BotAnima

Di ognuno è possibile cogliere la peculiare forma di imaginare, e indicare possibilità, virtú interiori.
Oggetto esterno, oggetto interno. Come è possibile imaginare nel “fuori”, cosí è possibile imaginare nel “dentro; nel/dell’esteriore – esterno; nel/dell’interiore – interno; nel/del mondo, nel/dell’uomo.
Questo “imaginare” dà quindi la possibilità di mettersi a vedere l’ambito delle proprie qualità, virtú viventi.
Un aiuto in tal senso può venire dato da chi è capace di avere un intimo rapporto con quelle pure, intonse qualità, quelle imagini viventi che sono gli animali, dove è possibile contemplare lo stato originario di una qualità. Basta solo osservare, quando uno dei nostri animali domestici è “arrabbiato” o “amichevole”, come esso sia, adesso mentre ti morde, il tuo peggiore nemico, e subito dopo il tuo migliore amico, e in nessuno dei due casi una seppure minima parte di uno stato cominci anche solo a fondersi con l’altro: o tutto questo o tutto quello.
Animali. Anime. Dalla peculiare capacità del singolo scaturisce poi quello che può comporsi con l’analoga capacità altrui in un progetto comune.
Ogni verace domanda interiore scaturente da peculiari qualità esclusive potrà essere l’occasione per trovare le persone vivamente interessate a sperimentare, a compiere un esperimento di fenomeni, a creare un laboratorio, un seminario di lavoro, una ricerca permanente, cangiante, metamorfica su di un Vero Tema Comune.
Cosí se tutto quello che è stato detto, fatto, in un qualsiasi giorno con delle persone, è vivo, non potrà che portare frutto. E parlando ancora delle diverse attitudini dell’immaginare, è osservabile ad esempio che la capacità intuitiva, la sensibilità peculiare alla persona di cogliere gli enti, è caratteristica sia dell’artista che del medico, dello scienziato (meglio sarebbe dire dell’attitudine personale artistica o scientifica o anche religiosa) dove l’ambiente e la personalità e il mestiere dell’artista lo portano, oggi, ad essere piú uno “spostato” o un “presupponente”. Invece nel caso del medico, la sua professione – in cui deve curare uomini e non “esprimersi” e basta, in cui vi è una piú spiccata necessità di responsabilità – lo porta invece a diventare per forza piú morale di un artista: partendo da una simile capacità intuitiva. Il che ovviamente non può essere generalizzabile in assoluto: quanti medici-squalo ci sono, e quanti artisti-eremiti…
Andando ulteriormente a inerpicarsi negli abissi/altezze delle umane qualità, si può facilmente essere gli artefici di una sostituzione tra quello che è il semplice strumento ad uso di una qualità e la qualità stessa.
Cosí si può apprezzare una persona capace di raccontare fiabe, o una persona che esercita l’arte medica e che parla della sua ricerca ed esperienza. Allora si potrà constatare che non è solo la fiaba il contenuto, il valore che porta l’una, e non è solo l’osservazione di malanni o guarigioni o tecniche o medicamenti che porta l’altra: è la Persona con quel Nome e Cognome che racconta, è la Persona con quell’altro Nome e Cognome che spiega, dispiega, cura: è l’uomo, la sua esperienza viva pel tramite di questo o quello strumento, che in un caso è il racconto e nell’altro è la diagnosi.
Parlando poi di medici, è possibile cogliere come non sia delle medicine, delle tecniche diagnostiche, della strumentazione, la possibilità di curare, bensí della capacità di donazione e sacrificio personale del medico.
Cosí potremo anche scrivere di amici-maestri che consigliano e indicano: ma quegli esercizi sono coltivati su quelle anime: il semplice esercitarli non significa che porterà agli stessi risultati, perché non sono coltivati su quelle anime, su quegli uomini: non può essere che se quegli esercizi a me hanno portato a certe esperienze gli stessi esercizi “automaticamente” porteranno anche altri alle stesse esperienze: c’è sempre l’uomo di differenza. Come anche in matematica la differenza è il risultato di una sottrazione.
La capacità di imagine che si va cercando di indicare, si può cogliere, nella propria vita trascorsa, manifestarsi non coscientemente cosí come oggi è possibile, ma “mortificata” dalla NON considerazione, propria, riflesso della altrui NON considerazione, da persone ritenute di valore. Scrivere aiuta a fissare le immagini della memoria volatile, altro si troverà e altro si scoprirà collegando il già còlto intuendo nuove imagini.
Nell’esprimersi umano, dunque, il modo, la maniera, piú che il significato, rivela l’ambito in cui con l’im(m)aginare è possibile cogliere l’anima di una persona. Ad esempio, in un discorso sarà il “colore”, “il timbro” della voce di una persona piú di ciò che dice a rivelarci la sua anima, se il suo tono è trafelato o quieto, oppure la sua scaltrezza o bonarietà nell’esporre, la sua saggezza portata dalla sofferenza o il suo entusiasmo ingenuo, o come articola i pensieri: tutto questo, piú di ciò che esprime, il significato di quello che dice, ci rivela la sua vera natura. Il significato è piú vicino all’intelletto, al mentale, all’anima razionale, mentre il modo o la composizione “è” il vitale.
