Miti e leggende nordiche

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Miti e leggende nordiche

Leggende germaniche

In questa “sezione Besant” abbiamo tentato di definire un minimo di caratteristiche delle basi occulte dei miti germanici, e lunedí scorso abbiamo cercato di allargare il soggetto globale dei miti, mostrando come esso, passando per l’Est dell’Europa, si estenda come una larga cintura spirituale dalla Persia all’Europa. Forse non è opportuno continuare oggi su questo soggetto, visto che numerosi nostri amici non si trovavano presenti alle due riunioni precedenti. Cercheremo dunque di far in modo che l’esposto odierno sia indipendente, e di far emergere dall’insieme dei miti europei qualche caratteristica generale che non implichi la partecipazione alle due ultime conferenze. Ciò significa naturalmente che saremo obbligati a fornire unicamente le grandi linee di alcuni soggetti.

Vi ricordo che riguardo agli Dei germanici, si ritrova il numero dodici, che in effetti è il doppio del numero sei, come abbiamo costatato l’ultima volta per gli Amesha Spenta; dodici è il numero degli Dei di cui abbiamo imparato il significato otto giorni fa. Oggi considereremo solo qualche divinità di cui evidenzieremo alcune particolarità, per mostrare quali sono le basi occulte di queste divinità e le loro caratteristiche. Abbiamo riconosciuto la parentela della mitologia germanica con quella persiana. Abbiamo visto in che modo la mitologia nata in Asia metta in scena lo stesso soggetto dei miti dell’Europa Centrale. Abbiamo riconosciuto, nelle energie dei sei Amesha Spenta, le dodici paia di nervi che partono dal nostro cranio e nei ventotto Yazata le forze che partono dalla nostra colonna vertebrale.

Il dio della guerra Tyr

Il dio della guerra Tyr

Come tutti sapete, Wotan-Odino funge piú o meno da dio supremo nell’insieme delle divinità germaniche; poi vi è Thor e sua figlia Thrud o Truth, di cui abbiamo visto i significati occulti. Abbiamo anche evocato Tyr, una specie di divinità dei combatti­menti, particolare dio della guerra, che corrisponde in un certo modo ad Ares o a Marte delle zone piú meridionali. Corrisponde loro in quanto gli è consacrato il martedí, giorno di Marte, chiamato anche giorno di Tyr o Tur. Fatto strano, i racconti menzionano altre divinità spirituali, che svolgono un certo ruolo negli avvenimenti che hanno luogo fra le divinità germaniche, e in relazione con il dio Tyr è fatta menzione di uno strano dio, ma diciamo piuttosto di una famiglia di dèi, quella di Loki.

Voi sapete, e il fondamento occulto è stato spiegato nella sezione Besant, che questo Loki, che è posto accanto agli altri dèi nordici, discende dalle potenze del fuoco di cui abbiamo definito l’origine meridionale. Mentre gli dèi nordici discendono dalla unione dell’elemento fuoco del Sud con l’elemento freddo e nebbioso del Nord, Loki è un dio piú antico, o perlomeno è il figlio di una divinità piú antica, una specie di dio del fuoco. Possiamo dunque dire che questo Loki, che estrinseca tanta ostilità nei confronti delle altre divinità, appartiene ad una razza piú antica di entità spirituali che, ad un certo momento, ha dovuto cedere la sua supremazia a dèi quali Wotan, Tyr e Thor. Per questa ragione si mostra ostile nei loro riguardi ed è in conflitto con gli Asi, gli dèi che accedono al potere solo quando gli Atlantidei sono evoluti oltre gli stadi anteriori, raggiungendo l’epoca post-atlantidea; è in quel momento che gli Asi acquistano importanza.

Le entità spirituali di cui fa parte Loki risalgono a quel­l’epoca, ben anteriore. Fra l’altro, Loki con la sua sposa Angr­boda, che discende dalla razza dei giganti, ha avuto tre discendenti molto particolari: il lupo Fenris, il serpente Midgard e Hel, dea degli inferi. Affinché possano essere sviluppati dall’umanità dei nuovi stati di coscienza, queste tre creature, che risalgono a epoche piú antiche, devono dapprima essere domate dalle nuove divinità, gli Asi. Si sa che il serpente Midgard sarà domato inviandolo nei mari per delimitare i continenti, cosa per cui esso si morde la coda, e durante il periodo di dominio dei nuovi dèi, gli Asi, subentrati dopo le antiche divinità, non può fare nient’altro. Il lupo Fenris è domato e incatenato con ogni sorta di mezzi, e in tale occasione nasce una certa relazione fra il dio Tyr, il dio imperioso della guerra o dei combattimenti, la sua famiglia e Loki.

