Vivere nella materia: un'esperienza necessaria?

Spiritualità

Vivere nella materia

L’esperienza del vivere un’esistenza umana sul Pianeta Terra comporta innanzitutto, tra le sue tante peculiarità, quella dell’incarnazione nel mondo materiale. Ovvero divenire carne e portare i propri corpi sottili e il proprio Io ad interagire con la parte piú densa di questo universo.

Del resto «Noi non siamo esseri umani che vivono un’esperienza spirituale. Noi siamo esseri spirituali che vivono un’esperienza umana», scriveva Pierre Teilhard de Chardin. Un’esperienza senza dubbio affascinante e interessante, a tratti bellissima, ma quasi sempre difficile, faticosa, quando non drammaticamente dolorosa. Eppure l’Uomo è chiamato a viverla, attraversandola senza essere del mondo ma per il mondo (Gv 15, 18-21). Anzi l’Antroposofia ci dice che noi scegliamo di vivere questa esperienza, piú e piú volte, raro esempio tra esseri coscienti, tanto da essere considerati, nonostante le nostre imperfezioni, degli “eroi” dal Mondo spirituale. L’Uomo cosí diventa, come dice Rudolf Steiner, la “religione” degli Dei, in quanto è l’unico essere spirituale, oltre al Cristo Gesú, ad essersi incarnato nella materia, nel regno di quello che noi chiamiamo “Male”, nella “casa” di Lucifero, di Arimane e degli Asura. Ovvero i principi di questo mondo.

Per questo motivo tutte le entità spirituali sanno che è inevitabile che l’uomo si “sporchi” nell’incontro con le leggi della materia, che diventi, per cosí dire, “malato”, e per questo apprezzano oltre misura coloro che cercano di portare un po’ di Luce in questa Tenebra per illuminarla e trasformarla per riportare la materia alla sua condizione originaria di Luce.

Insomma sembrerebbe il classico caso di “lavoro sporco” che però qualcuno deve pur fare.

 

Botho Sigwart, conte di Eulenburg

Botho Sigwart, conte di Eulenburg

Eppure viene da chiedersi il perché di questa esperienza proprio dal punto di vista dell’evoluzione dell’Uomo stesso. Era proprio necessaria, non esistevano altre vie?

Senza entrare nel complesso discorso legato alla “Caduta” dell’Uomo, in questa sede vorremmo piuttosto proporre alcune libere riflessioni proprio sul­l’esperienza dell’incarnazione come tappa evolutiva.

Nella bellissima raccolta Il ponte sopra al fiume, lo Spirito disincarnato dell’antroposofo tedesco Botho Sigwart, di cui questa rivista si è a lungo occupata, ci dice che in realtà il nostro vivere in un mondo materiale, e quindi estremamente “denso” e per certi versi “sporco”, costituisce un fattore di notevole difficoltà per il mondo dello Spirito, per il suo avvicinarsi agli uomini e per cercare di stabilire una relazione con essi durante la loro vita. La densità della materia e la vita umana sono spesso cosí sgradevoli per le entità celesti che desiderano aiutare l’uomo, che ne vengono allontanate. La relazione cosciente sulla Terra con la nostra Patria originale diventa cosí difficile e per certi versi paradossale, dal momento che il mondo dello Spirito è contemporaneamente vicinissimo a noi (“uno nell’altro” è una delle leggi spirituali, mentre per la materia parliamo di “uno accanto all’altro”), ma anche inafferrabile e impercepibile ai piú, e quindi lontanissimo. Come se ognuno di noi fosse avvolto da una sottilissima pellicola trasparente tipo Domopack (la materia) ma anche resistente e impermeabile, in grado di isolarci completamente da ciò cui aneliamo. Da qui il senso di solitudine e di essere “straniero in terra straniera” che cosí spesso accompagna il nostro cammino nella vita terrestre, unitamente però alla sensazione di avere “una missione da compiere” e di essere qui “per fare qualcosa di importante”.

E infatti, dice Sigwart: «Il tempo che trascorrete sulla Terra certamente non è facile da sopportare, anche se i frutti che porta sono davvero straordinari».

Quali sono dunque questi frutti?

Innanzitutto la piena consapevolezza di Sé, a cominciare proprio dagli strati piú pesanti, quelli materiali. Che già ad una prima indagine puramente fisica appaiono per ciò che sono, ovvero maya, illusione. Infatti il nostro corpo fisico è costituito per almeno il 70% di acqua (nell’uomo adulto), sostanza che presenta una densità abbastanza bassa tra le sue molecole. Queste ultime a loro volta sono costituite da atomi di idrogeno e ossigeno, la cui distanza, se rapportate ad una scala non microscopica ma da essere umano, sarebbe nell’ordine dei chilometri. A loro volta ognuno di questi atomi è costituito da un nucleo e da una nuvola di elettroni che, rapportati anch’essi alla medesima scala, sarebbero distanti dal nucleo migliaia di chilometri. E il nucleo a sua volta è costituito non da un’unica materia ma da neutroni e protoni anch’essi distanti tra loro… e cosí via, con un corpo umano che definiamo materiale ma che in realtà è costituito in prevalenza da… vuoto!