Abbiamo solo accennato a come gli eventi del proprio destino e di quello altrui si diano in immagini. Questo è senz’altro un campo sconfinato e fondamentale di indagine, che può rivelare all’anima vigile strumenti di soluzione impensabili dei propri nodi interiori. Può succedere allora di incontrare un canarino arancio, nel terzo pensiero.
Può succedere che vi troviate la mattina su di un incrocio, mezzi assonnati, e che all’improvviso questo canarino arancio, spaventato, si scaraventi sul parabrezza della vostra automobile. Voi in quel momento vi trovate a osservare i pensieri che si succedono in voi: “Questo povero uccellino vissuto in gabbia fino a poco fa morirà senz’altro cosí, libero, scappato da quella prigione che lo nutriva e lo accudiva”. Cercate allora di prenderlo, di raggiungere l’esterno dal finestrino, ma vi accade di vederlo andare via e di vedere voi continuare sulla vostra strada, andare verso il vostro consueto lavoro giornaliero. Poi al pomeriggio dello stesso giorno vi vedete attendere allo stesso incrocio che il semaforo da rosso diventi verde, e al verde passare per accorgervi, in mezzo alle quattro strade, del grosso furgone che tra meno di un secondo vi colpirà a tutta velocità dalla sinistra. Realizzare di avere la cintura, sentire il forte colpo e contraccolpo a qualche centimetro dietro la vostra portiera, fare un giro di centottanta gradi, ritrovarsi addosso ad un palo con il posteriore dell’auto e realizzare che si è ancora vivi è un tutt’uno in un solo nano-secondo. Poi scendete e vi vedete venire incontro una persona che conoscete, che era lí per caso e vi chiede come state e sentite in quella persona l’amico che non riuscivate a sentire prima; vi viene poi incontro una seconda persona sconosciuta, che vi dice che vi aveva visto partire con il verde, e che aspetterà lí con voi per dirlo alla polizia, e chi vi ha colpito viene a scusarsi con voi. Vi vengono alla mente tre pensieri. Il primo è che non è possibile che nessuno recrimini l’altro, perché voi avreste potuto essere nel ruolo dell’altro e l’altro essere nel vostro, il secondo vi dice che non vi sareste mai approfittato della situazione, e il terzo: il canarino arancio!
Può succedere di incontrare un canarino arancio prima o poi, o qualche suo caro amico. Poi può anche andare avanti il fiumicello e prendere rivoli impensati; può capitare quindi di vedervi piangere senza ragione e di sentirvi soli, capaci di scrivere ad un caro amico a cui raccontate l’accaduto, e leggere la sua risposta mentre si dipana davanti a voi l’immagine della gabbia, del ramo e di ritrovarvi con la chiave in mano…
Vi è un ente che sorge, nasce, fra due o piú persone, quale immagine vivente della loro relazione, di amore, o di amicizia, o di “semplice conoscenza”, che patisce le tensioni, è facilmente feribile o esaltabile, che nel distacco lacera, fa sanguinare interiormente, proprio come se fosse ente a sé. Vi sono anche delle persone care che se ne vanno e quel loro soffrire e quel loro andare rivelano a voi, che restate e accudite, lenite, osservate, il regalo che vi permettono di osservare. Possiamo cogliere negli eventi del destino, in immagine, un’idea vivente che li sostanzia, e da una vivente immagine possiamo orientare gli stessi in una direzione o nell’altra.
Possiamo fare vivere idee sia verso la loro direzione infera che verso la loro direzione supera.
Su internet c’era una petizione cui aderire per fermare la “perversione” di qualcuno che faceva vivere in bottiglia dei gatti. Il tutto era molto realistico e possibile, anche se poi fu constatato trattarsi di un fotomontaggio ad uso pseudo-artistico da parte di qualcuno senza scrupoli. Non di meno, quello che fino a un momento prima ci risulta inconcepibile, diventa poi concepibile e quindi realizzabile. Per il solo fatto di essere pensato, quindi concepito, viene reso realizzabile, assume un carattere di realtà. Il destino stesso viene segnato da un pensare verace e da una buona volontà che risuona nel sentire: un’idea vive comunque, è sufficiente concepirla perché anche qualcun altro la possa realizzare.
Io posseggo un biglietto che mi è molto caro. Quando faccio un parcheggio e pago piú del tempo di effettiva sosta, mi viene spesso da pensare di poterlo lasciare a qualche altra persona che, venendo dopo di me, possa usufruirne senza pagare altro. Negli ultimi tempi questo l’ho pensato spesso senza però mai realizzarlo, fino a che un giorno stavo cercando parcheggio e mi si è avvicinata una persona. Già pensavo al fastidio di dover rispondere a domande o a chissà quale incombenza mentre mi allungava un pezzetto di carta, quando invece, ascoltandola, ho realizzato che mi stava regalando il suo parcheggio residuo. Un bellissimo biglietto solo numeri e scritte, che conservo gelosamente a prova di una schietta Umanità.

Maurizio Barut (4. continua)