente legato alla vita mentale. Si tratta dunque
di un controllo indiretto, riflesso e periferico, che ha
solo un valore preliminare.
- A tale
riguardo, possiamo dire qualcosa che noi stessi abbiamo
sperimentato e che dal punto di vista del metodo ci sembra
di fondamentale importanza. È dunque raggiungibile un
punto, in cui si è liberi dal dominio della prakrti,
senza però che l’Io si sia ancora realizzato nella vera,
assoluta natura purushica. Questo è un punto che noi
possiamo chiamare “neutro”, perché si è in un certo
modo “liberati”, ma non ancora capaci di “liberare”,
ed è un punto realmente pericoloso, non soltanto perché il
discepolo può cadere nel compiacimento e nell’abuso di
una certa libertà conquistata, ma soprattutto perché,
proprio in tale stato, si verifica nella vita fisio-psichica
di lui un arresto della direzione naturale di ogni suo
processo vitale, ossia si verifica una interruzione nel
ritmo di quella vita fisica intesa nel senso normale che,
non disturbata da un’esperienza trascendente, passa
generalmente da un rigoglio di giovinezza ad una vigoria
nella maturità e ad un lento decadimento dopo l’età
matura.
- Avvenendo tale
arresto, l’individuo ha la sensazione di un vacillare
pauroso delle proprie forze fisiche e sente impellente la
necessità di attingere energie vitali per sorreggere ed
animare la propria esistenza corporea. Egli si riconosce, da
quel momento, come un “lottatore contro la morte”. E qui
si presenta il pericolo di una insufficiente conoscenza,
perché due vie gli si offrono per alimentare con ancora
energia vitale le radici della sua vita fisica: una via dal
basso e una via dall’alto. Ma quella dal basso è piú
facile e molti metodi magici, a questo punto, sono pronti ad
aiutare il “lottatore contro la morte”, il quale,
continuando a mantenere la sua posizione di distacco, potrà
salvare la propria vitalità fisica venendo ad un “patto”
con delle forze “infere”, dalle quali potrà
effettivamente assorbire calore ed energia tanto da superare
l’interruzione. E questo può essere il principio di gravi
deviazioni.
- Ma c’è l’altra
via, quella solare, la via per cui “Il lottatore
contro la morte” porta a compimento il distacco
ricongiungendosi con quella forza, che è la vera essenza
originaria del suo Spirito, che è il purusha
correlativo non ad una prakrti particolare e mentale,
ma all’intera prakrti, il che vale a dire, piú o
meno, a tutto l’ordine manifestato. Allora il punto neutro
egli può superarlo, perché dall’alto gli viene una forza
capace di compensare lo squilibrio, di sostenere ed animare
la sua vita, producendo una trasformazione profonda di tutto
l’essere. Chi ha provato il pericolo dello sprofondamento
nelle tenebre da cui in effetti possono giungere calore e
luce tenebrosi, ed ha avuto la forza di resistere al fascino
di questo calore e di questa luce che lo spingerebbero ad un
fruimento dionisiaco, il quale gli diverrebbe poi una
necessità continua per la vita e il gusto della vita, può
veramente comprendere quale sia la direzione solare, la
direzione purushica, e cercar di attingere su di essa l’autentico
calore e l’autentica luce.
- Può
aggiungersi un’altra considerazione: se il provvisorio
«io» mentale dell’uomo distaccatosi soltanto dalla
dinamica mentale intendesse affrontare con i suoi soli mezzi
il mondo delle emozioni, dell’angoscia, della paura, del
desiderio, degli attaccamenti organico-istintivi alla vita
fisica, avrebbe grande probabilità di esser sopraffatto o
giocato. Soltanto riconnettendosi ad una forza superiore, la
quale non combatte piú sullo stesso piano dell’avversario,
il discepolo può divenire il guerriero capace di ridurre
all’obbedienza il nemico. Qui l’isolamento del purusha
mentale costituisce solo l’inizio. Da un certo punto di
vista, è solo una preparazione. È necessario, in piú, un
“contatto”.
- Non altro è
il senso piú profondo dell’insegnamento cattolico,
secondo il quale solo mediante la “grazia” è possibile
combattere positivamente contro il “peccato” e contro le
“tentazioni”. Nelle tradizioni indú – in alcune
tradizioni indú, per lo meno, che figurano anche nella Bhagavad-gîtâ
– si parla, parimenti, della opportunità di integrare la
via semplicemente conoscitiva con una bhakti, nella bhakti
– termine che i piú traducono con “devozione”, ma che
significa piuttosto un orientamento dell’animo
fervidamente trascendente, verso l’alto, il punto di vista
teistico avendo notoriamente in India un significato assai
subordinato – intendendosi la forza capace di portare il
discepolo oltre quel “punto neutro”, nel quale è quasi
inevitabile la deviazione e il pericolo di un rivolgimento
titanico-dionisiaco. Là dove invece esistano forme regolari
di iniziazione, già la trasmissione rituale e gerarchica
delle “influenze spirituali” va ad integrare i risultati
dell’opera puramente personale di “separazione”, tali
influenze andando appunto a vivificare e a trasfigurare il
nucleo purushico già isolato, tanto da propiziargli il
ritorno al suo stato primordiale, la realizzazione della
vera forza e della vera vita. E questo stesso è il punto in
cui ogni dualismo cessa e in cui si può sviluppare in
profondità l’opera della vera trasmutazione secondo l’Arte
Regia e solare.