L'Archetipo Anno III n. 10, Agosto 1998

SITI E MITI

DELFI

Il tesoro degli Ateniesi

L'antica città della Grecia ai piedi del monte Parnaso ospitava uno dei luoghi di culto piú eccelsi dell'età classica, noto per la sacralità prima e la munificenza poi, dei suoi templi dedicati ad Apollo. Questi ispirava la "Pitonessa", o Pizia, che dall'alto di una roccia pronunciava in versi i suoi vaticini. Il grande tempio di Delfi, che ebbe il suo massimo splendore dal VII al IV secolo a.C., richiamava moltitudini di pellegrini, che giungevano da ogni luogo per consultare l'oracolo, ottenendo spesso risposte sibilline di difficile interpretazione. Ma anche solo l'aver accostato la mano alle ciclopiche pietre istoriate del basamento, l'essersi bagnato alla sacra fonte Castalia, l'aver varcato la soglia dominata dall'iscrizione "Conosci te stesso", rigenerava il visitatore ritemprandolo in corpo, anima e spirito.
Occorrono particolari attributi perché un luogo venga scelto nel tempo per divenire sacro, carico di valenze misteriche e fatali, capace di effondere negli uomini che lo frequentano devozione, santità, sublimazione e aneliti di trascendenza. Tali attributi Delfi li possedeva in massimo grado piú che altri luoghi sacri dell'antichità: vapori e miasmi emananti da fessure del suolo, atti a instaurare in chi li respirava trance e deliri divinatori; caverne profonde spesso precipitanti a inghiottitoio nelle viscere della terra, veri e propri cordoni di collegamento tra la realtà esteriore e quella metafisica; infine l'acqua, ruscellante a cascate e ramificazioni cristalline o schiumosa lungo i pendii boschivi, o gorgogliante da polle raccolte in vasche naturali che essa stessa, con un lavorío millenario, aveva ricavato nel corpo calcareo della montagna sacra.

La fonte Castalia

Questo incessante scorrere di acque purificanti è tuttora visibile nelle concrezioni pietrificate di cui è irretita la roccia sovrastante il tempio e gli edifici dei tesori delle varie città elleniche.
In questo luogo di elezione misterica la mitologia greca ha ambientato uno dei suoi drammi esoterici piú importanti, esprimendolo con elementi allegorici di ben piú ampi contenuti che quelli puramente letterari. Qui, riporta il racconto leggendario, il dio solare Apollo, per vendicare la madre Leto fatta perseguitare da Hera per mezzo del serpente Pitone, inseguí quest'ultimo, lo raggiunse sulla cima del monte e lo colpí con una freccia. Il Pitone, ferito, si rifugiò nelle grotte dei miasmi divinatori, ponendosi sotto la protezione della Grande Madre, alla quale il primitivo tempio oracolare era dedicato. Ma Apollo, violando la sacralità del sito, uccise il Pitone e si insediò da allora al posto delle divinità antiche. Dovette però comunque emendarsi di quell'atto di lesa divinità lavandosi nelle acque della fonte Castalia, sgorganti a pochi passi dalla cavità oracolare. L'abluzione del dio instaurò quindi una liturgia di purificazione, di espiazione e di riconciliazione con il divino, trasposta in seguito per consuetudine nel rito di espiazione verso la divinità e di riconciliazione tra umani, in ossequio al quale le città elleniche convenivano a Delfi per dirimere le controversie, rinnovare accordi, perdonarsi vicendevolmente torti e usurpazioni territoriali. Nessuno poteva lasciare il tèmeno del dio solare senza essersi prima rappacificato col nemico.
L'allegoria della vicenda mitologica è chiara: le divinità lunari luciferiche legate al sortilegio e alla magia furono esautorate dal dio solare, da Febo "lo splendente", l'armonioso cantore, il suonatore di lira, frequentatore delle nove Muse che, dirimpettaie abitatrici del monte Elicona, amavano fargli visita e insieme a lui irradiare intorno le assonanze celesti di cui l'uomo può impregnarsi la mente e il cuore solo che voglia e sappia tacitare le passioni materiali, le cupidigie, i timori panici dell'alienazione e della morte.
Delfi è dunque punto nodale della transizione dalle dottrine umbratili e nebbiose dei primordi arcaici alla religione solare svincolata da ogni condizionamento infero e ctonio.
L'uomo da allora si avvia ad accogliere l'incarnazione del piú elevato Spirito del Sole, il Cristo, dal quale apprenderà di essere egli stesso tempio della divinità e artefice della propria realizzazione salvifica.
Torna al sommario