L'Archetipo Anno III n. 6, Aprile 1998

Pittura

LA MINIATURA INDIANA

I primi esempi di miniatura indiana risalgono al XIII secolo e sono di ispirazione essenzialmente religiosa. Codici e manoscritti miniati dell'arte jainista, nel Rajasthan, rappresentano episodi della vita di Siddharta, il futuro Buddha. Il virtuosismo, piú che la perfezione artistica, connota queste opere le quali, oltre al Sakyamuni, celebravano Mahavira, considerato il fondatore della dottrina jainista. Lo stile generale si esprime in termini lineari e asciutti, con una marcata tendenza alla maniera e a una ingenua ripetitività delle figurazioni e dei simboli.
Per incontrare la pittura indiana di piú vasto respiro e di piú matura espressione occorre giungere alla scuola di Malwa, intorno al XVI secolo, nell'India centrale, con opere dall'acceso cromatismo e vivacità di movimenti, ma soprattutto occorre arrivare al XVIII secolo, con la fioritura della Scuola Pahari al Nord del Paese.
Le miniature prodotte da questo centro artistico riprendevano temi e personaggi del leggendario indú, soprattutto le storie di Krishna, una delle manifestazioni di Vishnu. Ricorrenti sono le scene pastorali, nelle quali il "dio blu" è spesso raffigurato in compagnia di Radha, la sua prediletta gopi (ninfa dei boschi), o gli episodi della vita di corte dei maharaja e le battute di caccia.
Culla di elezione di quest'arte raffinatissima fu la valle di Kangra, ai piedi dell'Himalaya. I centri piú importanti che diedero vita alla Scuola Pahari, attiva fino agli inizi del XIX secolo, oltre a Kangra, furono Guler, Basholi, Chamba, Nurpur e Bilaspur.
Caratteristica delle opere realizzate dagli artisti di questa corrente sono l'estremo lirismo, la precisione del tratto e il delicato cromatismo. Le miniature rappresentano inoltre documenti di grande interesse sociologico, in quanto ci forniscono uno spaccato degli usi e dei costumi dell'epoca, cosí come la configurazione degli ambienti e delle strutture urbane.


Krishna era un asceta, che dal fondo della sua solitudine aveva sentito, sin dall'infanzia, un amore immenso della vita e della bellezza, non per desiderio ma per simpatia. Egli non condannò la vita alla sua sorgente, come avrebbe fatto Buddha, ma la benedisse come il cammino della salvezza che conduce l'anima alla coscienza e alla perfezione, all'anima mostrando in prospettiva la sua possibile liberazione e trasfigurazione. ...Krishna insegnò dunque insieme l'amore della vita nelle sue forme multiple, della vita che è la discesa dell'Anima universale nella materia, la sua involuzione in tutti gli esseri, e l'amore di Dio che è l'evoluzione umana di quest'anima individualizzata, la risalita alla sua origine. Ne dava i mezzi: l'amore, la bontà, la misericordia, la conoscenza e la fede; infine l'identificazione completa del pensiero e dell'essere con il suo principio Atman, lo spirito divino.
A questa concezione dell'universo ...Krishna aggiunse una innovazione d'importanza capitale e di conseguenze incalcolabili: la glorificazione del principio dell'Eterno Femminino e della Donna. Cosí, la Donna fu glorificata ...come il modello del Divino sulla Terra, e con essa l'Amore. Concepito nell'etere himalayano, l'Amore discese come un profumo inebriante nelle brucianti pianure per insinuarsi nel cuore degli uomini e delle donne, per effondersi nella poesia e nella vita, simile al polline del loto che i cigni portano sulle ali nei loro giorni d'amore e che va a fecondare le azzurre ninfee lungo i fiumi.

Édouard Schuré, Evoluzione divina. Dagli antichi ai nuovi misteri, Tilopa, Roma 1983

Krishna intreccia i capelli di Radha

Miniatura Kangra


Il trasfigurativo di Sagramora


Torna al sommario