Elementi fondamentali dell'esoterismo

Antroposofia

Elementi fondamentali dell'esoterismo

Tutto ciò che viene insegnato oggi nella Scienza dello Spirito era già contenuto nelle scuole dei Rosacroce, nel XIV secolo. Ma la formazione interna della corrente rosicruciana era strettamente occulta. In una simile formazione occulta si tiene molto poco conto del linguaggio, della maniera di esprimersi. Nel mondo del XV, XVI e XVII secolo vivevano dei particolari uomini semplici che non erano conosciuti come eminenti eruditi, che non occupavano neppure funzioni sociali straordinarie, ma trasmettevano tuttavia la corrente occulta rosicruciana. Non erano mai molto numerosi. Non ci sono mai stati contemporaneamente piú di sette veri Iniziati alla volta; gli altri erano adepti di vari gradi. I Rosacroce erano i messaggeri della Loggia Bianca. Gli avvenimenti veramente importanti per il mondo emanavano in verità da loro. Tutto quello che avveniva d’importante a quei tempi derivava in effetti dalla Loggia dei Rosacroce.  Esteriormente, sono tutt’altre persone che hanno fatto la storia dell’Europa, ma se si guarda bene, queste erano gli strumenti d’individualità occulte.

Rousseau e Voltaire

Rousseau e Voltaire

Anche Rousseau e Voltaire erano simili strumenti; dietro di loro si celavano delle individualità occulte che non potevano apparire sotto il loro vero nome. Lo stimolo che queste persone davano ad altri uomini nel­l’adempimento della loro missione poteva essere esteriormente molto semplice e pas­sare inosservato. Alle volte, il breve incontro con un tale uomo semplice è bastato affinché fosse dato un impulso a coloro che diventavano cosí gli strumenti delle individualità occulte. Dietro gli uomini di Stato importanti si trovano anche, fino alla Rivoluzione, delle potenze occulte. In seguito queste si ritirarono poco a poco, perché gli uomini devono diventare loro stessi i padroni dei loro destini. Nei discorsi della Rivoluzione francese gli uomini parlano per la prima volta in quanto uomini.

La vita interiore restava protetta e nascosta nelle scuole occulte. Nelle scuole dei Rosacroce si insegnava quello che adesso si conosce come parte elementare della Scienza dello Spirito. Le fraternità occulte davano l’impulso di ogni scoperta importante; gli avvenimenti si svolgevano all’esterno solo in un secondo tempo. Voltaire era uno spirito spinto, nel senso piú eminente, da confraternite la cui aspirazione era d’avanguardia; egli operava essenzialmente per rendere gli uomini autonomi. Altri erano al servizio di confraternite ritardatrici; per esempio Robespierre verso la fine della sua vita. Tutto quello che appare troppo presto richiama sul piano fisico un polo opposto.

Nelle scuole dei Rosacroce si davano dunque gli stessi insegnamenti dell’attuale Scienza dello Spirito. Soltanto, nel mondo esteriore, non era questione di Scienza dello Spirito. Nelle vere scuole occulte si dà importanza al linguaggio solo se si vuole dare un insegnamento al mondo. Lo stesso allievo in occultismo deve imparare ad utilizzare dei simboli, dei segni. Ma per farsi comprendere nel mondo, gli stessi Iniziati non hanno che il linguaggio usato nel loro ambiente. Quando il conoscere, o il sapere, era ancora tenuto completamente segreto, esisteva un certo sistema di simboli, e tutti coloro che volevano essere Iniziati dovevano imparare il linguaggio dei simboli. Non si dava importanza alla maniera d’esprimersi con il linguaggio. A quell’epoca si avevano tutti gli insegnamenti, ma qualche volta mancavano i termini specifici. Simili espressioni esistono pertanto nell’insegnamento occulto secondo il metodo orientale di apprendimento, ed esse risalgono ancora agli Indiani piú antichi, che hanno ricevuto l’insegnamento degli antichi Rishi. Queste espressioni indiane non sono ancora influenzate dall’èra materialista. Le parole formate dagli indiani sono ancora piene del fascino della lingua sacra delle origini. Tuttavia in Europa l’induismo non può esserci utile.