Il dio Tyr deve mettere una delle sue mani nelle fauci del lupo Fenris affinché questo si lasci incatenare, ed è cosí che perde la mano destra. Questo è un tratto del tutto particolare del mito germanico che può essere compreso solo partendo dall’occultismo. Studieremo dunque questa mano di Tyr e vedremo dove essa si trova in realtà. Hel è stata rimandata negli inferi, verso Niflheim o Nebelheim, dove devono andare tutti coloro che non sono caduti sul campo di battaglia. Quelli che sono caduti sul campo di battaglia sono uniti alla razza divina; alla loro morte una Walkiria appare loro e li trasporta dagli Asi. La loro morte è onorata. Accade tutt’altro a coloro che sono morti di malattia o vittime di debolezza dovuta alla loro vecchiaia; essi devono andare nel regno degli inferi, dove regnano preoccupazioni, privazioni, fame e tormenti. I defunti non morti di morte gloriosa non entravano nel regno degli Asi, erano inviati a Hel, nell’inferno, affinché regni la pace durante il dominio degli Asi. La progenitura di Loki è dunque stata esclusa dal potere in questa maniera. Loki stesso è stato vittima di un’astuzia degli dèi e fatto prigioniero mentre si era trasformato in salmone. È stato attaccato a tre rocce e ha dovuto subire orribili supplizi.

Tutte le leggende hanno una connotazione particolare per il fatto che tutta l’esistenza degli Asi è marcata da un tratto tragico, del quale abbiamo spesso parlato. Coloro che hanno seguito le conferenze sulla mitologia nordica, sanno che quell’atmosfera tragica è realmente esistita nei luoghi d’Iniziazione dei Misteri nordici. E questa caratteristica è stata trasposta volutamente nelle leggende degli dèi. Gli Asi, gli dèi nordici, vivono nella costante angoscia del loro declino, perché sanno che il loro regno un giorno finirà. Incontriamo dunque sempre un aspetto tragico, che ci dice per quale ragione questo regno sarà annientato. Questo aspetto tragico consiste nel fatto che all’inizio della guerra e dell’agitazione sulla Terra sono stati deposti i germi di quello che un giorno sarà il grande braciere devastatore cosmico, quando tutto quello che gli dèi avevano incatenato si libererà, quando il lupo Fenris, il serpente Midgard e Loki stesso saranno liberi e prepareranno l’annientamento degli Asi. Verrà uno spirito supremo del fuoco, Surtur, che si imporrà agli Asi. Sarà il crepuscolo degli dèi, e dal grande braciere cosmico nascerà un nuovo mondo. La leggenda ci comunica ancora un aspetto strano: quando il lupo Fenris sarà liberato dalle sue catene, aprirà talmente tanto le sue fauci che la sua mascella superiore raggiungerà il cielo e quella inferiore sarà piantata nella Terra: il suo fiato consumerà l’intero universo.

Conoscete tutti questo mondo di leggende. Studieremo il fondamento occulto di queste caratteristiche che abbiamo evocato. Nel contempo, ci ricorderemo del fatto che gli Asi, gli dèi ai quali appartengono Wotan, Tyr e Thor, si sono imposti, sono diventati le potenze che governano il mondo, dall’epoca in cui gli uomini della fine del periodo di Atlantide sono passati da uno stato di coscienza dotato dell’antica chiaroveggenza, che permetteva di accedere ancora al Mondo spirituale, ad uno stato post-atlantideo, nel quale accedevano solo al mondo sensibile, al mondo delle realtà visibili del piano esteriore, fisico.

ArcobalenoRicordiamoci ora che le pesanti masse di nebbia dell’antica Atlantide sono discese progressivamente, che il continente Atlantide è stato inondato da enormi masse d’acqua e che la realtà fisica è emersa poco a poco dall’aria che si purificava. Ricordiamoci che allora è nato quello che non era mai esistito prima, quello che poteva nascere solo quando sarebbero cadute le grandi piogge e che l’aria si sarebbe purificata: l’arcobaleno. L’arcobaleno è il fenomeno che gli uomini hanno visto per la prima volta con il declino di Atlantide. Mentre spariva l’antica chiaroveggenza degli uomini, questi hanno visto per la prima volta un arcobaleno alzarsi nel cielo, come un ponte fra loro e gli dèi: un pon­te che essi vedevano realmente, e le leggende non fanno che raccontare quello che è stato visto.

Ora, cosa hanno dunque perso gli uomini mentre avveniva tutto questo? Hanno perso quello che le acque della saggezza che una volta li circondavano davano loro. Quando le acque galleggiavano ancora nell’aria, esse comunicavano la saggezza agli uomini in un mormorío. Lo scorrere delle sorgenti, il bisbiglio del vento, lo sciabordío delle onde, tutto questo comunicava loro la saggezza. Il serpente MidgardGli uomini comprendevano quel linguaggio che per loro era quello delle entità spirituali e che si era poi come inabissato nel mare, nei fiumi. Tutto questo processo apparteneva ad un altro mondo spirituale di quello degli Asi; era un mondo che conteneva ancora le ultime vestigia che testimoniavano della provenienza spirituale dell’uomo. Tutto quello che aveva riempito l’aria affondava nel mare. La saggezza era affondata con le acque. Questo è un fatto reale. Per gli antenati della popolazione dell’Europa centrale, le acque che circondavano i continenti, delimitandoli, erano associate al serpente Midgard. Esso era il guardiano dell’antica saggezza sommersa, quella che gli uomini possedevano una volta e che ormai non possedevano piú. Bisognava che il potere di chiaroveggenza degli uomini sparisse. Gli dèi non avrebbero mai potuto regnare dall’esterno se gli uomini avessero mantenuto quel potere di chiaroveggenza. Il serpente Midgard, nato dalla potenza del fuoco, dovette essere precipitato nel mare.

