Il tempo, i bioritmi e le grandi feste dell'anno

Sacralità

Il tempo, i bioritmi e le grandi feste dell'anno

Per la coscienza comune della nostra epoca il tempo è un concetto puramente quantitativo, “spazializzato”, per dirla con il filosofo francese Henri Bergson (1859-1941), in quanto numericamente misurabile, come lo spazio: è il cosiddetto “tempo dell’orologio”, in cui ogni successione temporale coincide con uno spostamento della lancetta nello spazio del quadrante. Bergson faceva una profonda differenza fra tempo spazializzato e tempo vissuto: il primo si identificava con la realtà quantitativa e misurabile degli istanti che passano, il secondo era la realtà qualitativa della durata del tempo agli occhi della coscienza.

Basandosi su questo “tempo dell’orologio”, ciascuno di noi in fondo ritiene che un istante sia uguale all’altro, un giorno identico all’altro, un anno simile all’altro. Tutto sarebbe insomma un flusso ininterrotto di istanti omogenei. Ma in realtà noi abbiamo anche una visione soggettiva del tempo come durata qualitativa, per cui non solo un anno è dissimile dall’altro, ma perfino un’ora è diversa dall’altra. Perché «tutto scorre», come diceva il filosofo greco Eraclito, anche la nostra coscienza dei fatti. A inaugurare la visione spaziale del tempo era stato Aristotele, che nella Fisica (219b) aveva definito il tempo come una «realtà numerata e numerabile». Ma chi teneva il conto secondo il pensatore greco? L’anima: è lei che numera, misura e ripartisce. E chi fungeva da metro per questa misurazione? Il cielo, come scrive Platone nel Timeo (37d-38a). È la volta celeste che con i suoi astri scandisce e misura il divenire del tempo: i giorni e le notti non esistevano prima che sorgesse il cielo, insegnano tanto il pensatore greco quanto i primi versetti della Bibbia. La saggezza arcaica, assai ricca di fantasia creatrice, seppe tradurre in un simbolo vivente la durata del tempo: questo simbolo fu la ruota. Ogni autentico simbolo nasconde in sé un concetto spirituale. I Greci, in particolare i seguaci di Pitagora, espressero in simboli geometrici le realtà e le leggi spirituali: il triangolo esprimeva la triade, o la Trinità, il quadrato la Terra, il pentagono l’Uomo, il cerchio raffigurava il Tutto, mentre la ruota raffigurava il divenire, lo scorrere del Tutto, la creazione continua, i cicli, le ripetizioni. Ecco perché Platone definiva il tempo come «l’immagine mobile dell’eternità» (Timeo 38b). Nei misteri orfici praticati nell’antica Grecia la ruota alludeva al ciclo delle rinascite (kýklos tês ghenéseôs), tanto che un frammento orfico recita: «Dalla ruota del fato e della nascita è impossibile distaccarsi secondo Orfeo, a meno che non si abbia il favore degli dèi, ai quali Zeus ordinò di liberare le anime degli uomini dal cerchio e di confortarle dal male».

KālachakraLa parola kýklos ricompare nel termine sanscrito chakra: per gli Indiani il kālachakra era la ruota infinita delle rinascite, oppure un intero giro della ruota del karma, che per i buddhisti ha sei raggi perché sei sono le condizioni esistenziali o i mondi (loka) in cui gli esseri possono rinascere (regno umano, divino, animale, titanico, purgatorio, regno delle anime assetate di rinascita). Molti secoli dopo, il simbolismo della ruota del tempo riaffiorerà anche negli scritti della confraternita rosicruciana: nel manifesto Fama fraternitatis si legge infatti che la Rota Mundi «inizia il giorno in cui Dio disse Fiat e finirà quando egli dirà Pereat».

 

 

I bioritmi: le qualità del tempo dell’essere vivente

 

La scienza moderna sostiene che l’organismo può essere paragonato a un orologio sincronizzato con tanti altri minuscoli orologi, ciascuno puntato a una determinata ora: questi minuscoli orologi sono i bioritmi. Tutta la vita umana è intessuta di ritmi: il giorno è dato dalla rivoluzione apparente del Sole attorno alla Terra, il mese dalla rivoluzione della Luna intorno alla Terra, l’anno dalla rivoluzione della Terra intorno al Sole. Queste realtà cosmiche si riflettono, a loro volta, nei ritmi propri dell’Io, del corpo astrale, dell’eterico e del fisico.

