L'Archetipo Anno III n. 4, Febbraio 1998

Tripartizione

Dal capitolo dedicato alla Tripartizione dell'organismo sociale del recente libro di Argo Villella Quale capitalismo? stralciamo alcune pagine, rimandando il lettore che desideri approfondire l'importante problema alla lettura integrale del libro.
Rudolf Steiner ha formulato una proposta di soluzione della questione sociale, alla quale ha dato il nome di «Dreigliederung»: Tripartizione dell'organismo sociale. La traduzione del termine tedesco in «Tripartizione» forse non è perfetta, non essendovi una parola corrispettiva in italiano, ma è la piú vicina al suo significato essenziale.
Può meravigliare un impegno in questa direzione da parte di una personalità conosciuta generalmente per i suoi insegnamenti esoterici che, in virtú della loro profondità, della loro delicatezza e dello sforzo di apprendimento senza pregiudizi richiesto, hanno dato luogo talvolta a confusioni, a interpretazioni schematiche superficiali e astratte, a dottrinarismi e settarismi assolutamente fuori posto e naturalmente a stati d'animo di cieca avversione. Non si deve trascurare però la sua vasta e fondamentale opera di pensiero, non solo di penetrazione in una nuova luce di tutta la filosofia e delle diverse scienze, ma di costruzione di un indirizzo gnoseologico fondato, come si è accennato piú volte, sulla realizzazione del pensare vivente, aprendo il varco ad una reale dimensione spirituale nell'esperienza caratterizzante l'uomo moderno: la razionalità. Fa riflettere che G. Papini si premurò di far pubblicare le sue opere dall'editore Carabba e che B. Croce, dopo averlo incontrato ad un congresso di filosofia a Bologna, gli aperse le porte di Laterza.
Va posto in risalto, per prima cosa, che la separazione dell'organismo sociale nelle sue tre principali espressioni: spirituale-culturale, giuridica ed economica, risponde concretamente alla realtà. Questa articolazione infatti non è qualcosa di artificioso, non rappresenta il tentativo di forzare le diverse componenti della società entro spazi concepiti aprioristicamente; piuttosto è il prendere coscienza che ogni convivenza sociale si fonda sempre sul contributo di fattori provenienti, nelle loro linee essenziali, da tre direzioni diverse.
Il medico, il notaio, l'impiegato al catasto, non solo ricevono dal sarto e dal fornaio quanto è necessario per coprirsi e nutrirsi, ma possono esercitare le loro funzioni nella misura in cui si riferiscono alla peculiarità del loro settore – nessuno paragonerà un gilè ad un test di gravidanza – e in proporzione al disimpegno raggiunto rispetto alle interferenze di attività estranee ai loro compiti. Non si può negare che le facoltà e le organizzazioni richieste dalle attività economiche, esaudendo particolari esigenze di vita e richiedendo per questo particolari ideazioni, siano ben diverse dalle istituzioni giuridico-amministrative riferite invece a princípi legislativi, ad atti esecutivi, in sostanza ad un senso del giusto ed alla tutela dell'individuo, che non hanno nulla a che vedere con le questioni del trasporto dei pomodori al mercato. Tanto meno si può sostenere che una scultura possa essere creata per decreto legge e che sia sufficiente il desiderio del guadagno per far nascere un grande artista. Una tale dote germoglia liberamente nell'interiorità dell'uomo e trova la sua naturale rispondenza negli aspetti spirituali e culturali della società, ai quali tutto sommato attengono anche oggi, se pur con difficoltà e anomalie, gli indirizzi educativi, il fiorire delle diverse doti. Aspetti non paragonabili certo alle variazioni del prezzo di una qualsiasi merce ed al rapporto fra diritti e doveri necessario per l'equilibrio di ogni comunità. Di conseguenza ogni ostacolo all'attuazione di questa realtà, ogni prevaricazione di un settore su un altro, ogni intromissione, non possono che mortificare e alterare le tre espressioni sociali fondamentali, anche quella dominante sulle altre, sino a richiamare le forze negative piú virulente. Mentre la Tripartizione dell'organismo sociale può offrire l'opportunità alle forze piú positive, già presenti in potenza nella società ed alle quali si deve anche oggi un minimo di equilibrio, di manifestarsi nella loro pienezza.