L’ultimo discendente di quelle potenze del fuoco era Loki. Loki era il nemico degli dèi. Egli aveva dato agli uomini quella che era la loro ultima chiaroveggenza: il serpente Midgard, che era ormai incatenato. Ma Loki aveva donato ancora qualcos’altro agli uomini, proveniente ancora dagli inizi della razza umana che viveva nel fuoco della Lemuria, e che d’altronde non poteva svilupparsi che in Atlantide. Che cosa si è progressivamente formato quando l’uomo è passato dallo stadio della chiaroveggenza a quello dell’intelligenza? Il linguaggio! Ne abbiamo parlato spesso. Il linguaggio si è sviluppato progressivamente all’epoca atlantidea, mentre l’uomo imparava poco a poco a mantenersi eretto, e sarebbe diventato completo alla fine di quel periodo. Quando gli abitanti di Atlantide sono avanzati verso l’Est, con un’intelligenza ben sviluppata, il linguaggio era già elaborato. Ma finché quel linguaggio è restato quello degli abitanti di Atlantide, esso era omogeneo, basato anche sui rumori e i suoni della natura. Era come un’imitazione di quello che gli abitanti di Atlantide avevano percepito durante il periodo di chiaroveggenza e chiaroudienza: lo scrosciare delle sorgenti, il mormorio dei venti, lo stormire degli alberi, il rombo del tuono, lo sciabordío delle onde. Hanno trascritto questi rumori e suoni in quello che era il linguaggio degli abitanti di Atlantide.

Quello che si può chiamare differenziazione fra le diverse lingue e gli idiomi, fra gli elementi delle differenti lingue, si è organizzato e sviluppato durante il periodo post-atlantideo. L’antica lingua, derivata dagli elementi della natura, di quelle potenze alle quali Loki era cosí intimamente legato, dovette assumere altre forme quando gli Asi divennero dominatori e gli uomini si divisero in popoli e tribú. Dalla separazione degli uomini in razze, e dal combattimento fra quelle differenti razze, derivò quella che chiamiamo guerra. Per quale ragione ci si fa la guerra? Perché avviene? Il linguaggio aveva portato all’uomo qualcosa che gli permetteva di esteriorizzare i suoi piú intimi sentimenti. Dal punto di vista occulto, uno dei piú importanti progressi nell’evoluzione è il fatto che l’anima arrivi a far risuonare all’esterno i suoi dolori, le sue gioie e il suo piacere. Il linguaggio è articolato dall’interno; quando esso permette all’anima di esprimersi, esso rappresenta qualcosa che conferisce all’uomo una potenza dagli effetti considerevoli. Fenris e TyrQuesta potenza dovette essere vinta dagli Asi con la forza, altrimenti non avrebbero potuto regnare. Come hanno fatto gli Asi a sopprimere quell’antica lingua uniforme? Hanno fatto in modo che gli uomini si dividessero in differenti razze, e quindi in differenti lingue. Il lupo Fenris, una lingua indivisa, rappresentava una formidabile potenza. Affinché questa potenza non potesse dispiegarsi nel campo d’azione degli Asi, questi hanno domato il lupo Fenris, scindendo il linguaggio, diversificandolo, per poter dominare gli uomini. È cosí che hanno creato la guerra. Ma affinché gli Asi diventassero i padroni, era necessaria anche un’altra cosa. Il dio della guerra doveva mettere la sua mano nelle fauci del lupo Fenris, ed è per questo che l’ha persa. La mano di Tyr, dio della guerra, pren­de il posto della lingua nella gola del lupo Fenris. Si tratta della lingua umana che è all’origine dei di­versi linguaggi. L’or­gano della lingua del­l’uomo è dovuto na­scere sotto questa for­ma affinché potesse sparire l’antica lingua uniforme. Il profondo mito del lupo Fenris è il simbolo dell’individualizzazione delle lingue. Nei miti, ogni organo esprime in un modo o nel­l’altro l’influenza esteriore degli dèi. Qui si tratta della lingua, organo fisico, e, sul piano simbolico, del modo con il quale è resa l’evoluzione continua dell’umanità sul piano organico.