Quello che è giusto per il popolo indiano non è altrettanto giusto per l’europeo. All’inizio, ci voleva un impulso che venisse dall’India, perché l’Europa aveva elaborato troppe poche espressioni per introdurre le idee. Noi stessi dobbiamo ancora designare alcune cose con termini induisti. Ma tutto quello che s’incontra oggi negli insegnamenti occulti esisteva già nelle cerchie dei Rosacroce nel Medioevo e all’inizio dei tempi moderni. Anche a quell’epoca si avevano le giuste espressioni per designare quello che è centrale e importante. All’epoca, all’esterno, non si poteva parlare di reincarnazione e di karma, ma si potevano lasciar infiltrare inconsciamente queste verità nella cultura europea. Paracelso e altri mistici non hanno parlato della reincarnazione. Era del tutto naturale. Non potevano parlarne. Ma per tutto ciò che si riferisce alla vita terrestre tra nascita e morte, anche in Occidente esistevano delle espressioni e delle definizioni estremamente pertinenti, ma non per lo stato intermedio fra due incarnazioni. All’epoca, una cosa era molto accentuata: che la vita fisica è importante per lo sviluppo degli organi dei corpi superiori. Se coltiviamo le scienze, se intessiamo intimi rapporti di amicizie spirituali, tutto questo sviluppa delle forze che agiranno un giorno sotto forma di organi spirituali.

Il modo con il quale l’educazione del piano fisico deve agire dall’esterno nei differenti corpi dell’uomo è sempre stato riassunto in tre concetti unitari. Si chiamavano questi tre punti di vista: saggezza, bellezza e potenza.

Cattedrale di Chartres

Cattedrale di Chartres

Quando nelle scuole esoteriche dei Rosacroce si educavano gli allievi, dicendo loro nel corso d’introduzione: «Dovete essere gli artigiani dell’avvenire». Non si parlava di reincarnazione, ma del fatto che l’uomo continuerebbe ad agire anche se non fosse incarnato qui, nel fisico. Si piantava in lui il germe che in avvenire avrebbe sviluppato degli organi. Si diceva all’allievo: «Nella vita di tutti i giorni, conducete una vita di saggezza, di bellezza e di potenza, e nei vostri corpi superiori svilupperete degli organi per l’avvenire». Nelle Logge della Massoneria, i massoni della Loggia di San Giovanni dicono ancor oggi come la saggezza, la bellezza e la potenza siano delle cose importanti, ma non sanno piú che, grazie ad esse, il corpo eterico, astrale e l’Io sono dotati di organi.

Nel Medioevo, quando un architetto massone aveva costruito una cattedrale o una chiesa, il suo nome non aveva importanza. Restava segreto. Per la stessa ragione non è nominato l’autore della Teologia Germanica. È chiamato “l’Uomo di Francoforte”. Nessun erudito sa ritrovare il suo nome. L’aspirazione di questi uomini era di lavorare dall’esterno, sul piano fisico e di non lasciare alcuna traccia del proprio nome, ma piuttosto quella della loro attività sul piano fisico.

Supponiamo che qualcuno abbia creato un progetto e dato l’impulso per la costruzione di una grande cattedrale. Egli sapeva che le forme della cattedrale avrebbero creato in lui un organo per l’avvenire. Tutte le opere di tale genere restano legate nei loro effetti con l’interiorità del­l’anima. Ma, in regola generale, le opere esteriori durano il tempo necessario affinché colui che le ha create le ritrovi e le riconosca quando sarà di ritorno sulla Terra. In generale, nella cattedrale, sotto la cattedra, si trova il ritratto in miniatura dell’architetto, che vi si riconoscerà. Ecco il ponte gettato fra un’incarnazione e l’altra.

Il corpo eterico doveva essere sviluppato dalla saggezza, il corpo astrale dalla bellezza unita alla pietà e il vero Io dalla potenza. L’uomo doveva fare di se stesso una innegabile impronta del mondo esteriore. Nell’antica India non se ne sapeva ancora niente. Il bramanesimo aspirava ad un perfezionamento dell’Io all’interno. Nel mezzo del nostro ciclo post­atlantideo apparvero gli istruttori religiosi che preconizzarono l’abbandono dell’Io. Lo insegnava già il Buddha. Ma in Occidente questo fu ancora piú coltivato dalla massoneria e dalla Rosacroce. Si cercava il perfezionamento dell’Io nella forma che esiste anche nel mondo esteriore, non tanto nella forma che vive nell’interiorità, come era coltivata in India. Croce di vitaIn questo senso, l’occultista occidentale si diceva: il tuo Io non è soltanto in te, ma nel mondo intorno a te. Gli Dei ti hanno fatto uscire dai regni minerale, ve­getale, animale, ma ci sono tre regni che tu stesso ti crei, i tre regni della saggezza, della bellezza e della potenza. Questi con­formano l’uomo superiore.

