- Una
immagine della saggezza estremo-orientale paragona il ciclo
samsarico della vita e della morte al cerchio esterno di una
ruota che gira incessantemente. L’attenzione viene poi
portata al mozzo della ruota, al punto che si trova al
centro del mozzo. Punto che non gira, attorno al quale raggi
e cerchio sono mossi.
- È una
immagine sapienziale assai semplice, ma chi spesso la
ripensi o la mediti trarrà forse da essa diverse
impressioni animiche, anche importanti, essendo
caratteristica peculiare delle frasi o immagini comunicate
dalle vere sorgenti spirituali la capacità di stimolare
diversi livelli di intuizione conoscitiva.
- Poiché
l’attuale configurazione dell’entità umana riconosce se
stessa anzitutto nel possedere una autoconsapevolezza
sostenuta dal pensiero, sarà la realizzazione di un Io
pensante, non soggetto alle categorie del mutamento, il
centro del mozzo che andrebbe cercato. L’esercizio della
Concentrazione è il modo piú semplice e diretto per
afferrare il punto “stante e non cadente”, il principio
permanente oltre l’illusione dell’apparire.
- Ricollegandoci
con il filo dei temi trattati nel precedente articolo,
osserveremo che tra molti si è come depositato il giudizio
che la Concentrazione coincida in pratica con l’esercizio
del controllo del pensiero.
- Tralasciando
come artefatte l’indignazione e le puntualizzazioni che,
dalla conoscenza di questa commistione, vengono manifestate
in scritti quali Note introduttive all’esercizio
interiore (Ed. Antroposofica, pp. 10-11), per chi
conosce solo ad un certo grado gli scritti di Steiner e
Scaligero, una certa confusione c’è e persiste perché
non si riesce a trovare nell’opera di Rudolf Steiner il
canone della Concentrazione descritto da Massimo Scaligero,
mentre, da un punto di vista pratico, la ricostruzione in
pensieri di un oggetto sensibile appare simile a quanto
viene insegnato dal Dottore come esercizio di controllo del
pensiero.
- Per le
opinioni, settarie e conformiste, coltivate in certi
ambienti, tale somiglianza è la prova di una inammissibile
mistione e contraffazione.
- Perciò
crediamo sia bene chiarire che la Concentrazione e il
controllo del pensiero sono due esercizi diversi.
- Il controllo
del pensiero, come fu dato da Rudolf Steiner ne La
Scienza Occulta, o ai discepoli della Scuola Esoterica
con il II e III tempo, è organicamente connesso ad altri
esercizi (atto puro, equanimità ecc.) e concorre a formare
e destare nella costituzione umana delle particolare
correnti di vita eterica, come del resto è già stato
scritto su questa rivista, da diversi punti di vista, in
maniera vasta ed esauriente.
- La
concentrazione, come viene ripercorsa in ogni segmento del
suo canone e illuminata nel suo significato generale in
tutte le molte opere di Massimo Scaligero, trova l’originaria,
cristallina sorgente (per chi intuisca il senso di una “trasmissione”
sovrasensibile) nel contenuto degli scritti gnoseologici di
Rudolf Steiner (in particolare vedasi il III capitolo de La
Filosofia della Libertà) dove l’indagine filosofica
priva di preconcetti trova nel pensiero l’elemento finora
trascurato dell’osservazione compiuta del fenomeno. Da cui
deriva la necessità di conoscere il pensare stesso.
- Dovrebbe
essere chiaro come il sole (ma non lo è quasi mai) che non
si tratta di osservare il flusso dei pensieri che
naturalmente attraversa la coscienza, ma di risalire a
contemplare il pensiero quando non sia ancora divenuto casa,
albero, telefono o qualsiasi altra cosa. Come abbiamo
scritto nel precedente articolo, si tratta perciò di
osservare il pensiero che abbia solo se medesimo come
contenuto. Con ciò si indica un’impresa che non può
essere attuata dall’indagine filosofica, ma che esige
piuttosto una difficile disciplina interiore: un lavoro
ascetico.
- La
Concentrazione è l’arte pratica che può condurre a tale,
eccezionale, esperienza.
