- Lo
studio dei testi posti da Rudolf Steiner a fondamento dell’Antroposofia
si giustifica perché risponde, per le anime umane, ad un
bisogno di sentire e conoscere qualcosa che dia
soddisfazione e risposta ai tumultuosi e spesso desolati
interrogativi che i limiti conoscitivi del mondo sensibile e
del suo riflesso animico intercettano come eterni “ignorabimus”.
L’occulta vastità dell’anima soffre profondamente i
solidi e ottusi confini percettivi mentre la cultura,
popolare o elitaria (salvo rari casi artistico/intuitivi),
avendo di massima abbandonato la sua antica funzione di
disciplina formativa e alquanto pronuba al potere o al
contropotere del momento, accademica e autocelebrativa, gira
ciclicamente su se medesima come le giostre nei parchi.
- L’anima
anela all’infinito. Non mancano invero luoghi aggreganti
che da un lato indirizzano allo spirituale ma dall’altro
inchiodano l’uomo ad una rete di subordinazioni che non
debbono venire mai dubitate o superate. Per lo Spirito di
libertà che nell’uomo vive, esse esercitano una infame
violenza alla sua vera entità, artatamente stravolta e
dimenticata dalla ferrea censura nel condiviso dogmatismo di
religione e scienza. In un’atmosfera animica sempre piú
torbida e venefica, la Scienza dello Spirito, sino dalle
piú elementari forme d’approccio, si palesa come un
percorso riabilitante per la coscienza ed il mondo dell’anima:
non come un inerte e vuoto santuario di un “sapere diverso”,
ma come opera simultanea di conoscenza e di risveglio. “Dall’indistinto
al distinto”, maturante una limpida e complessa conoscenza
che è anche crescita e nutrimento interiore.
- Sollevando
forse qualche disappunto tra alcuni amici, propiziatori di
una feconda ma unilaterale concezione dell’ascesi, dove
trova spazio soltanto la disciplina esoterica in un senso
assai stretto, si desidera chiarire un punto di non poca
rilevanza, cioè che lo studio dei grandi temi profondamente
inseriti come enigmi esistenziali nell’anima umana come il
sonno e la morte, il destino, le finalità universali ecc.,
va tutt’altro che evitato.
- Esso fa
parte di un primo e necessario grado di preparazione che
principia da ciò che si possiede, ossia dalla capacità di
assimilare intellettualmente le nozioni e di studiarle con
impegno logico e sistematico, non inferiore a quanto si
dedica nel conoscere e approfondire il contenuto delle altre
scienze. Senza rinunciare alla lucidità critica di cui la
coscienza è dotata.
- Per
molti onesti studiosi, l’assimilazione sensata dei citati
temi, che coincide con gran parte di quanto viene trattato
negli scritti fondamentali della letteratura antroposofica,
quando venga svolta con un pensiero desto e con rigore
razionale, può già presentarsi come un lavoro lento e
difficile e ostacolato dai mille pregiudizi personali che
spingono inquieti sotto la coscienza. Per coerenza
conoscitiva il lettore scopre inoltre che Rudolf Steiner
indica “lo studio dell’Antroposofia” come primo
gradino dell’ascesi iniziatica. Questa precisazione
dovrebbe far nascere nel ricercatore un pensiero grave,
espresso dalla possibilità che nei contenuti e nel modo
della lettura dei testi possa esserci qualcosa di affatto
comune, che a tutta prima tende a sottrarsi all’esperienza
piú elementare.
- L’uomo,
con la nascita, entra nel mondo sensibile ma rimane pur
sempre, nella sua entità complessiva, un essere spirituale
e ciò non solo, egli continua a vivere nel mondo
spirituale: continua ad essere di diritto uno Spirito tra
altri Spiriti. Ciò che in lui è cambiato è soltanto lo
stato di coscienza, che si rovescia e si contrae per
affrontare un mondo estraneo alla sua natura che è di vasta
e articolata comunione con tutti gli stati dell’Essere. Da
simile premessa possiamo giungere alla constatazione che le
comunicazioni iniziatiche, rivolte all’uomo dotato di sola
coscienza sensibile, riguardano processi e realtà
sovrasensibili a cui partecipa anche chi è privo di visione
superiore. L’indagatore dello Spirito parla di un Mondo
Spirituale, comune a tutti gli uomini, in cui egli si trova
perfettamente desto e percepente, mentre chi lo ascolta o
legge la sua opera, in corrispondenza a ciò è solo
addormentato.