Mentre gli abitanti di Atlantide venivano progressivamente preparati per la futura epoca post-atlantidea, successe ancora un’altra cosa. Ai tempi di Atlantide, i diversi stati di coscienza dell’uomo erano del tutto differenti da quelli odierni. Abbiamo detto che c’era ancora un certo grado di chiaroveggenza. Il risultato era che l’Atlantideo non conosceva ancora la differenza fra il sonno e la veglia come noi la viviamo oggi. La grande differenza fra il sonno e la veglia è nata effettivamente solo all’epoca post-atlantidea. Questo stato di cose si è naturalmente preparato progressivamente, ma soltanto sotto forma di abbozzo di quella che sarebbe stata l’alternanza fra la veglia e il sonno durante l’epoca post-atlantidea.

L’abitante di Atlantide sognava di giorno e sognava di notte. I sogni notturni corrispondevano di piú alla realtà rispetto ai sogni dell’uomo di oggi. E i sogni diurni consistevano in una vera percezione del Mondo spirituale che circondava l’Atlantideo ai primi tempi di quell’epoca. L’im­portanza dei legami fra il corpo astrale e gli altri corpi si è veramente rivelata quando si è installata la stretta separazione tra la coscienza di veglia e lo stato di sonno interamente incosciente. Le malattie umane, nella loro attuale forma, hanno avuto il loro pieno significato solo nell’epoca post-atlantidea. Queste malattie non esistevano ancora durante i primi tempi di quel periodo. In seguito, le malattie che avevano gli uomini si sono sempre piú aggravate. Sapete tutti che il corpo astrale esercita una influenza riparatrice quando, durante il sonno, si trova all’esterno del corpo fisico. Ora, al tempo di Atlantide, il corpo astrale non era del tutto all’esterno, anche se in gran parte lo era molto di piú che nell’uomo attuale, e per questo fatto poteva esercitare sempre la sua azione curativa. È proprio a causa della penetrazione del corpo astrale in quello eterico e fisico che si sono costituite delle nuove condizioni fra corpo astrale, eterico e fisico, e che sono apparse le malattie che conosciamo oggi. Le malattie hanno visto crescere la loro importanza solo a partire dal momento in cui il corpo astrale non ha piú potuto agire sul corpo fisico durante il giorno.

La Dea HelAnche questo è espresso in un mito. Solo colui che cade sul campo di battaglia muore senza essere preda delle potenze infere. Fa ancora parte delle potenze superiori, e ha quindi diritto di salire verso gli dèi del Walhalla. Ma coloro che sono vittime delle potenze delle malattie, devono scendere verso Hel, che è metà bianca e metà nera, e che simboleggia chiaramente l’alternanza degli stati di coscienza del giorno e della notte. Per preservarsi, gli Asi ricevono solo coloro che possono unirsi al mondo astrale perché sono morti sul campo di battaglia, mentre gli altri devono scendere nei regni dell’inferno, dalla dea Hel. Questo è un aspetto essenziale della leggenda nordica, basato su fatti reali.

Ora, tutte le leggende che si basano sull’occultismo (e come si sa, tutte le grandi leggende provengono da scuole segrete) comportano sempre una parte di profezia. Troviamo qui anche un’allusione a un futuro stato dell’evolu­zione della Terra e dell’umanità. Il tempo durante il quale l’uomo può vedere solo il mondo sensoriale esterno, durerà solo un periodo. Egli si eleverà da se stesso fino alla visione che aveva all’origine. In un lontano passato era chiaroveggente, è stato forzato a scendere fino alla percezione fisica per diventare cosciente, e arriverà nuovamente alla percezione chiaroveggente. Questo coincide in modo notevole con l’insieme della costituzione dell’uomo. Sapete, vero, o almeno coloro che hanno seguito le precedenti conferenze sanno, che la leggenda fa allusione alla nascita del sistema nervoso e dunque alla facoltà di percepire le cose esterne come le percepisce l’attuale essere umano; questa facoltà risulta dalla penetrazione delle potenze divine attraverso le porte dei sensi. Ora, esiste al livello dei nostri sensi una differenza del tutto sorprendente che traspare di nuovo in modo grandioso nella leggenda. Se considerate il senso dell’udito, il suo organo è unico, localizzato nell’orecchio; se considerate il senso della vista, il suo organo è localizzato nell’occhio. Se prendete il senso dell’olfatto, il suo organo è situato nelle mucose nasali, quello del gusto è localizzato nella lingua e nel palato. Prendiamo adesso il senso del tatto, del calore: dov’è localizzato? Si estende su tutto il corpo. Si distingue totalmente dagli altri organi dei sensi, tutti localizzati in un posto preciso. Il senso con cui l’uomo percepisce il calore si distingue in modo singolare da tutti gli altri sensi.

Riprendiamo questa leggenda che dice che le potenze degli dèi penetrano attraverso i differenti organi sensoriali dell’uomo. Diciamo dunque: le potenze che vivono nel mondo di luce penetrano attraverso l’occhio e cosí di seguito. Ma le potenze che vivono nel calore, penetrando e vivificando ogni cosa, riempiono l’essere tutto intero. Quando l’essere umano è uscito dal seno della divinità, all’inizio del suo sviluppo, la situazione era completamente differente. Allora, l’essere umano non aveva ancora alcun senso di percezione del suo ambiente. Prima di tutto si è formato in lui quell’organo di sensazione particolare che si potrebbe a torto chiamare un occhio, quell’organo si è formato negli strati superiori del suo essere a partire dai raggi e dalle onde. Quell’organo era un prolungamento dell’uomo verso l’esterno. Oggi, sulla sommità del cranio del bambino, potete sentire ancora la parte cartilaginosa nel posto dove sporgeva quell’organo, che assomigliava a un’apertura, che permetteva il passaggio delle correnti.

