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Considerati da un punto di vista super-storico, gli avvenimenti di questo periodo rivelano, nella loro complessità e nel loro piú ampio significato, la realtà di una lotta che si combatte, oltre lo stesso piano esteriore, in un piano “sottile” e imponderabile; una lotta di spiriti liberi contro miti, contro superstizioni, contro fanatismi collettivi, per cui può essere attuale il senso dell’antica intuizione ellenica circa il combattimento di spiriti di eroi contro numi, contro forze demoniche della natura, contro geni simboleggianti le forze ostili alla evoluzione dell’uomo.
Secondo la tradizione occidentale e quella orientale, allorché si verifica questa lotta decisiva, tutte le forze del mondo si dividono per polarizzarsi o intorno a un principio trascendentale, “solare”, costruttivo, o intorno al centro delle forze infere, telluriche, materialistiche. È una presa di posizione assoluta, definitiva, che dà a ciascuno la piena responsabilità della propria sorte e il modo di ingaggiare la battaglia che deve necessariamente combattere; lo scontro di questi due grandi gruppi di forze ha valore risolutivo per i destini dell’umanità.
A ciascuno il compito di cooperare coscientemente all’affermazione dei valori: è proprio questa spiritualità desta nel singolo che può garantire l’unità collettiva delle forze. Si tratta di una resurrezione di quel “senso interiore del dovere” a cui i Romani dettero il nome di “pietas” e che esprimeva il rapporto dell’individuo con il piano divino, sino a diventare pietas erga Patriam, erga familiam, erga homines.
È della massima importanza che in ciascun cittadino sia desto lo Spirito: non essere assenti, vivere gli avvenimenti, comprenderli nel loro essenziale significato, rendersi conto della necessità di opporsi a tutte le insidie di un mondo malsano, di una cultura materialistica, di una mentalità amorale: tale è il compito. Occorre riconoscere la nostra vera tradizione dello Spirito e ricongiungersi con la sua perenne vitalità.
Quei pensatori che, ormai da un trentennio, ponendosi il problema del mondo moderno ne hanno intuito la crisi e hanno voluto identificarne le cause fondamentali, sono comunemente concordi nell’annunciare il crollo di una civiltà che in realtà non è tale, la disfatta di quei sistemi politici imperniati su valori di carattere astratto e collettivistico, in cui l’individuo è totalmente cancellato: essi sono da considerare l’espressione tipica dell’immane materialismo dell’epoca attuale. La decadenza si manifesta sotto i piú vari aspetti, nei fenomeni sociali piú evidenti, nei dissidi interni, nel potenziamento eccessivo della dinamica “esteriore”, la quale finisce con il soverchiare l’uomo, escludendo dal suo àmbito ogni principio spirituale ed eterno. Tutto questo, allorché assume forma di ibrido connubio di conservatorismo protestante e di comunismo, presenta un che di tragico e pauroso, dinanzi a cui i popoli che ancora sentono la “dignità dell’uomo” non possono non reagire con tutte le loro forze in senso restauratore.
Alcuni dei pensatori che hanno ammesso questa possibilità ritengono che l’ultima fase dell’immane dramma dei popoli moderni risponda ai caratteri di quell’“età oscura”, o “età del piombo”, presagita dalle antiche tradizioni: essa, mentre segnerebbe la fine di un ciclo di civiltà, sarebbe tuttavia il preludio di una nuova era cui dovrebbe venir dato inizio da una stirpe incrollabile attraverso la caduta dell’umanità. Sotto questo riguardo, è facilmente comprensibile quale portata abbia la resistenza interiore individuale. Occorre una organizzazione di forze, di esseri migliori, di energie pure, perché il passaggio da un ciclo all’altro si compia in condizioni favorevoli per quella civiltà che tradizionalmente reca i valori sacri ed eterni dell’uomo.
È necessaria la ripresa di contatto con quelle forze pure dello Spirito che veramente governano i destini dell’umanità, anche quando l’uomo si illuda di essersi sottratto ad esse. E poiché il contatto con tali forze è solo possibile attraverso la “conoscenza” recata dalla superiore tradizione, occorre che l’uomo abbia la capacità di suscitare un’atmosfera tale che la virtú della tradizione possa in esse ritrovare un soffio potente di vita.
A questo punto, i migliori pensatori contemporanei si trovano concordi nel riconoscere che la via da seguire per riconquistare un senso di equilibrio ricostruttivo è in una virtú di reazione contro tutto ciò che è rettorica convenzionalmente cadaverica, e in una volontà intransigente di azione spirituale.
È evidente che mentre il vecchio e artificioso irreale mondo crolla, tra lo sgomento di uomini imbelli e lampeggiamenti di forze che agiscono di là dall’umano, le masse hanno la visione di un profondo vuoto nel quale stanno per essere sommerse. Solo una fondante istanza morale può portare, quale modello ai popoli, un tipo di civiltà nuova.
Gli eventi annunciano, attraverso nuove lotte, l’avvento di un’epoca restauratrice dei valori superiori dell’umanità: occorrono, per vincere, uomini nuovi, i quali siano capaci di ristabilire l’equilibrio che necessita per opporsi alla stessa forza del fato: essi devono perciò essere di una tenacia metallica, intuitivi, spirituali predeterminatori, materiati di indomabile imperturbabilità.
Uomini di simile tempra potranno insegnare al mondo che non soltanto sotto l’aspetto teorico si può tenere testa alla “crisi del mondo moderno”, ma che anzi questa locuzione, esatta nei termini, cessa di avere significato in un àmbito di resurrezione di forze che diano luogo all’azione: azione non relativa a questo o a quell’interesse particolare, ma che esprima una superiore necessità dello Spirito.

Massimo Scaligero

(Selez. da «Il Brennero», domenica 22 marzo 1942, anno XX.)