- Peculiare
caratteristica dell’Iniziato (si badi bene, negata come
impossibile da tutti: pensatori, scienziati, religiosi e
senso comune) è la capacità di deporre volitivamente la
coscienza sensibile come di solito l’uomo la depone quando
s’addormenta, o piú radicalmente con l’evento della
morte. L’Iniziato è in
grado di sperimentare fatti ed esseri del Mondo Spirituale,
ma allo stesso tempo quello che sperimenta corrisponde a
forme di esistenza ed intensità assolutamente diverse da
quanto appare comprensibile quando si è immersi dentro il
confine della sfera sensibile. A tale riguardo, una sana
vita interiore induce l’apprendista a sentire con
sufficiente chiarezza che il pensiero somatizzato non ha
nulla in comune con le esperienze sovrasensibili: il
tentativo di avvicinarsi al sovrasensibile con un simile
mezzo trova soltanto la fantasticheria o il limite del buio
e del vuoto. L’indagatore spirituale, se vuole portare
alcunché dell’esperienza sovrasensibile in se stesso,
quale uomo terrestre deve compiere un doloroso percorso a
ritroso: dall’intuizione all’ispirazione e da questa all’immaginazione,
per trasfonderla poi in pensieri pensabili nella coscienza
sensibile di veglia. Un percorso opposto al cammino ascetico
del discepolo esoterico.
- Rudolf
Steiner in diverse conferenze afferma da molteplici punti di
vista che solo quando l’indagine spirituale viene
trasformata in concetti ed idee assume una reale importanza
per il mondo e per lo stesso indagatore: «Ciò che gli Dei
possedevano prima della formazione dell’uomo …perché
potesse germinare in forma di pensieri doveva essere
coltivato sul piano fisico dagli uomini. …E l’uomo che
sulla terra non vuole pensare, sottrae agli Dei quello su
cui contavano, e quindi non può raggiungere ciò che è il
vero compito e la vera destinazione sulla terra».
- Comunemente
il pensare è sottomesso alle limitazioni cerebrali e si
riduce a rispecchiare, in forme rappresentative, il mondo
sensibile esteriore e corporeo. Questa limitata attività
del pensiero ha indubbiamente svolto una propria missione,
consentendo il rafforzamento e l’autonomia della coscienza
sensibile, ma è anche divenuta un’attitudine assai pigra
e riduttiva, ormai confondendosi con le altre funzioni
corporee. È un pensiero che ha perduto la sua natura
superiore di pensiero.
- La
Scienza dello Spirito insegna che (e come) il pensiero può,
al contrario, essere voluto per se stesso. Il pensiero che
conquisti la capacità di essere completamente voluto,
riacquista la propria natura di realtà che, indipendente
dalle categorie sensibili, è anche la piú immediata
attività sovrasensibile dell’uomo in quanto dotato di
coscienza di veglia. Perciò quando il Veggente trasfonde
nel pensiero il contenuto di esperienze operanti oltre il
pensiero, è il pensiero voluto al di là del corpo che
diventa il veicolo dell’esperienza sovrasensibile.
- Qualora
l’attività pensante si ponga a guisa di mediatrice dello
spirituale, cosa entra allora nella coscienza dello studioso
che assimila le comunicazioni della Scienza dello Spirito?
La risposta è semplice: nella coscienza del lettore, quando
questi comprenda ciò che l’Iniziato comunica, entra il
contenuto di realtà spirituale antecedentemente
sperimentata dall’indagatore dello Spirito.
- In
definitiva, cosa trova lo studioso per convincersi della
realtà di tali contenuti? Trova che il suo essere interiore
conferma, come proprio moto animico, l’elemento di realtà
delle comunicazioni apprese. In linea con la visione
platonica del conoscere, il lettore sperimenta un inusuale
riconoscimento che si manifesta con alcuni caratteri affini
al ricordo. Come è già stato scritto, l’uomo incarnato
è cosciente in corrispondenza di un certo livello
sensibile, continuando però ad essere, con i suoi arti
costitutivi, immerso nello Spirito. Salvo che per la
coscienza della testa, egli è contessuto allo Spirito e
alle Entità spirituali. Nel momento in cui accoglie nel suo
pensiero attivo il contenuto sovrasensibile in forma di
pensiero, cade per lui il limite del sonno, dell’incoscienza
che gli nasconde il Mondo spirituale. Ciò che in ogni uomo
vive come realtà occulta si congiunge con la coscienza di
tale realtà. Quanto era dormiente trova la sostanza
formativa di un organo di risveglio. Per il ricercatore
volonteroso che stimoli con energia il pensiero, la lettura
dei testi diviene tanto meno un ‘sapere’ quanto un
organo di conoscenza, ossia un mezzo mediante il quale l’anima
può rendersi consapevole di una realtà. Quando il
contenuto spirituale rivive in forma di pensiero nella
coscienza, è un organo sovrasensibile che si forma,
permettendo l’accesso consapevole al mondo sperimentato
dall’Autore. Chi ha vissuto in questo modo il cammino
conoscitivo dell’Antroposofia, ha conosciuto l’assenso
alla verità comunicata poiché riconosciuta come il vero
della propria anima.
