Dal capitolo dedicato alla Tripartizione
dell'organismo sociale del recente libro di Argo Villella Quale
capitalismo? stralciamo alcune pagine, rimandando il lettore
che desideri approfondire l'importante problema alla lettura integrale
del libro.
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Rudolf Steiner ha formulato una proposta di soluzione
della questione sociale, alla quale ha dato il nome di «Dreigliederung»:
Tripartizione dell'organismo sociale. La traduzione del termine tedesco
in «Tripartizione» forse non è perfetta, non essendovi
una parola corrispettiva in italiano, ma è la piú vicina
al suo significato essenziale.
Può meravigliare un impegno in questa direzione da parte di una
personalità conosciuta generalmente per i suoi insegnamenti esoterici
che, in virtú della loro profondità, della loro delicatezza
e dello sforzo di apprendimento senza pregiudizi richiesto, hanno dato
luogo talvolta a confusioni, a interpretazioni schematiche superficiali
e astratte, a dottrinarismi e settarismi assolutamente fuori posto e naturalmente
a stati d'animo di cieca avversione. Non si deve trascurare però
la sua vasta e fondamentale opera di pensiero, non solo di penetrazione
in una nuova luce di tutta la filosofia e delle diverse scienze, ma di
costruzione di un indirizzo gnoseologico fondato, come si è accennato
piú volte, sulla realizzazione del pensare vivente, aprendo il varco
ad una reale dimensione spirituale nell'esperienza caratterizzante l'uomo
moderno: la razionalità. Fa riflettere che G. Papini si premurò
di far pubblicare le sue opere dall'editore Carabba e che B. Croce, dopo
averlo incontrato ad un congresso di filosofia a Bologna, gli aperse le
porte di Laterza.
Va posto in risalto, per prima cosa, che la separazione dell'organismo
sociale nelle sue tre principali espressioni: spirituale-culturale, giuridica
ed economica, risponde concretamente alla realtà. Questa articolazione
infatti non è qualcosa di artificioso, non rappresenta il tentativo
di forzare le diverse componenti della società entro spazi concepiti
aprioristicamente; piuttosto è il prendere coscienza che ogni convivenza
sociale si fonda sempre sul contributo di fattori provenienti, nelle loro
linee essenziali, da tre direzioni diverse.
Il medico, il notaio, l'impiegato al catasto, non solo ricevono dal sarto
e dal fornaio quanto è necessario per coprirsi e nutrirsi, ma possono
esercitare le loro funzioni nella misura in cui si riferiscono alla peculiarità
del loro settore – nessuno paragonerà un gilè ad un test
di gravidanza – e in proporzione al disimpegno raggiunto rispetto alle
interferenze di attività estranee ai loro compiti. Non si può
negare che le facoltà e le organizzazioni richieste dalle attività
economiche, esaudendo particolari esigenze di vita e richiedendo per questo
particolari ideazioni, siano ben diverse dalle istituzioni giuridico-amministrative
riferite invece a princípi legislativi, ad atti esecutivi, in sostanza
ad un senso del giusto ed alla tutela dell'individuo, che non hanno nulla
a che vedere con le questioni del trasporto dei pomodori al mercato. Tanto
meno si può sostenere che una scultura possa essere creata per decreto
legge e che sia sufficiente il desiderio del guadagno per far nascere un
grande artista. Una tale dote germoglia liberamente nell'interiorità
dell'uomo e trova la sua naturale rispondenza negli aspetti spirituali
e culturali della società, ai quali tutto sommato attengono anche
oggi, se pur con difficoltà e anomalie, gli indirizzi educativi,
il fiorire delle diverse doti. Aspetti non paragonabili certo alle variazioni
del prezzo di una qualsiasi merce ed al rapporto fra diritti e doveri necessario
per l'equilibrio di ogni comunità. Di conseguenza ogni ostacolo
all'attuazione di questa realtà, ogni prevaricazione di un settore
su un altro, ogni intromissione, non possono che mortificare e alterare
le tre espressioni sociali fondamentali, anche quella dominante sulle altre,
sino a richiamare le forze negative piú virulente. Mentre la Tripartizione
dell'organismo sociale può offrire l'opportunità alle forze
piú positive, già presenti in potenza nella società
ed alle quali si deve anche oggi un minimo di equilibrio, di manifestarsi
nella loro pienezza.