Surtur

Surtur

Quell’organo era, a quei tempi, il senso localizzato del calore, che attualmente è esteso all’intero corpo. L’uomo possedeva quell’organo nell’antica Lemuria, terra del fuoco. Poteva servirsene: quell’organo gli indicava dove poteva an­dare, poteva sentire se la temperatura era sopportabile oppure no. Quell’organo è oggi atrofizzato e si chiama ghiandola pineale, o epifisi. In avvenire, quello che oggi copre l’intero corpo, apparirà metamorfizzato ed elevato a un livello superiore; sarà localizzato in un organo preciso e differente.

Questo fenomeno è tradotto nei miti dal fatto che Surtur regna nel regno del Sud, la Lemuria. Surtur rap­presenta la potenza del fuoco. Il mito evoca il modo in cui Surtur è posto sotto il dominio degli altri dèi, gli Asi, la potenza dei quali investe l’uomo tramite i differenti sensi chiaramente localizzati. Ma Surtur ritornerà e regnerà al posto degli Asi. L’uomo ritornerà alle potenze primordiali del fuoco e il senso del calore non sarà piú esteso all’insieme del corpo umano, ma nuovamente localizzato in un organo preciso. La leggenda traduce in modo meraviglioso una realtà di cui conosciamo i fatti grazie alla Scienza dello Spirito. Ma cosa ha conservato l’uomo di quell’arcaico mondo di fuoco, di quell’ambiente di calore e di fuoco che poteva percepire con i suoi antichi organi? Non si tratta di Surtur. Perché per far rivivere quel regno nel quale si trovava Surtur l’uomo ha bisogno del suo antico organo, quell’organo di sensibilità che era posto sulla sua testa come una lanterna. Il “rampollo” del­l’antico organo di sensibilità, che deve vivere il destino dell’insie­me del corpo fisico dell’uomo, che è strettamente e completamente legato al destino dell’uomo, è il figlio di Surtur: Loki. Loki è incatenato alla triplice roccia della testa, del busto e delle membra dell’uomo, cosicché non può muoversi ed è esposto ai tormenti e alle sofferenze umane.

Loki

Loki

Penetrate cosí ancor piú profondamente nel mondo della mitologia germanica che è di una profondità quasi insondabile. Per esempio, bisogna indagare molto per percepire di quale natura fosse l’entusiasmo che ha suscitato lo slancio creativo di un artista come Richard Wagner. Non si tratta di affermare che Richard Wagner avrebbe potuto, diciamo, descrivere in dettaglio delle leg­gende come lo fa l’occultismo. Ma le potenze spirituali che lo ispiravano, l’hanno guidato e hanno presieduto alla sua ispirazione artistica, in modo tale che la sua arte è diventata la piú bella espressione di quanto è alla radice dei miti. La proprietà di un’opera d’arte grandiosa è di velare quello che vi si nasconde: tutto si fonde nel suono e nelle parole. Richard Wagner ha un notevole istinto (per impiegare un’espressione piuttosto banale, a meno di chiamarla ispirazione artistica). È come se avesse avuto il dono di sentire il senso spirituale degli antichi linguaggi che salivano in lui. Era perfettamente aperto e sensibile ai linguaggi piú antichi, e questo gli ha permesso di non attenersi soltanto alla rima, che appartiene allo stadio posteriore del raziocinio, ma di scegliere lo stadio dell’evoluzione del linguaggio, che evoca lo stormire e lo sciabordío delle onde emergenti dalla nebbia dell’antica Atlantide: ha optato per l’allitterazione, che ripete sul piano sonoro, per colui che è sensibile, quello che si può chiamare la musica delle onde.