- Il
rigoroso sperimentalismo introdotto da Rudolf Steiner per il
fenomeno sovrasensibile si diversifica da quello operato
nella ricerca scientifica solo per il fatto che l’esperienza
antroposofica, in cui la coscienza pensante incontra i
contenuti comunicati in forma di pensiero, non poggia su
alcunché di sensibile ma è pura esperienza animica: l’essere
sovrasensibile del pensare afferra come sostanza percettiva
l’elemento sovrasensibile della rappresentazione
scientifico-spirituale. In tale operazione la coscienza
sensibile non collabora, ma viene temporaneamente
abbandonata e necessariamente respinta, nella misura in cui
lo svolgersi dell’atto pensante possa compiersi
indipendentemente dai sensi. Per tutta la durata di questa
eccezionale attività, il pensare recupera l’elemento
inconosciuto del suo essere e lo sperimentatore si accorge
«che il mondo del pensiero ha una vita interiore, e mentre
veramente si pensa ci si trova già nel campo di un vivente
mondo sovrasensibile». In breve, l’anima sperimenta (pur
su diversi livelli individuali) una sorta di risveglio dalla
veglia, trasferendosi in una sfera di consapevolezza
superiore (eterica) alla coscienza sensibile, affrancandosi
momentaneamente dai suoi legami e dalle sue leggi.
- Questa
esperienza può risultare possibile a chiunque purché
vengano rispettate le condizioni che la volontà conoscitiva
e lo stesso buon senso dovrebbero suggerire:
-
applicarsi allo
studio dei testi quando ciò sia reso possibile dalla
condizione di calma interiore non distratta da avvenimenti e
interruzioni esterne;
-
tendere ad una
coerente onestà conoscitiva che sbarri con severità la
strada a giudizi anticipati, pregiudizi, sentimenti personali
(poco importa se favorevoli o contrari), iniziando sempre da
una sorta di sereno zero animico;
-
impegnarsi a non
evitare o a scansare alcun paragrafo, riga o singola parola.
Come quando nella concentrazione la coscienza tramortita
prende altre strade, si ritorni a ritroso al punto in cui il
pensiero coincideva esattamente con la lettura o si interrompa
la sessione di studio;
-
infine, pagando l’inevitabile
costo di una lettura lenta o lentissima o ripetuta, afferrare
sempre nella coscienza il concetto corrispondente ad ogni
parola o immagine, non permettendo che la parola scritta
rimanga un insieme di lettere alfabetiche riconosciuto
automaticamente dalla memoria. Qualora l’Io e l’anima
tentino almeno di farsi carico, con determinazione, delle
condizioni elencate, giungendo ad un certo piano di risultati
qualitativi, possiamo completare con un secondo livello
operativo (il secondo gradino dell’iniziazione rosicruciana)
gli elementi di questa nota, dedicandoci alla formazione di
immagini spirituali.
- Come
spesso abbiamo sottolineato, nei mondi interiori tutto è
fluido, interpenetrato, ed è realmente possibile che in
particolari momenti il pensare esercitato sul confine dei
limiti corporei da una corretta ed intensa assimilazione dei
temi della Scienza dello Spirito, si condensi, si animi in
forma d’immagine, diafana o fortemente caratterizzata, in
ogni caso non assimilabile, per i caratteri della sua natura, alle comuni immagini mentali. La tecnica
particolare comunque c’è e consiste nel trasformare in
immagini congrue, complete, le rappresentazioni assimilate
con la lettura. È evidente come questa sia un’operazione
puramente meditativa. Occorre estrarre un quadro, accurato e
completo, dalla serie di concetti e rappresentazioni che
hanno costituito il tema. Ripetiamo: il quadro deve
risultare nella coscienza perfettamente chiaro e
assolutamente completo. Ciò è essenziale. Poca importanza
ha invece il tipo di immagini usate che per forza di cose
saranno da principio una miscela di frammenti di ricordi
sensibili riconnessi o reinventati in maniera non conforme
alla razionalità delle cose viste e sperimentate dalla
coscienza ordinaria. Poi, come dice il Dottore, «il resto
ci verrà dato e ciò che esse [le immagini costruite] non
devono avere, si dileguerà». Costruire e contemplare
siffatte immagini ci educa alla formazione dell’organo
immaginativo.