L’uomo si diceva: eccomi qua, conclu­sione di un’epoca nella quale i regni minerale, vegetale e animale si sono sacrificati per me; la coscienza di sé, l’Io, deriva da questo. E come l’Io è stato formato da loro, adesso deve lui stesso dare forma ai regni della saggezza, della bellezza e della forza per elevarci ancor di piú, appoggiandoci su di loro, verso una completa trasformazione del nostro corpo eterico, del nostro corpo astrale e del nostro corpo dell’Io. Questi tre regni sono quelli della scienza, dell’arte e della forza interiore, il che significa tutto quello che emana dalla volontà. L’esoterista del Medioevo vedeva i mezzi per un ulteriore sviluppo dell’uomo in queste tre parti. La trasformazione del mondo non deve essere rimessa al cieco arbitrio, ma i regni minerale, vegetale e animale devono essere trasformati secondo questi tre punti di vista della saggezza, della bellezza e della forza. Quando la Terra diventerà astrale, tutto sarà trasformato da questi tre punti di vista. Cosí i massoni del Medioevo e tutti gli esoteristi costruivano secondo questi tre punti di vista.

Nell’esoterismo indiano si distinguono dodici forze che attirano di nuovo l’uomo verso l’esi­stenza fisica.

  • La prima di queste forze è Avidya, l’ignoranza. Avidya è quello che ci attira nuovamente verso l’esistenza fisica, per la semplice ragione che avremo compiuto la nostra missione sulla Terra solo quando ne avremo estratto tutto il sapere. E, dunque, non avremo finito la nostra missione finché non sapremo tutto quello che dobbiamo estrarre dall’esistenza fisica in quanto conoscenza.
  • Dopo Avidya, la forza successiva che attira verso il ritorno è tutto quello che esiste sulla Terra, perché l’abbiamo fatto noi stessi, e fa dunque parte della nostra organizzazione. Se per esempio un muratore ha lavorato per costruire una cattedrale, questo fatto è diventato parte di lui. Le due cose si attirano allora mutualmente. Ciò che ha una tendenza organizzatrice per l’autore, l’opera di Leonardo da Vinci come la piú piccola opera, sviluppa nell’uomo un organo, ed è per questo che egli ritorna. Quello che l’uomo fa, nell’insieme, si chiama Samskara, ovvero le tendenze organizzatrici che costruiscono l’uomo. È la seconda forza che lo attira verso il suo ritorno.
  • Viene in seguito la terza forza. Prima che l’uomo sia entrato in una qualsiasi incarnazione non sa niente del mondo esteriore. La coscienza dell’Io è cominciata soltanto con la prima incarnazione; prima l’uomo non era ancora cosciente di se stesso. Prima di poter sviluppare la coscienza di sé, doveva innazitutto percepire sul piano fisico gli oggetti esteriori. Nello stesso modo in cui ciò che l’uomo ha fatto lo attira nuovamente verso il piano fisico, anche la conoscenza delle cose lo attira verso il ritorno. La conoscenza è una nuova forza che lo lega a quello che esiste. È la terza forza che attira l’uomo verso una nuova vita terrestre. Questa terza forza si chiama Vijnana, coscienza.
  • Fin qui siamo rimasti ancora nell’intimità dell’anima umana. La terza forza è quanto viene incontro alla coscienza dall’esterno, che esisteva certo senza l’uomo, ma che egli ha imparato a conoscere grazie alla propria coscienza. Questo esisteva senza la sua esistenza anteriore, ma è diventato accessibile solo quando la sua coscienza gliene ha dato l’accesso. Si tratta della separazione fra il soggetto e l’oggetto, come dice il sanscrito, la separazione fra il nome e la forma, Nama-rupa. Ecco come l’uomo è arrivato all’oggetto esteriore. È la quarta forza che lo attira verso il ritorno, per esempio il ricordo di qualcuno a cui si è attaccato.
  • La forza seguente è ciò che ci facciamo come rappresentazione degli oggetti esteriori; per esempio, per un pittore l’immagine di un cane è una semplice rappresentazione, ma diventa per lui essenziale. Rappresenta tutto quello che l’intelletto fa della cosa: Shadayatana.
  • Adesso ci si avvicina ancor piú al terrestre. La rappresentazione ci porta verso quello che chiamiamo il contatto con l’esistenza, Sparsha. Colui che tiene all’oggetto è a livello di Nama-rupa. Colui che si fa delle immagini è al livello di Shadayatana, ma colui che distingue fra il simpatico e l’antipatico preferirà venire verso ciò che è bello piuttosto che verso ciò che non è bello. Questo è chiamato il contatto con l’esistenza, Sparsha.
  • Quello che si anima nell’interiorità come sentimento interiore è tuttavia ancora un po’ differente da questo contatto con il mondo esterno. Ora entro io stesso in azione, lego il mio sentimento ad una cosa o ad un’altra. È un elemento nuovo. Esso attira l’uomo piú verso l’interiore e lo si chiama Vedana, sentimento. ReincarnazioneGrazie a vedana, qualche cosa completamente nuova appare: la sete d’esistenza. Le forze che attirano l’uomo verso un ritorno all’esistenza si risvegliano in lui sempre di piú. Le forze superiori costringono piú o meno tutti gli uomini, non sono individuali.
  • Ma alla fine subentrano delle forze del tutto personali, che attirano nuovamente l’uomo verso il terrestre. È l’ot­tava forza: Trishna, sete d’esistenza.
  • Quello che si chiama Upadana, benessere nell’esistenza, è ancora piú soggettivo che la sete d’esistenza. Per quanto concerne Upadana, l’uomo ha qualcosa in comune con l’animale, lo risente solo un po’ piú spiritualmente, ed il suo compito è di spiritualizzare questo grossolano elemento dell’anima.
  • In seguito viene l’esistenza individuale stessa. Tutta l’incarnazione anteriore, se egli è già stato incarnato in precedenza, Bhava, l’esistenza individuale, la forza di ogni incarnazione precedente. L’incarnazione precedente lo attira verso l’esistenza.

