I momenti del trapasso: istruzioni per l'uso

Spiritualità

I momenti del trapasso: Istruzioni per l'uso

Nonostante viviamo in una cosiddetta Civiltà, quella Occidentale, dominata da una cultura dai connotati sempre piú marcatamente necrofili, il tema della Morte e la capacità di confrontarsi direttamente con essa rimangono questioni defilate, che in realtà sembrano ancora spaventare o vergognare. Non parliamo poi degli aspetti piú profondi e spirituali di essa, che se da una parte vengono sostanzialmente negati da chi propugna una visione materialistica anche di questi momenti, dall’altra vengono vissuti in modo passivo e dogmatico, soprattutto da chi si muove all’interno delle religioni.

In tutti casi vi è pochissima coscienza di cosa accade in quei momenti, in particolare nelle fasi del decesso e delle ore successive. Anche da parte degli operatori del settore (medici, infermieri, operatori mortuari, società di cremazione ecc.) su questi argomenti vi è molta ignoranza ma anche indifferenza: per una parte di questi soggetti (il comparto medico) la loro responsabilità finisce quando il paziente (vivo) si trasforma in cadavere, mentre per tutti coloro che lavorano nella “filiera del defunto” quest’ultimo è ormai solo una specie di simulacro, un oggetto da sistemare in maniera decorosa ed attorno al quale costruire una serie di complementi di arredo (fiori, bara, tomba, cerimonia ecc.) per cui chiedere le costose spettanze ai parenti rimasti. casa funerariaTra l’altro oggi, in un contesto dove cominciano a fiorire anche varie “case del ricordo” o “case funerarie”, una sorta di tempietti laici per conservare le salme e per le esequie prima delle tumulazioni, anche in queste realtà “specializzate” la dimensione del sovrasensibile è totalmente ignorata e demandata tutt’al piú al prete/rabbino/pastore/imam, che però si limita, come detto, a pronunciare le preghiere di rito, anche se spesso nelle religioni piú tradizionali permangono alcuni aspetti rituali il cui significato (ormai dimenticato dai piú) ha delle precise ragioni pratiche.

In questo breve scritto vogliamo quindi riassumere le principali accortezze da prendere nei momenti del trapasso, sperando di fare cosa utile e confidando possa essere diffuso tra quegli ope­ratori del settore di buona volontà. Parlando appunto di “momenti”, al plurale, desideriamo subito sottolineare il fatto che la morte non è un semplice interruttore che si spegne, ma un processo complesso e misterioso composto da una serie di fasi successive che seguono una loro tempistica.

bohLe indicazioni che esporremo derivano in gran parte dal prezioso lavoro svolto su questo argomento da Rudolf Steiner, soprattutto nelle tante conferenze del ventennio 1905-1925, oltre che da alcuni elementi convergenti che si ritrovano nella tradizione delle grandi religioni e delle scuole esoteriche, verificate anch’esse alla luce della Scienza dello Spirito.

Dunque, quando un essere umano è considerato clinicamente morto, ovvero quando respiro e battito cardiaco spontanei sono cessati (e non entrando sulle disquisizioni legate alla morte cerebrale, concetto assai piú recente connesso al tema degli espianti d’organi) cominciano ad accadere alcune cose. Se il decesso è avvenuto in ospedale, la salma viene posta in una stanza refrigerata in attesa che trascorrano almeno sei ore “di osservazione”, mentre se la morte è avvenuta a casa la visita di controllo da parte del medico necroscopo si svolgerà non prima di quindici ore dal decesso. Essa ha per oggetto la constatazione dell’autenticità della morte ai fini del seppellimento, il riconoscimento della sua causa, l’accertamento e la denunzia di eventuali sospetti di reato.

E intanto al defunto che succede? In apparenza nulla: il cadavere è parcheggiato come detto in un qualche stanzino/loculo piú o meno fresco/sanitizzato, mentre i parenti, già storditi e confusi dal dolore della perdita, sono immediatamente travolti da una serie di incombenze burocratiche.

In realtà, come sappiamo dall’Antroposofia, con l’arresto del cuore e con l’esalazione del­l’ultimo respiro l’Anima (il corpo astrale) esce velocemente dal corpo attraverso la “porta” dei reni (proprio come avviene, ma in maniera ovviamente non completa e in modo reversibile, ogni volta che ci addormentiamo), mentre lo Spirito-Io esce dai piedi (in particolare dall’arco plantare).