La coscienza dell’Io vive nell’alternanza giorno-notte  ‒ ritmo circadiano  in quanto la coscienza ordinaria di veglia ha bisogno di interrompere il suo continuum temporale nella dimensione terrestre, ha necessità ogni notte di attingere ai mondi spirituali durante il sonno senza la mediazione dei sensi. I ritmi circadiani, che corrispondono a circa 24 ore, sono endogeni, in quanto sincronizzati dal rapporto luce-tenebre, e valgono per umani, animali e vegetali. La luce è il sincronizzatore fondamentale, la forza che regola il ritmo e fa scattare l’allarme dell’orologio interno: nei mammiferi la luce stimola le cellule gangliari della retina, dalle quali partono fibre nervose che si incrociano nel chiasma ottico; una parte di queste fibre raggiunge i nuclei sopra­chiasmatici dell’ipotalamo, che regola molti ritmi umani. Quando la luminosità diventa uniforme (solo luce o solo buio) i ritmi circadiani diventano del tutto autonomi, cioè slegati dalla sincronizzazione, ma non spariscono mai. Nel 1924 lo scienziato Usa Richter provò che nel ratto da laboratorio i ritmi circadiani persistevano anche in condizione di buio costante. Questi bioritmi circadiani comportano, per esempio, che il magnesio si trovi nelle urine di notte, che la mitosi dell’epidermide si innalzi di notte, che la piú alta frequenza respiratoria ci sia di giorno. I tipici ritmi circadiani sono la curva della temperatura corporea, la pressione sanguigna, le secrezioni ormonali.

Uno dei ritmi circadiani piú importanti dal punto di vista spirituale è il sonno, durante il quale ciascuno di noi – come insegna la Scienza dello Spirito – ha la possibilità di incontrare il proprio Angelo e di ricevere i suoi impulsi spirituali. Noi non dormiamo perché siamo stanchi, in realtà è vero il contrario: siamo stanchi perché abbiamo bisogno di dormire, di interrompere il flusso delle percezioni, di abbandonare momentaneamente la vita di veglia che tiene legati l’Io e il corpo astrale all’involucro fisico ed eterico.

Il dr. KnockNella pièce teatrale Il dottor Knock o il trionfo della medicina Jules Romains racconta che il vecchio medico condotto di Saint-Maurice, il dr. Parpalaid, consigliava saggiamente contro l’insonnia la lettura serale di tre pagine del Codice Civile, a differenza del suo successore, il dr. Knock, che, ebbro dei progressi positivistici della scienza medica e convinto che «il sano è un malato potenziale», avrebbe finito con il medicalizzare tutti (qui a fianco, una scena del film con Louis Jouvet nei panni di Knock).

Il momento sacro del sonno va rispettato, perché occorre prepararsi adeguatamente al­l’incontro con l’Angelo, il Sé spirituale (Manas), o talvolta all’incontro con le anime dei nostri defunti. L’entità spirituale ci ispira e in seguito, nella vita di veglia, noi traduciamo in impulsi ad agire questi suggerimenti. In una conferenza tenuta sul finire della prima guerra mondiale Rudolf Steiner trattò della missione esercitata dagli Angeli nei confronti dell’umanità. Queste entità celesti, disse Steiner, hanno attualmente il compito di formare nel corpo astrale dell’uomo una serie di immagini che mirano a sviluppare il vero senso di libertà, fraternità, uguaglianza. Ispirano la vera uguaglianza umana, inducendo l’uomo a rispettare il principio che nessuno può essere felice se un altro essere è infelice. Per condurre l’uomo alla fraternità, l’Angelo interviene sul pensiero umano e vi suscita immagini di tipo religioso: spinge, insomma, l’uomo a vedere nell’altro qualcosa di divino, un altro essere fatto a immagine di Dio, senza alcuna limitazione di razza o di confessione religiosa. Infine agisce sull’anima umana per indurla alla completa libertà sul piano della vita religiosa, a un rapporto diretto con il mondo spirituale, non mediato da alcuna Chiesa. Conclude Steiner: «L’Angelo mostrerà all’uomo inconfutabilmente che l’impulso del Cristo determina negli uomini anche una piena libertà di religione e che soltanto il vero cristianesimo rende possibile un’assoluta libertà religiosa». Purtroppo l’umanità, per eccesso di materialismo, sembra aver dimenticato il carattere sacro del sonno e non ritiene che la notte sia una preziosa occasione di dialogo con l’Angelo. Dovrà reimparare questa lezione: la lezione dell’Angelo che ci dischiude l’orizzonte sulla dimensione del Sé spirituale.

