AcCORdo

Svincolando l’intimo animo da ogni considerazione terrestre, da gioia dolore brama paura, si opera sulla determinazione degli eventi. Si rende necessario uno svincolamento assoluto del volere originario, l’azione pura. Essere nel puro cominciare ad essere, ma qui sprofondarsi, negando l’essere che vorrebbe alienarsi: qui afferrare l’identità pura.
È l’Io che combatte, aspira, canta, s’immerge nel nulla e si dona a tutto, e ciononostante rimane in sé immobile in calma trascendente: questo è il contenuto cosí lontano dal normale comprendere umano: che la storia sia anzitutto la storia dell’Io, ossia dell’essere che è sempre al centro e tuttavia mai è conosciuto come essere centrale, onde di continuo la vita è oppressa dal dolore della contraddizione del non essere l’Io che si è sostanzialmente. Conquistato il livello dell’identità, comincia la vittoria che nel tempo sarà la realizzazione del Graal, ossia il superumano realizzato.
Tutto riposa nel profondo nulla, oltre il quale è l’essere vero: tutto perciò sempre si acquieta e dà il senso della introduzione al mistero dell’esistere: si è presso questo mistero. Importante è posare nel profondo, cosí che il reale volere si articoli, riprenda il suo percorso e afferri il suo veicolo. Serenità, volontà che risorge: ma questa è l’introduzione al nuovo centro, all’apice di tutto l’essere: è la trasmutazione di tutto l’umano, la redenzione di tutti gli impulsi, la illuminazione dell’essenza di tutte le tensioni. Le tensioni cadono e la loro forza pura lascia libera una virtú novella.
È come guardare l’Io, lo specchio dell’immenso, da un luogo solitario e senza dimensione, da un punto di solitudine assoluta. Si assiste allora all’evento piú alto della donazione divina all’umano: ma questa contemplazione illumina nel senso di tutta la vita dell’anima: è un dono del Divino, un accogliere continuo di potenze e di luci delle Gerarchie: la constatazione cui segue immediato un sentimento di venerante gratitudine.
È il massimo ekagrata che conduce all’assoluto samarpana, equivalente alla “atarassia cristica”. V’è tutta una natura che si ribella, che tende a sottrarsi al procedimento che realizza la massima radicalità dell’Io nell’essere. Ed è come un miracolo di volontà che si riesce a compiere: non sempre si riesce, perché grandi sono le difficoltà, ma anche il semplice tentativo è già una eccezionale esperienza. È un continuo camminare verso il Graal: lungo cammino, ma vero: in ogni punto di questo cammino è già la mèta.
Ekagrata deve condurre a samarpana. Il segreto è l’assoluta impersonalità, incorporeità ed estra-respiratorietà di questo ekagrata: l’avere la pazienza di non ricorrere al prana, di non mettere in moto nessuna forza: il filo sottile vince una montagna di tenebra, ma in questo filo sottile occorre insistere fermamente, immettendovi tutta la forza che non è forza, ma “puro e beato Infinito”, metafisica folgorazione, essenza movente tutto. Il movimento estracorporeo muove tutto del corporeo, e tuttavia occorre che ne sia sempre fuori, non sia coinvolto. È molto arduo, quasi impossibile. E tuttavia v’è una forza che intervenendo rende realizzabile l’operazione, ed è il sentimento piú puro del Sacro Amore: si diviene trasformatori del male umano, secondo fraternità e abnegazione.

Massimo Scaligero

Da una lettera del settembre 1971 a un discepolo.