- Perciò, nella
concretezza di un lavoro interiore, la Concentrazione
principia da una sensata somiglianza con il controllo del
pensiero (pensiero che, per fare la concentrazione, non può
non essere controllato!) ma si caratterizza subito come
ricostruzione in pensieri del concetto di un oggetto
sensibile.
- Quando la
ricostruzione termina, la Concentrazione continua,
anche avvalendosi di una immagine nella misura in cui questa
esprima il concetto. L’insistenza volitiva dell’attenzione
sul concetto coscientemente rianimato è l’esercizio
della Concentrazione, che sarebbe stato impossibile senza un
robusto sforzo di dominio sul flusso pensante.
- Chi, per sua
benigna sorte, non è attratto dalle “accademie dello
Spirito”, potrà anche ritenere le precedenti distinzioni
alla stregua di una gran perdita di tempo, eppure il non
confondere i due esercizi ci permette una maggiore
attenzione per non arrestare la Concentrazione al suo
inizio.
- Con un lucido
esame del proprio lavoro, non pochi ricercatori si
accorgeranno di avere quasi sempre concluso l’esercizio al
termine della ricostruzione in pensieri dell’oggetto,
proprio dove inizia la vera Operazione, con un di piú
di volontà e coraggio, per dedicare tutta la coscienza ad
un unico, dominato, pensiero.
- Coloro
che prima di accostarsi alla disciplina indicata dalla
Scienza dello Spirito hanno seguíto un tirocinio yoghico,
hanno anche potuto sperimentare su di sé, con notevoli
tribolazioni, la differenza sostanziale che intercorre tra
la Concentrazione tradizionale e la Concentrazione attiva,
idonea alla coscienza contemporanea. A pagina 144 del suo
libro Dallo Yoga alla Rosacroce, Massimo Scaligero
scrive in merito: «La differenza c’è ed è determinante:
chi la ravvisa è salvo».
- Nella
concentrazione tradizionale l’asceta, seguendo le
indicazioni della disciplina adottata, spegne con adeguate
tecniche l’attività della mente (positure, ripetizioni
mantriche, respiro modificato, fissazione dello sguardo
ecc.), porta allo zero ogni moto individuale al fine di
giungere presso una immobilità inegoica che permetta l’azione
dello Spirito universale.
- Alla luce
della coscienza contemporanea dovrebbe però risultare
palese che negli insegnamenti antichi vige l’annientamento
dell’ego, considerato, non a torto, l’alteratore della
realtà e l’artefice dell’illusione. L’ego era temuto,
e qualcosa è rimasto anche ai nostri giorni, quando ad
esempio si usano a getto continuo la parole del Maestro,
evitando cosí ogni responsabilità personale. L’uomo
moderno è mutato dai tempi antichi e, parafrasando un noto
proverbio, quando fa lo spiritualista rischia di gettar via
l’Io insieme all’ego.
- La presenza
del Logos nell’Io e il manifestarsi dell’Io nell’ego,
secondo una fenomenologia spirituale immanente all’attuale
coscienza, non trova riscontro nell’insegnamento
tradizionale, ma sembra poco avvertita nelle anime degli
attuali cultori dello Spirito.
- Esemplificando
ciò che sembra un paradosso, possiamo dire che l’attuale
soggetto umano possiede due volti diversi su una sola testa:
l’Io subordinato agli istinti e passioni è l’ego, l’ego
che si costringe ed esegue il canone della disciplina è l’Io.
L’asceta non deve temere l’ego, perché in quanto Io è
il soggetto del dominare il pensiero, del determinare la
pura azione; è parimenti colui che cerca il Vero, la via
della Libertà, le discipline piú appropriate.
- Si inizi da
ciò che si è e non dalla rappresentazione di un Io, nobile
ed elevato, sempre fuori, sempre oltre se stessi. E ancora:
se l’ego riesce a strappare dai sotterranei di Arimane il
potere del pensiero esatto e rigoroso senza divenirne un
succube compiaciuto, è l’Io che opera; se l’ego è
capace di innalzare l’anima alla bellezza e alla gioia
senza estasiarsi nell’ebbrezza dei cieli luciferini, è
azione dell’Io.