Un assetto sociale dunque non costretto al servizio o di una classe, o
dello Stato anonimo, o di una particolare rigida concezione. Non una contrapposizione
di poteri oscillante fra il conflitto ed un precario equilibrio. Piuttosto
una configurazione della società tendente a far assumere ad ogni
uomo le proprie responsabilità, ben al di là di una astratta
partecipazione. L'opportunità quindi di operare nell'ambiente sociale
in cui lo hanno collocato il suo destino e le sue doti, senza ingerenze
di fattori estranei non in sintonia con quella determinata realtà.
La possibilità di una collaborazione piú diretta, quindi
piú concreta, con persone operanti nello stesso spazio senza che
poteri provenienti dal di fuori impongano le scelte, i comportamenti, le
carriere; tutto questo stimola nell'uomo le sue forze migliori, facilita
la sua collocazione al giusto posto, agevola la sua fattività, la
sua donazione, pur dovendo fare i conti ancora per molto tempo con le sue
difficoltà interiori ed esteriori, con le sue contraddizioni.
Il risanamento di una società non può che conseguire ad una
rivitalizzazione all'interno di ciascuno dei tre settori, facenti appello
alle loro forze intrinseche, piuttosto che ad un progetto centralistico
o a modelli di decentralizzazione standardizzati, mortificando di fatto
l'apporto delle singole individualità. Tripartizione dell'organismo
sociale non significa però un fossato invalicabile fra le diverse
parti. Ogni questione sociale ha aspetti economici, giuridici, spirituali.
Solo se essi sono stati prima affrontati all'interno del settore a cui
appartengono per ciò che li compete e quindi con probabilità
maggiori di pervenire a risultati positivi, potranno poi essere concretamente
coordinati fra loro sino a donare una soluzione globale.
Il problema della collocazione del capitale nella società, l'esprimersi
in pieno della sua funzione sociale a vantaggio della collettività,
non possono essere risolti privilegiando solo gli aspetti economici, o
imponendo una determinata politica e leggi che non tengono conto della
realtà, oppure proponendosi di piegare gli imprenditori ad una particolare
teoria o ad una ideologia. Il capitale è prima di tutto il frutto
di una dimensione spirituale; per operare senza ingiustizie deve rispondere
a leggi chiare capaci di tutelare sia chi stabilisce rapporti con esso
sia le stesse aziende; infine è rivolto verso l'accumulazione e
la produttività. Se prima una libera vita spirituale avrà
fecondato le doti imprenditoriali, se lo Stato sarà capace di darsi
un ferreo senso del giusto e di tradurlo in leggi efficaci, se le attività
economiche sapranno muoversi efficacemente nel loro spazio, allora, ogni
qual volta sarà necessario, i contributi provenienti dai diversi
settori potranno efficacemente coordinarsi al fine di penetrare e risolvere
i problemi del singolo e della società posti in risalto dall'operare
del capitale.
A. Villella, Quale capitalismo?,
Liguori, Roma 1997
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L'occultismo cristiano risale in gran
parte ai Manichei, la cui tradizione è rimasta vivente. Il suo fondatore
Mani visse nel terzo secolo dopo Cristo. Il punto centrale della dottrina
manichea è il principio del bene e del male. Per la concezione corrente
il bene e il male sono due principi assoluti, inconciliabili e contrapposti
fra loro, ognuno dei quali esclude l'altro. Nella concezione manichea il
male è invece una parte integrante del cosmo, collabora alla sua
evoluzione e alla fine sarà assorbito e trasformato dal bene. I
Manichei ebbero la singolare missione di studiare il senso del bene e del
male, del piacere e del dolore nel mondo.
R. Steiner, I Manichei,
Ed. Antroposofica, Milano 1995
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