La leggenda germanica annuncia come una profezia che avverrà il crepuscolo degli dèi perché sono state fatte le guerre. I germi della futura caduta degli dèi sono nati dal fatto che Tyr ha perduto una mano nelle fauci del lupo Fenris. L’aspetto profetico della leggenda germanica del crepuscolo degli dèi fa allusione alla situazione futura, nella quale si troveranno gli uomini quando, non essendo piú separati dalle lingue, potranno nuovamente comprendersi. La leggenda ci dice che, dopo la migrazione verso l’Est della popolazione di Atlantide, in essa ci fu una divisione, una scissione. Solo le razze che derivavano dalla razza mongola e discendevano da Attila, o Atli, l’Atlantideo, hanno conservato qualcosa dell’antica Atlantide. Hanno conservato esclusivamente l’elemento vitale degli abitanti di Atlantide, mentre le altre razze rimaste in Europa si sono sviluppate a partire dalla divisione dell’antica comunità  legata dal vincolo di sangue e si sono mutualmente distrutte nelle lotte fra le differenti razze. Dunque, i popoli dell’Ovest vivevano sempre in guerre o in conflitti. Non potevano certo sostenere l’assalto dell’elemento mongolo che aveva conservato le basi vitali degli antichi abitanti di Atlantide. L’avanzata di Attila non è frenata dalle tribú germaniche. In effetti, queste diverse tribú non sono in grado d’imporsi ad Attila, che ha saputo preservare uno spirito ancestrale e forte, simile ad una specie di monoteismo. Le popolazioni, le razze limitate, che gli si sono opposte, non hanno potuto fermarlo. Uno dei passaggi molto particolari della leggenda è quello in cui Attila è costretto a tornare indietro quando incontra qualcosa che va al di là dei vincoli di sangue, il cristianesimo, simboleggiato dal papa di allora.

Raffaello «L’incontro fra papa Leone Magno e Attila»

Raffaello «Incontro di Leone Magno con Attila» – Stanze Vaticane

Attila vede in quel momento le potenze spirituali che un giorno riuniranno gli uomini, ed è davanti ad esse che s’inchina l’Iniziato del paese degli abitanti di Atlantide. Il cristianesimo è la tappa preparatoria a quello stadio dell’umanità nel quale Surtur riapparirà e porterà la pace nel mondo, qualsiasi siano le differenze etniche fra gli uomini. Il cristianesimo è cosí apparso agli occhi degli uomini di quell’epoca come premessa del crepuscolo degli dèi e del ritorno alle antiche epoche, quando gli uomini non erano ancora disuniti, divisi, separati dalle guerre.

Cosí si comprendeva il cristianesimo, soprattutto nei primissimi secoli in cui esso si è propagato; non era il cristianesimo diffuso da Roma, ma quello che arrivava da Nord e da Ovest tramite le società segrete cristiane d’Inghilterra, d’Irlanda e piú tardi di Francia; e queste società erano del tutto indipendenti dal potere temporale di Roma. È stato Winfried, Bonifacio, che per primo è uscito dai ranghi dei discepoli delle scuole segrete d’Occidente e ha fatto la pace con Roma. È da quel momento che il cristianesimo ha potuto prendere progressivamente l’aspetto specifico della Chiesa cristiana romana.

Vediamo dunque quali potenze sono intervenute nella propagazione del cristianesimo, a partire dal ricordo di un’epoca passata e come annuncio profetico di un futuro ancora lontano. Nel cristianesimo dell’Europa centrale è apparso per primo il grado di sensibilità che avevano allora i discepoli delle scuole segrete, che sottintendeva tutta la loro percezione, ed è questo fondo di sensibilità che è stato insegnato e arricchito tramite le scuole segrete.

Ci fermeremo un istante a questo stadio dello sviluppo spirituale dell’Europa centrale e ci rappresenteremo quella che era la sua situazione a quel tempo, quando l’antico mondo degli dèi, descritto nelle leggende germaniche, scivolava poco a poco in un crepuscolo suscitato dal mondo religioso del cristianesimo. L’ascesa del cristianesimo era sentita come un presagio dell’immenso crepuscolo degli dèi, quel crepuscolo che un giorno avrebbe spazzato via la potenza delle divinità arcaiche. Il cristianesimo è all’origine dell’indebolimento dell’antico mondo degli dèi, del declino delle divinità arcaiche del crepuscolo degli dèi, che concretizzerà in una forma ben reale quello che il cristianesimo ha introdotto soltanto sotto forma di credenze. Ecco quello che era sentito.

Cerchiamo adesso di immaginare lo stato d’animo che regnava allora. I popoli dei Goti, dei Franchi ecc. dovevano tutti subire da una parte l’impronta delle orde mongole del re degli Unni, Attila, e dall’altra l’influenza del cristianesimo che si propagava poco a poco. Quei popoli erano divisi a causa degli avvenimenti che ho descritto; parlavano lingue differenti e si erano dissociati gli uni dagli altri. In effetti, si è mantenuta veramente solo una di quelle razze, quella dei Franchi, che è rimasta sia per nome che per importanza. Che ricordo abbiamo ancora di tutte quelle tribú che hanno percorso il continente europeo, di là dalla loro storia: i Longobardi, i Visigoti, gli Ostrogoti, i Cherusci, gli Eruli ecc.? La tribú dei Franchi ha in effetti riportato la vittoria sulle altre tribú. Ma cosa si poteva sentire in seno a quelle tribú che si trovavano allora sulla via del declino e dell’estinzione? La sensibilità a quelle impressioni era la piú vivace proprio nelle scuole segrete e nei saggi di quelle tribú in declino.