Limbourg «L'uomo zodiacale»

Limbourg «L’uomo zodiacale»

Altri ritmi sono i circaseptidiani, che corrispondono a circa sette giorni. Come l’Io ha un ritmo giornaliero traducibile nel simbolo della lemniscata, il corpo eterico ha invece ritmo settimanale, nel senso che si rinnova ogni sette giorni. I tipici ritmi circaseptidiani sono le reazioni di rigetto nei trapianti di rene, cuore e pancreas. Il corpo eterico obbedisce ai sette pianeti: ogni sette giorni ha bisogno di una pausa che coincide con il giorno del Sole, l’astro che fa da archetipo alle forze eteriche. Molte malattie del nostro tempo derivano dal fatto che l’uomo non rispetta questo ritmo dell’eterico e brucia eccessivamente le sue energie, “sacrificando i week-end”. L’anima, nel suo lungo cammino che dall’Aldilà la porta a incarnarsi in un corpo umano, attraversa le sfere planetarie e le costellazioni, e da ciascuna assimila forze eteriche, che formano precisi organi. Cosí dalle dodici costellazioni assorbe le forze vitali che plasmano tutta la statura umana, a cominciare da quella dell’Ariete, che elabora la testa, fino a quella dei Pesci, che plasma i piedi; invece dai sette pianeti l’anima trae le forze per plasmare gli organi interni dell’embrione: Saturno dà l’impulso a formare la milza, Giove il fegato, Marte la cistifellea, il Sole il cuore, Venere i reni, Mercurio i polmoni, la Luna il cervello e gli organi riproduttivi.

I ritmi circatrigintani corrispondono invece a circa trenta giorni, come per esempio il ciclo mestruale. Il corpo astrale, vista la sua affinità con la Luna, ha pertanto un ritmo mensile. Non a caso nell’antico calendario ebraico si festeggiavano le neomenie, i capimese lunari, per dare una pausa all’attività astrale.

Infine i ritmi circannuali, che corrispondono a circa un anno. I tipici ritmi circannuali regolano in certi animali il letargo, mentre negli umani sono responsabili della depressione stagionale, della secrezione di testosterone, della sensibilità a contrarre determinate malattie. Lo scoiattolo di terra entra in letargo quando nell’ambiente la temperatura si abbassa. Si è anche tentato di ingannare in laboratorio gli scoiattoli, mantenendo la temperatura della stanza a 35° C, per indurre gli animaletti a non ibernarsi durante l’inverno. Nonostante ciò essi ridussero il consumo di acqua e cibo e ripresero a ingrassare soltanto a primavera, a conferma che il letargo nasce da un bioritmo interno all’essere vivente. Anche il corpo fisico umano si rinnova ogni anno: in quanto affine alla Terra,che  impiega dodici mesi per compiere la sua rivoluzione attorno al Sole, il corpo fisico impiega dodici mesi per esprimere il ventaglio delle sue potenzialità attorno all’Io. Secondo la Bibbia (Gen 7,11; 8,14) il Diluvio universale, intervenuto per purificare la Terra in tutta la sua dimensione fisica, durò esattamente un anno solare, 365 giorni.

