L’archetipo Anno III n. 2, Dicembre 1997

Poesia

In te pacificato il caos riordina
le scomposte sue forze, costringendole
entro schemi di arcane geometrie:
irradiano dal nucleo le energie
disciplinate in armoniose forme
ampia luce repressa, rievocando,
al gioco di fuggenti prospettive
e rifratti segmenti, la vertigine
di spazi siderali. Quei portenti
si fanno gemma per la nostra sete
di cose inarrivabili. Secreto
degli ardori magmatici, il tuo fuoco
si rapprende con palpiti di ghiaccio
nel prisma che ripete ad ogni raggio
tangente la tua rara simmetria,
le incredibili iridi, memoria
di antica pace tra la terra e il cielo.
Sublimata materia in trasparenza
libera da ogni scoria, rifrangenza
di compiute catarsi planetarie,
geloso tabernacolo e rifugio
d’alti amori che la natura chiuse,
perché fossero eterni, in un mistero
di assoluta, intangibile purezza.
Se i miei occhi ti guardano, mi invade
un fiume di serena infinità.

Fulvio Di Lieto

Noi scorgiamo nelle infinite e svariate forme dei cristalli la manifestazione in grande pienezza di entità che esplicano la loro vita nei cristalli in forma matematico-spaziale.
Nei cristalli vediamo gli dèi.

Rudolf Steiner

(Disegno alla lavagna di R. Steiner riportato su Uomo e cosmo, Editrice Antroposofica, Milano 1996, dalla conferenza tenuta a Torquay il 13 agosto 1924, in Coscienza d’Iniziato, Tilopa, Roma)

 

La statua della dea di Sais in Egitto:
«Io sono quella che era e sarà.
Nessun mortale
sollevò ancora il mio velo».

Novalis, Paralypomena:
«Ad uno riuscí – sollevò il velo
della dea di Sais,
ma che cosa vide?
– oh, miracolo del miracolo! –
se stesso!

Novalis, I discepoli di Sais:
«E se nessun mortale
– come annunzia quell’iscrizione –
solleverà il velo,
noi dobbiamo cercare
di divenire immortali;
chi non vuole sollevarlo,
non è un vero discepolo di Sais!»

Leonardo da Vinci, Anatomia:
«E l’uomo è il modello
di tutto il mondo».

L’uomo è un microcosmo, il suo organismo un’immagine del grande organismo del mondo, del macrocosmo. Chi vuole conoscere ciò che realmente distingue l’uomo vivente dal cadavere umano, deve considerare l’organismo vivente - oltre che come una unità chiusa - anche, anzitutto, come in esso realizzano la loro vita le medesime forze plasmatrici eteriche le quali producono anche i processi organici ed i fenomeni della vita nel cosmo, che è fuori dell’uomo; deve anzitutto riconoscere il rapporto reciproco intimo tra i grandi ritmi del mondo eterico e il mondo interno dell’uomo; deve in fine riconoscere come l’architettura vivente cosmica con cui queste forze plasmatrici attuarono l’evoluzione del macrocosmo, il formarsi ed il conservarsi dell’organismo della terra, è giunta finalmente, coll’architettura dell’organi-smo umano, ad un grado di perfezione che non soltanto plasma e mantiene l’uomo in armonia col processo microcosmico, ma tende in lui costantemente ad una elevazione maggiore di ciò che è stato acquistato attraverso l’evoluzione precedente.

Günther Wachsmuth

(G. Wachsmuth, Le forze plasmatrici eteriche, Atanor, Todi 1929)


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