ElfoEsaminiamo la tribú dei Visigoti. Dopo essere andati molto lontano verso l’Est, si erano installati nel Nord della Spagna e nel Sud della Francia. La spinta verso l’Ovest fu in effetti, come sapete, solo per trovare un rifugio. Le capacità che possedevano erano delle reminiscenze dell’antica epoca di Atlantide. Quando quelle tribú erano migrate dall’Est verso l’Ovest, nel corso della loro migrazione avevano perduto le loro antiche facoltà, ma sussisteva in loro una certa chiaroveggenza, come un’eco di quelle antiche facoltà. Gli esseri umani non erano piú del tutto veggenti, ma in certi periodi potevano ancora penetrare con lo sguardo nei mondi spirituali. Questa particolarità era spesso sentita come qualcosa di sconosciuto, di opprimente, come un incubo, da cui il nome di “elfo” (n.d.t. in tedesco Alp = elfo, Alptraum = incubo). Cos’è un elfo? Si tratta di un essere astrale di cui si sentiva la presenza, ma non si sapeva piú bene chi fosse, mentre era conosciuto nei periodi di Atlantide, quando la percezione era chiaroveggente. Quell’elfo appariva ormai come un intruso nel mondo, come Truth, di cui abbiamo parlato in precedenza. Alcuni lo sentivano tuttavia come uno sguardo del mondo astrale superiore che penetrava nel mondo fisico. In certe tribú, che non potevano adattarsi alle nuove condizioni, “quando l’elfo veniva e opprimeva”, si poteva penetrare con lo sguardo nei mondi superiori.

In tutti i popoli, specialmente nei Goti, ma anche nei Burgundi e nelle altre razze germaniche, c’erano degli individui (che si consideravano in relazione con le potenze divine) che potevano resistere a questi stati eccezionali, ed erano in grado di interpretarli come un’irruzione del mondo astrale in quello fisico. Ed è il caso di Alfardo, re dei Goti, al quale è fatta allusione durante il periodo in cui i Goti hanno abitato il Sud della Francia. Era re d’Aquitania e regnava quando Attila intraprese la marcia d’Est ad Ovest. Il figlio di Alfardo era il leggendario Walter del poema latino Waltharius. Questi fatti ci presentano il passaggio dall’epoca nella quale gli uomini, grazie ai loro avi, avevano ancora qualche nozione delle antiche attitudini e dei legami che univano una volta le razze. Gli avi sapevano quali erano i legami fra i popoli; per questa ragione il padre di Walter, Alfardo, aveva parlato da lungo tempo con il re dei Burgundi, la cui figlia Ildegonda doveva diventare la sposa di Walter, per colmare il pericoloso solco che si scavava fra i popoli. Ma le differenti razze non erano in grado di resistere agli attacchi degli Unni, che possedevano ancora quelle antiche forze vitali che essi invece avevano perduto. Per questa ragione dovettero andare alla corte del re degli Unni, Attila, o Atli, i seguenti ostaggi: Walter, figlio di Alfardo, Ildegonda, figlia del re dei Burgundi e, in qualità di ostaggio della corte dei Franchi, Hagen di Tronje. Per il fatto che Gunther, figlio del re dei Franchi Gibich non poteva essere dato in ostaggio, è inviato Hagen, discendente del popolo dei Tronje. Non è necessario continuare il racconto del poema Waltharius.

Alla corte del re Attila gli ostaggi si distinguevano per il loro comportamento di valorosi eroi, ma una cosa era loro impossibile: potevano certo conquistare quello che fa di un essere umano un Io, ma non erano in grado di appropriarsi di quello che appaga l’Io, questo era per loro impossibile. Ciascuno faceva del suo meglio al proprio posto, comportandosi da valorosi eroi anche in un paese nemico, alla corte di Attila. Ma quando Gunther prese il potere nel regno dei Franchi e non intrattenne piú dei rapporti di amicizia con Attila, gli ostaggi non poterono piú conservare la loro posizione e dovettero fuggire. Successe allora una cosa del tutto straordinaria. Esiste una versione piú antica di questi fatti, in cui Walter, dopo essere fuggito con Ildegonda, lotta contro gli Unni lanciati al loro inseguimento. Questa versione proviene dal paese dei Franchi. Esiste una versione ancora piú antica, di cui si è parlato ieri e che è nata in un contesto puramente cristiano: è stata composta nel X secolo da Ekkehard Primo, monaco del convento di San Gallo. Le due versioni presentano delle profonde divergenze. La versione piú antica, proveniente dal regno dei Franchi, deriva da racconti influenzati dalla corrente nella quale vive ancora il cristianesimo iniziale sotto forma di corrente occulta, e il cui insegnamento è il seguente: volgetevi verso le nuove percezioni e supererete quello che in voi è ancora sotto forma di un principio antico, incarnato negli Unni.