Corpo materiale che però non è in grado di attraversare i muri, in quanto ognuna delle particelle che lo compongono non è immobile ma vibra in continuazione attorno a se stessa, proprio come la ruota di una bicicletta che, quando è ferma, riusciamo facilmente ad attraversare con la mano, ma che, se comincia a girare, diventa immediatamente impenetrabile.

Vibrazione però significa anche energia, ovvero informazione, e suono. La famosa Musica delle sfere del Creato. E non a caso dalla Genesi, ma anche da molti altri testi sacri che parlano dell’origine dell’universo, sappiamo che: «In principio era il Verbo…» (Gv.1,1), ovvero il Suono originario. Ma noi cristiani sappiamo anche che il Verbo rappresenta il Cristo, ovvero il Principio Ordinatore di tutto l’Universo, il Principio Figlio della Santissima Trinità.

Ecco allora che proprio attraverso l’immersione consapevole nella materia noi possiamo riscoprire la nostra origine celeste, il Dio in noi, il nostro “Io sono”, ovvero il nostro essere Dei, come ci ricorda piú volte il Cristo, soprattutto nel Vangelo di Giovanni.

Angelo Pitoni - L'Incognito

Angelo Pitoni – L’Incognito

Certo, nella materia ‒ che non a caso è mater-rea, la Madre Caduta ‒ noi sperimentiamo il dolore, la malattia e la morte, tutte cose che nel Mondo spirituale non esistono. Ma è proprio attraverso il penoso setaccio della carne che noi possiamo riscoprire la nostra origine e accumulare esperienze utili per il dopo Vita, dove, ci ricorda sempre Rudolf Steiner, le possibilità evolutive dell’Uomo sono appunto conseguenza del lavoro svolto nel mondo materiale. Una dimensione in cui, forti del libero arbitrio e del nostro volitivo pensare e sentire, possiamo scegliere e portare a termine le fasi di purificazione e di riscatto dei nostri corpi inferiori e della nostra anima.

Scrive Massimo Scaligero nella prefazione al libro di Angelo Pitoni L’Incognito: «L’asceta di questo tempo, per superare il grado della Materia, deve anzitutto sperimentare le forze interiori che in lui si estrinsecano mediante essa, nel percepire e nel pensare…».

E aggiunge Rudolf Steiner, nel Calendario dell’anima, 22-28 settembre ‒ VII avvento di Michele: «Io posso appartenere a me stesso e luminoso diffondere luce interiore nell’oscurità dello spazio e del tempo…».

Ma appartenere a se stessi significa appunto aver completato il lavoro di purificazione e di riscatto dell’anima, conseguendo cosí il Sé spirituale, grazie al percorso dell’Iniziazione, e quindi poter arrivare a diffondere luce interiore.

Ecco che dal nostro lavoro nella vita materiale emerge quindi uno dei principali scopi del perché ci incarniamo sulla Terra, ricordando tra l’altro che la razza umana è sí chiamata a diventare Decima Gerarchia, sviluppando la qualità della Libertà nell’Amore, ma che, affinché ciò avvenga, è anche sollecitata a scegliere definitivamente, a schierarsi dalla parte della Luce vera, dopo che nel nostro cammino evolutivo, a quanto pare, abbiamo quanto meno indugiato, siamo rimasti a metà tra la Luce e le Tenebre.

E proprio nell’esperienza materiale, riscoprendo, come detto, la nostra vera natura attraverso il faticoso lavoro di vivere, noi troviamo la verità su noi stessi e sul rapporto con il Divino. Una verità che siamo poi chiamati subito a testimoniare, poiché la Verità è a sua volta il grande fulcro tra la Via e la Vita.

Con essa si può “verificare” se la Via intrapresa è corretta. Da essa si sale alla Giustizia, completando cosí la triade:

Via Verità Vita

 

 

Ma è la Verità ad essere il centro del centro, il mercur dei mercur e non a caso il Cristo ci esorta a riconoscerla, perché la Verità ci renderà appunto liberi (nell’Amore).

E allora, riprendendo ancora una volta Steiner: «La materia cessa di apparire misteriosamente nello spazio, essa rivela il proprio Spirito, e si riconosce allora che la credenza nella materia non è che uno stadio preliminare alla cognizione che nello spazio non si manifesta la materia, ma impera lo Spirito. E il concetto di materia è soltanto provvisorio e ha la sua giustificazione solamente finché non si arriva a percepire il suo carattere spirituale» (“L’antroposofia è fantasticaggine?”, in «Goetheaum» del 3 Aprile 1923).

Tante buone ragioni, dunque, per capire il senso ultimo delle nostre incarnazioni sulla Terra e per affrontarle con un po’ piú di compassione, pazienza, carità e gioia, anche verso noi stessi.

 

Armando Gariboldi