- L’ego è l’Io
riflesso finché vige il pensiero riflesso: la
Concentrazione, ove superi il pensare riflesso, diviene
opera dell’Io puro.
- I
primi passi nella Concentrazione eseguita secondo il canone
del tempo sono “atletici” piuttosto che
mistico-ieratici. Chi è stato sportivo conosce la
differenza tra lo sforzo e il riposo: chi inizia la
Concentrazione e trova il riposo, sta sbagliando. La
Concentrazione (e il soggetto) deve innanzitutto liberarsi
dall’inerzia psico-fisica (di solito ciò diventa una
prolungata e sofferta schermaglia), impresa sempre troppo
poco evidenziata giacché per molti è già un muro quasi
invalicabile. Qui vale sempre lo stesso consiglio: sedersi e
fare, non permettendo al corpo e alla psiche nemmeno
un attimo di indulgente libertà. Da questo assetto di base
si prosegue volendo pensare, a tutti i costi. È
essenziale mantenere durante tutto l’esercizio i pensieri
voluti e la volontà di pensarli.
- Dopo la
ricostruzione, in cui si raccoglie sempre piú vivo tutto il
pensiero, è sufficiente pensare un unico pensiero,
equivalente di fatto a tutti i pensieri pensabili, purché
venga, attimo dopo attimo, nuovamente pensato. Non ci si
adagi su di un pensiero, ma si rinnovi costantemente l’atto
sorgivo del suo apparire nella coscienza.
- Ripetiamo: non
ci si abbandoni all’immagine, non si abbandoni l’immagine,
ma si continui con calmo impeto a rievocarla, senza perdere
per strada il concetto enucleato.
- Il fuoco dell’attenzione
cosciente verso il concetto non deve subire interruzioni,
purché venga sorretto in profondità da una “volontà di
andare avanti” a cui la possibilità della resa, dell’arretramento
su precedenti posizioni, sia assolutamente ignota.
- Sino alla
consumazione del concetto, in quanto concetto di qualcosa,
ossia di tutte le cose.
- Allora si
instaura uno stato superiore di Silenzio in cui l’astrale
inferiore con l’ego è deposto, o restituito alla Quiete.
- Il flusso del
pensiero, liberato dai pensieri, con una concretezza che il
materialismo non ha mai trovato, si riempie di Volontà,
come una diga aperta riempie di liquida e impetuosa possanza
la valle sottostante. Può essere chiamato pensiero, ma non
è piú pensiero: nella sua forza ci si sveglia dal sonno
della coscienza sensibile, trapassando in un veicolo di
vita-potenza presso quel mondo che fu chiamato nei Tantra il
regno della Shakti universale.
- Ma per ora
accontentiamoci di rintracciare i sottili passaggi nella
massiccia muraglia del carcere platonico.
- Poiché non
crediamo salutare e produttivo per l’anima il cullarsi
nelle illusioni, non va dimenticato che a causa di un
complesso retroscena sovrasensibile (ben conosciuto dalla
Scienza dello Spirito) l’opera di reintegrazione
interiore, negli ultimi decenni, si è resa progressivamente
piú difficile poiché oggettivamente impedita da un
moltiplicarsi di attacchi all’entità umana, in
particolare contro l’albeggiante “anima cosciente”. A
causa di ciò per tanti sarà un compito eroico non già il
superare le “prove iniziatiche” ma il solo passaggio
dalla conoscenza elementare delle indicazioni fondamentali
di Scienza dello Spirito ad un inizio corretto e conforme di
disciplina attiva.
- Durante
il nostro cammino di viandanti della Conoscenza può
accadere (e accade!) che l’Essere dell’Io, il Principio,
conceda un suo gesto all’anima: allora crollano le
barriere, per un attimo si partecipa ad ogni vittoria. Il
continuo inestricabile nodo del dolore umano con l’illusione
dei fatti si scioglie e disviene. Ogni cosa acquista una
raggiante trasparenza, anche e soprattutto l’anima e il
corpo. Poi lentamente ritorniamo alla tenebra del mondo.
Però qualcosa è cambiato. D’ora in avanti il nostro
cuore saprà, senza incertezze, che per Qualcuno, assoluto e
desto alla radice di noi stessi, nulla è impossibile.