 

Gli Arcangeli e i ritmi delle feste

 

 Come la rotazione della Terra sul suo asse favorisce di notte in notte il dialogo con l’Angelo, cosí la rivoluzione della Terra attorno al Sole favorisce la nostra connessione con la Gerarchia degli Arcangeli, con il regno eterico degli Arcangeli attraverso il ritmo delle feste. Sono infatti gli Arcangeli che veicolano sotto forma di immagine sovrumana il contenuto delle quattro feste dell’anno:

Gabriele, che dal buio annuncia la luce, rimanda al Natale;

Raffaele, colui che rinnova e guarisce, alla Pasqua;

Uriele, apportatore di luce e calore, a Pentecoste;

Michele, principe dell’intelligenza, alla festa delle Gerarchie il 29 settembre.

Gli Arcangeli sono i custodi spirituali di queste quattro tappe dell’anno, che si ripetono secondo un ritmo infrannuale: sono loro i custodi delle porte delle stagioni, che ripartiscono l’anno in quattro parti.

Vediamo in rapida sintesi il senso delle quattro grandi feste dell’anno.

La Pasqua rappresenta un’esperienza puramente interiore: la rinascita dell’anima che è nuovamente pronta a immergersi nella vita della natura e del cosmo dopo il lungo sonno invernale, in cui anche l’anima è caduta per una sorta di letargo spirituale.

Dal 29 settembre al 25 dicembre intercorrono esattamente dodici settimane. In questo periodo l’uomo è chiamato a sentirsi in sintonia con il cosmo, con le dodici costellazioni, con i dodici punti di vista dell’universo: in questo periodo ci sentiamo figli del cosmo, che gratuitamente ci dona la percezione di discendere dal Bene. È un tale impalpabile dono che l’anima umana, negli altri periodi dell’anno, quasi dimentica questa sensazione e la rievoca a fatica.

Come a Natale diamo dunque l’addio al cosmo, per nascere come uomini, cosí a Pasqua diamo l’addio all’umanità e alla Terra per rinascere nel cosmo, nel corso delle sette settimane che intercorrono fra Pasqua e Pentecoste. Come a Natale prendiamo a modello della nostra nascita umana il Bambino, cosí a Pasqua prendiamo come modello della nostra nascita cosmica il Dio-Uomo. Come a Natale ci lasciamo ispirare dalla nostra patria celeste, la profondità del cielo stellato, cosí a Pasqua ci lasciamo ispirare invece dalla nostra patria terrena, dal rigoglio della natura primaverile che rinnova le nostre forze di crescita interiore e di guarigione.

Durante l’autunno, l’anima spicca il salto per entrare in consonanza con il mondo delle Gerarchie spirituali e dimenticare quasi la terrestrità. La festività di San Michele, il 29 settembre, è nata come festa cristiana dopo il VI secolo; infatti dapprima nelle chiese dell’Africa e dell’Asia si festeggiava San Michele l’8 novembre assieme ai piú grandi angeli. Questa festività, che sorse dunque per celebrare non soltanto il grande Arcangelo, ma tutti gli angeli, risuona nell’anima come la festa del cosmo e delle Gerarchie, come il ricordo del Logos disincarnato che gradualmente discende lungo le schiere celesti, attingendo in particolare le forze angeliche (astrali) dalla sfera delle Potestà, dette anche Exousiai o Elohim.

A uno sguardo conclusivo si può dire che il corso dell’anno è scandito da due feste fisse e da due feste mobili: San Michele e Natale sono feste fisse, celebrate sempre rispettivamente il 29 settembre e il 25 dicembre, in base al calendario solare, invece Pasqua e Pentecoste sono feste mobili, la cui data è regolata dal plenilunio di primavera. Si può perciò dire che, quanto alle caratteristiche spirituali dei quattro tempi dell’anno, nel periodo che gravita attorno a San Michele e Natale l’anima umana si nutre delle forze solari e grazie alla contemplazione del cielo stellato si apre ad accogliere i contenuti cosmici dei misteri del Nord; al contrario, nel periodo che gravita attorno a Pasqua e a Pentecoste l’anima si impregna di forze lunari e rivive in sé gli impulsi dei misteri del Sud.