Con questo abbiamo veramente risalito gli stadi dei Nidana fino alla nascita individuale.

  • Ora l’esoterista riconosce altri due stadi, che superano la durata dell’esistenza individuale. Distingue uno stadio anteriore, che ha spinto verso la nascita prima che l’uomo si sia mai incarnato. Si chiama Jati, ciò che ha spinto verso la nascita prima che questa avvenisse.
  • I dodici NidanaMa allo stesso tempo quello che spinge verso la nascita è ancora legato ad un’altra cos Infatti con la nascita ci è già dato il germe del declino, l’aspirazione a liberarci di nuovo dalla nascita individuale. Ci interessiamo al fatto che quella che è la nostra esistenza terrestre si decomporrà di nuovo e che potremo essere liberati, invecchiare e morire: Jara-marana.

 

Ecco i dodici Nidana che agiscono come delle corde tirandoci sempre e ancora verso il ritorno all’esistenza (in effetti, Nidana vuol dire legame, corda).

 

Ci sono tre gruppi che formano degli insiemi.

Primo gruppo:

Avidya, Samskara, Vijnana, Nama-rupa;

secondo gruppo:

Shadayatana, Sparsha, Vedana, Trishna;

terzo gruppo:

Upadana, Bhava, Jati, Jara-marana.

 

L’anima ha tre parti: l’anima cosciente– che è la parte suprema – vengono poi l’ani­ma razionale e l’anima senziente.

Il primo gruppo delle Nidana, che va da Avidya a Nama-rupa, è collegato all’anima cosciente; il secondo gruppo, da Shadayatana a Trishna, è collegato all’anima razionale, ed il terzo, da Upadana a Jara-marana, all’anima senziente.

Vijnana è caratteristica dell’anima cosciente; Shadayatana dell’anima razionale e i quattro ultimi stadi all’anima senziente.

Questi quattro ultimi stadi esistono sia nell’animale che nell’uomo.

 

Rudolf Steiner


 

Dalle annotazioni di uditori presenti alla conferenza di Rudolf Steiner.

Berlino, 10 ottobre 1905 ‒ O.O. N° 93a. Traduzione di Angiola Lagarde.