Un assetto sociale dunque non costretto al servizio o di una classe, o dello Stato anonimo, o di una particolare rigida concezione. Non una contrapposizione di poteri oscillante fra il conflitto ed un precario equilibrio. Piuttosto una configurazione della società tendente a far assumere ad ogni uomo le proprie responsabilità, ben al di là di una astratta partecipazione. L'opportunità quindi di operare nell'ambiente sociale in cui lo hanno collocato il suo destino e le sue doti, senza ingerenze di fattori estranei non in sintonia con quella determinata realtà. La possibilità di una collaborazione piú diretta, quindi piú concreta, con persone operanti nello stesso spazio senza che poteri provenienti dal di fuori impongano le scelte, i comportamenti, le carriere; tutto questo stimola nell'uomo le sue forze migliori, facilita la sua collocazione al giusto posto, agevola la sua fattività, la sua donazione, pur dovendo fare i conti ancora per molto tempo con le sue difficoltà interiori ed esteriori, con le sue contraddizioni.
Il risanamento di una società non può che conseguire ad una rivitalizzazione all'interno di ciascuno dei tre settori, facenti appello alle loro forze intrinseche, piuttosto che ad un progetto centralistico o a modelli di decentralizzazione standardizzati, mortificando di fatto l'apporto delle singole individualità. Tripartizione dell'organismo sociale non significa però un fossato invalicabile fra le diverse parti. Ogni questione sociale ha aspetti economici, giuridici, spirituali. Solo se essi sono stati prima affrontati all'interno del settore a cui appartengono per ciò che li compete e quindi con probabilità maggiori di pervenire a risultati positivi, potranno poi essere concretamente coordinati fra loro sino a donare una soluzione globale.
Il problema della collocazione del capitale nella società, l'esprimersi in pieno della sua funzione sociale a vantaggio della collettività, non possono essere risolti privilegiando solo gli aspetti economici, o imponendo una determinata politica e leggi che non tengono conto della realtà, oppure proponendosi di piegare gli imprenditori ad una particolare teoria o ad una ideologia. Il capitale è prima di tutto il frutto di una dimensione spirituale; per operare senza ingiustizie deve rispondere a leggi chiare capaci di tutelare sia chi stabilisce rapporti con esso sia le stesse aziende; infine è rivolto verso l'accumulazione e la produttività. Se prima una libera vita spirituale avrà fecondato le doti imprenditoriali, se lo Stato sarà capace di darsi un ferreo senso del giusto e di tradurlo in leggi efficaci, se le attività economiche sapranno muoversi efficacemente nel loro spazio, allora, ogni qual volta sarà necessario, i contributi provenienti dai diversi settori potranno efficacemente coordinarsi al fine di penetrare e risolvere i problemi del singolo e della società posti in risalto dall'operare del capitale.

Argo Villella

A. Villella, Quale capitalismo?, Liguori, Roma 1997


L'occultismo cristiano risale in gran parte ai Manichei, la cui tradizione è rimasta vivente. Il suo fondatore Mani visse nel terzo secolo dopo Cristo. Il punto centrale della dottrina manichea è il principio del bene e del male. Per la concezione corrente il bene e il male sono due principi assoluti, inconciliabili e contrapposti fra loro, ognuno dei quali esclude l'altro. Nella concezione manichea il male è invece una parte integrante del cosmo, collabora alla sua evoluzione e alla fine sarà assorbito e trasformato dal bene. I Manichei ebbero la singolare missione di studiare il senso del bene e del male, del piacere e del dolore nel mondo.

R. Steiner, I Manichei, Ed. Antroposofica, Milano 1995


Torna al sommario