Il corso dell’anno è scandito da questo continuo passaggio spirituale dal Nord al Sud e poi dal Sud al Nord – da Natale a Pasqua e poi ancora da Pentecoste a San Michele: dal ciclo del dodici al ciclo del sette, e poi ancora dal ciclo del sette al ciclo del dodici. Da questo punto di vista si può comprendere come il Natale e la Pentecoste, in quanto feste fra loro polari connesse temporalmente ai solstizi, siano le vere porte dell’anno: dalla prima l’anima umana nasce sulla Terra, dalla seconda l’anima si effonde nel cosmo.

È interessante notare che già nel mondo greco-latino i solstizi erano considerati le Porte del Sole. Si legge infatti nell’Odissea (XXIV,12) che le anime, accompagnate dal dio Hermes, passano per queste porte prima di accedere all’Aldilà: «Giunsero alle correnti d’Oceano e alla Rupe bianca. E alle Porte del Sole e al popolo dei Sogni arrivarono. E presto furono nel Prato asfodelo, dove abitano le ombre (psychai), parvenze dei morti».

Di anno in anno l’uomo migra, attraverso le Porte del Sole, dai Misteri del cosmo ai Misteri dell’anima. Sono le porte iniziatiche che di anno in anno ci aprono il varco verso i grandi misteri del Cristo, il quale riunisce i piccoli misteri del cosmo e i piccoli misteri dell’anima, la corrente del Nord e la corrente del Sud. Quando di anno in anno, nel corso della vita o di tante vite, avremo conciliato in noi, nella mente e nel cuore, le segrete forze che durante l’anno discendono dalle due correnti misteriche, allora avremo anche riconosciuto l’immutabile presenza del Cristo come Signore del Tempo.

Ex Deo nascimurDurante i lavori di fondazione della Comunità dei Cristiani il teologo Friedrich Rittelmeyer chiese a Rudolf Steiner in che modo l’uomo potesse prepararsi ad accogliere l’esperienza del Cristo eterico. Steiner rispose: attraverso l’esperienza meditativa del corso dell’anno, la partecipazione meditativa ai suoi ritmi. Potremmo anche dire: attraverso il dono degli Arcangeli, che da Natale, dal cuore dell’inverno, di anno in anno spingono l’anima umana a rinascere sulla Terra come bambino, quindi a crescere, a morire e a rinascere, infine a espandersi nuovamente nella pienezza del cosmo.

Noi riviviamo a Natale il principio rosicruciano Ex Deo nàscimur a Pasqua riviviamo il principio In Christo mòrimurinfine a Pente­coste ci immergiamo nel terzo principio, Per Spiritum Sanctum revivíscimus.

Dopo che lo Spirito Santo si è effuso in ciascuno di noi attraverso l’azione della Pentecoste, siamo chiamati a contemplare il mondo divino-spirituale, le verità incarnate dalle Gerarchie: siamo chiamati a distaccarci dalle cose materiali, a mutare pensiero, per dedicare i nostri pensieri ai grandi archetipi, alle regioni celesti in cui dimorava da sempre il Logos, prima di incarnarsi nel corpo di Gesú grazie al Battesimo nel Giordano.

Possiamo anche esprimere il senso di queste tre formule rosicruciane con una riflessione: la festa del Natale, in quanto connessa al detto Ex Deo nàscimur, è una grande occasione per rivivere nel corso dell’anno il teocentrismo profondamente vissuto nell’antico Israele; alla luce del Natale tutto fa perno sulla saggezza di Dio Padre: è il tempo della Theos-Sophia. Nella festa di Pasqua il baricentro spirituale si sposta dal teocentrismo al cristocentrismo: la formula In Christo mòrimur esprime bene il contenuto salvifico di morte e rinascita incarnato dalla Pasqua: è il tempo della Christos-Sophia. Infine nella festa di Pentecoste viviamo un altro passaggio dell’anno: dal cristocentrismo l’anima umana si apre alla contemplazione dello Spirito Santo, allo pneumocentrismo, concentrato nella formula rosicruciana Per Spiritum Sanctum revivíscimus: è il tempo della Kosmos-Sophia.

Gabriele Burrini