- Detto
questo rimane da chiarire un punto importante. Non si è
parlato del sentire, benché sia intrecciato nei modi piú
essenziali a quanto è stato finora scritto. Questo per la
ragione che esso deve risorgere quale prodotto dei concetti
e delle immagini conquistate, mentre è invalsa la cattiva
abitudine (del tutto naturale, specie tra gli spiritualisti)
di lasciarsi andare nei propri sentimenti e di investire con
essi Pensieri Universali, sovraumani, che non dovrebbero
essere nemmeno sfiorati da banali e ottusi sensi personali.
Prima di soffocare il mondo con la presunzione dei propri
sentimenti, si valuti piuttosto la capacità di rispettare
il Divino! Ricordarsi inoltre di un fatto: i sentimenti
sovrapersonali che appartengono a ‘cose’ dello Spirito,
possono persino essere irriconosciuti, poiché in genere non
hanno relazione con ciò che all’anima è noto.
- Già all’epoca
della prima edizione di Teosofia (1904), il Dott. Steiner
scriveva che «il pensiero è frainteso da chi lo scambia
con un dipanare vane o astratte sequele di pensieri»,
mentre «il pensare pieno di vita può diventare la base di
tale conoscenza». Lungo un secolo l’uomo ha avuto il
tempo per perdere forze e qualità che davano vita e
sostanza alla sua anima, persino indebolendo il terreno su
cui poggiano le due colonne del conoscere: pensiero e
percezione, e ciò al punto che dall’attuale osservazione
risulta un iniziale smarrimento della chiara e netta
percezione del sensibile.
- La
malattia nervosa e la dialettica formale dominano il Mondo,
o meglio, hanno costruito intorno all’uomo un inframondo.
Il fatto che in giro ci sia molta intelligenza (fenomeno di
origine occulta), il fatto che questa sia stata in buona
parte ghermita dalla sottonatura e distratta dall’ambito
dell’anima cosciente, modifica al peggio la situazione
generale. Infatti è per questo motivo che oggi piú di ieri
il primitivo, lo squilibrato e il degenerato possono
trafficare con stupefacente abilità tra modelli scientifici
o raffinate tecnologie.
- Le Forze
celate dalle immagini delle comunicazioni esoteriche
giacciono inerti, attendendo il risveglio da “un pensiero
pieno di vita” che le ripensi alla radice: è quindi l’uomo
ad abbisognare di una urgente rettifica. In tal senso, un’ultima,
straordinaria possibilità è stata offerta da Massimo
Scaligero. Il percorso delle sue opere muove costantemente
dalla logica adamantina del Principio, e ciò si palesa,
abbagliante, proprio al pensiero che possa pensarlo senza
alcuna partigianeria ma in piena autonomia interiore.
Scaligero, “l’epigono dei Giusti” (come è stato
chiamato da un illustre amico comune), con il suo essere e
la sua opera ha ricondotto la forza umana alla sorgente
della Luce Viva, per chi voglia “risalire la corrente e
sanare l’antica ferita”.
- Il
rischio in cui incorre chi caparbiamente rifiuti l’aiuto
diretto e immisurabile dell’Individuo Assoluto o dell’“Io
Sono”, a cui la forza del pensiero di Scaligero conduce
senza mediazioni accomodanti, è di scambiare la Sapienza
Divina per un sapere superficiale, che diviene sempre piú
capace di riconoscere solo parole e frasi per pura e
ripetuta assonanza formale: il fantasma cerebrale della
conoscenza che trova preoccupante affinità con i processi
intellettivi sino a ieri dominio legittimo dei
rappresentanti piú evoluti.
Franco Giovi
Immagine:
Jacob Böhme «Theosophische Werke» Amsterdam 1682
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