Joseph-Denis Odevaere «Lord Byron sul letto di morte»

Joseph-Denis Odevaere «Lord Byron sul letto di morte»

La persona, esalando l’ultimo respiro, perde subito il senso della vista, della parola, del gusto-olfatto e per ultimo quello dell’udito. Per questo anche nella tradizione si dice che “i morti ci ascoltano”, ed in loro presenza si dovrebbe parlare in modo lieve, oltre che per un opportuno comportamento di devozione e rispetto finalizzato a creare una necessaria atmosfera di sacralità. Per questo tra l’altro sarebbe poi opportuno evitare che la salma venga spostata da una stanza all’altra, e soprattutto che rimanga sola nelle ore immediatamente successive al trapasso, come invece avviene negli ospedali.

In casa si può piú facilmente operare come si conviene. Per esempio, proprio sfruttando questa capacità “di ascolto residuo” del defunto, ponendoci dietro la sua testa e parlandogli dolcemente rivolti verso la fontanella (la parte centrale del cranio), possiamo tranquillizzare il nostro caro, ricordandogli il nostro amore, che cosa è avvenuto e che tutto va bene.  

Infatti, salvo il caso di persone molto evolute sul piano spirituale, la prima difficoltà che affronta il defunto è l’incredulità per la propria morte, oltre al fatto di sentirsi spaesato, con capacità percettive e sensoriali che sono improvvisamente mutate e con una consapevolezza nuova tutta da coscientizzare: «Subito dopo la morte ci svegliamo in un modo troppo improvviso. Dobbiamo per prima cosa attutire tale risveglio, affermare noi stessi di fronte alla coscienza che ci viene incontro e ci avvolge da ogni lato» (R. Steiner, Dornach 7 febbraio 1915 – O.O. N° 161).

Ecco allora che porre quattro candele bianche accese agli angoli del letto di morte è utile per rischiarare l’ambiente del trapasso, cosí come disporre il giaciglio lungo l’asse Sud-Nord (ovvero l’asse della Vita) favorisce il processo di disincarnazione.

Pianto disperatoÈ importante “vegliare” il defunto con le preghiere ma anche, come visto, con una serie di piccoli gesti concreti. E per questo, per quanto umanamente comprensibile, è poco utile se non dannoso piangere e disperarsi per la morte del nostro caro, che in quel modo non verrà aiutato nel suo distacco dalla fisicità.

Con la fuoriuscita dell’anima, il corpo perde leggermen­te peso (e non è detto che siano i famosi ventuno grammi, scientificamente non provati), mentre il corpo eterico o vitale ci mette ancora un po’ a lasciare l’involucro fisico, che infatti continua ancora a crescere nei capelli, nella barba e nelle unghie per alcune ore anche dopo l’arresto cardio-respiratorio.

Afferma Steiner: «Dopo la morte si forma un nuovo rapporto tra l’interiorità dell’uomo e il mondo che lo circonda. Dopo circa tre giorni ‒ quadro del ricordo ‒ il corpo eterico si scioglie fuori dell’Io e dell’astrale. Il corpo eterico passa nell’etere cosmico, o meglio nel mondo della vita cosmica universale» (Berlino, 22 ottobre 1906 – O.O. N° 96).

ResurrezioneInsomma, è solo dopo i tre giorni dal decesso, tempo minimo riconosciuto da moltissime religioni anche non cristiane (ma anche, guarda il caso, lo stesso periodo dei tre giorni del Risorto), che tutte le fasi della morte si saranno davvero completate ed il corpo potrà essere finalmente tumulato.

Tra l’altro il modo migliore, dal punto di vista evolutivo-spirituale, sarebbe che ciò avvenisse nel nudo terreno, a contatto con il grande abbraccio della Madre-Terra, oppure su piattaforme appese all’aria e alla luce, come facevano i nativi americani.

L’essere incapsulati in bare zincate all’interno di loculi di cemento armato è un’altra aberrazione materialistica introdotta dall’uomo nell’ultimo secolo.

Infine è possibile la cremazione, da poco riconosciuta anche dalla Chiesa cattolica e diffusa in molte civiltà e religioni, ma suggerita da Steiner soprattutto nel caso di corpi che prima di arrivare alla morte fisica hanno conosciuto molto dolore.

 

Armando Gariboldi