Hagen von TronjeSolo qualcuno appartenente al regno dei Franchi poteva avere interesse a presentare i fatti cosí. Ma questo non era il caso per colui che dal suo chiostro di San Gallo interpretava la leggenda per presentarla ai cristiani. Il suo obiettivo era differente. Il suo messaggio era il seguente: se persistete a restare nelle antiche condizioni, vi esaurirete. Mostrava sotto forma di immagini come gli umani rischiavano di consumarsi. Ed effettivamente non erano piú gli Unni ad essere la causa del loro indebolimento. Quando Walter ritorna con Ildegonda nel paese di sua moglie, è Gunther stesso che li affronta con Hagen di Tronje. Sono dunque i tre rappresentanti dei popoli germanici che si combattono, al punto che sul campo di battaglia il primo perde una gamba, il secondo un occhio e il terzo una mano. Walter ha la mano tagliata, Gunther perde una gamba e Hagen un occhio. Colui che ha scritto la leggenda in questo modo sapeva benissimo per quale ragione era proprio il discendente di Alfardo ad avere la mano tagliata. Ne faceva il rappresentante della discordia fra i popoli e le razze. Quella mano tagliata ricorda quello che avvenne a Tyr, il dio della guerra. Quando dei popoli entrano in conflitto, l’istigatore perde la sua mano.

J.H. Ramberg «Götz von Berlichingen»

J.H. Ramberg «Götz von Berlichingen»

Questo principio perdura fino a Götz von Berlichingen, che anche lui ha perso una mano. È lo stesso tratto caratteristico che si ritrova nel mito germanico. Ekkehard voleva dunque dire al suo pubblico: se restate attaccati al vostro vecchio modo di vedere le cose, vi distruggerete l’un l’altro perché la discordia è tra voi. Ciò che può unirvi è lo spirito del cristianesimo. Pone davanti alla loro anima l’immagine che deve suscitare in loro l’orrore. Questa era l’intenzione cristiana che animava Ekkehard.

Bisogna guardarsi dal fare speculazioni o aggiunte a proposito di questo poema di Waltharius. I differenti dettagli: occhio perso, mano tranciata, gamba tagliata e altri particolari di tal genere, sono come una reminiscenza della base e la forma della leggenda, che rivivono ogni volta che è giudicato necessario. Giustamente è stato detto ieri che colui che ha scritto questo poema Waltarius era un Iniziato. Ma bisogna anche sottolineare il fatto che si trattava di un Iniziato cristiano che cercava di presentare agli uomini un insegnamento cristiano ben preciso.

Vediamo dunque come la Scienza dello Spirito ci chiarisca i fenomeni propri alla vita spirituale dell’essere umano, e come essa faccia luce in campi che la filologia attuale non padroneggia affatto. E se stamattina avete visto in che modo la Scienza dello Spirito può intervenire nel campo della vita quotidiana, se inoltre tenete conto di quanto è stato ora descritto, avete allora delle prove tangibili che le realtà spirituali nascondono dell’autentica verità che si può far scendere dai mondi spirituali. Il nostro mondo ha bisogno nuovamente di un simile approfondimento. Ma vedete anche come dobbiamo lavorare e comprendete che non è certo un’agitazione esterna che potrà guidare il movimento scientifico-spirituale mondiale sulla giusta via. Quando ci si presenta davanti al pubblico unicamente con dei dogmi che si vorrebbero spiegare, esso ha tutto il diritto di dirci che si tratta solo di frottole. Soltanto chi s’immerge profondamente in quanto offre il movimento scientifico-spirituale e ne penetra la materia in tutti i suoi aspetti, comprenderà poco a poco le verità della Scienza dello Spirito. Non c’è niente di strano che i partigiani delle correnti materialiste trovino insensati i nostri propositi. Come potrebbe essere altrimenti? E come potremmo cullarci nell’illusione che la Scienza dello Spirito sia qualcosa che può diffondersi con una propaganda esteriore, come è il caso per il monoteismo ammesso comunemente? È solo con un lavoro costruttivo, con la diffusione che potremo dare ai suoi insegnamenti, che faremo in modo che ci si familiarizzi con la Scienza dello Spirito. Anche se è a prezzo di nuovi e numerosi insucces­si, non dobbiamo lasciarci frenare né distrarre. Per questo la Scienza dello Spirito deve essere un luogo nel seno del quale si agisce in modo spiritualistico. La Società in sé non deve mai essere o diventare la cosa principale; la cosa principale deve essere la nostra stessa Scienza dello Spirito. Forse, per riprendere la definizione di Nietzsche che avete certamente già inteso, la Società non sarà che “un ponte”, “un passaggio verso qualcosa di superiore”, verso una libera corrente scientifico-spirituale su scala mondiale. Ma per il momento abbiamo bisogno di questo posto, a partire dal quale possiamo operare e senza il quale non potremmo far circolare la Scienza dello Spirito attraverso il mondo. Ma dobbiamo far nostra questa concezione libera che distingue l’uomo e la causa e pone la causa piú in alto di ogni altra istituzione derivata da una disposizione esterna.

Eccoci arrivati alla fine del programma del nostro incontro.

 

Rudolf Steiner


Dalle annotazioni di uditori presenti alla conferenza di Rudolf Steiner.

Berlino, 21 ottobre 1907 sera ‒ O.O. N° 101. Traduzione di Angiola Lagarde.