L'Archetipo Anno III n. 8, Giugno 1998

SITI E MITI

CAPICHERA

Secondo la tradizione geologico-esoterica, la Sardegna, al pari dell'Irlanda, venne risparmiata dal Diluvio. È una terra che conserva quindi tuttora residui di un'arcaicità misterica spesso difficile da interpretare. Crocevia di migrazioni da Sud a Nord e da Est a Ovest, punto di approdo e di scalo delle peregrinazioni marittime di vari popoli e in particolare di quelli orientali e mediorientali, la Sardegna rappresenta un composito reliquiario di civiltà diverse tra loro. Sul territorio sardo si rinvengono dolmen, tholoi cretesi, ziqqurat caldei, menhir e cromleck. Un ibrido culturale e architettonico che doveva poi sfociare nella costruzione dei nuraghi, allo stesso tempo abitazioni e fortezze.
Oltre alle tombe rupestri chiamate domus de janas (case delle fate), sono state individuate nell'isola varie strutture di tipo megalitico-dolmenico, alcune di chiara destinazione sepolcrale, e altre, soprattutto nella zona nord-orientale, di difficile catalogazione. Queste ultime, definite molto sommariamente "tombe dei giganti" per la vastità della camera ritenuta sepolcrale, sono indebitamente assimilate alle "tombe dei giganti" a pozzetto, rinvenute con una certa frequenza un po' ovunque nel territorio dell'isola.
A Capichera, nei pressi di Arzachena (Sassari), in piena e isolata campagna, si trova una delle piú interessanti "tombe dei giganti". Si tratta del classico semicerchio megalitico formato da una stele anteriore centrale prominente e forata alla base da cui si dipartono sei lastre fittili per ogni lato (i dodici con il tredicesimo al centro). La cosiddetta "camera sepolcrale" è collegata all'apertura praticata nella stele maggiore centrale attraverso il condotto dolmenico: un cunicolo piuttosto lungo, in origine completamente ricoperto da massicce lastre di pietra.
L'insieme della costruzione, assai ben conservata rispetto a reperti della stessa natura nel corredo archeologico sardo, piú che di una tomba destinata all'inumazione dà l'idea di un sepolcro iniziatico, come se ne trovano nell'area egeo-minoica, in particolare a Delfi nella parte arcaica presso lo zoccolo del primo tempio, sotto la roccia della Pizia.
La "tomba dei giganti" di Capichera rappresenta un richiamo esplicito all'utero femminile, giustificando l'ipotesi della funzione iniziatica della costruzione, destinata a fornire un supporto strumentale per l'esperienza rituale della pseudo-morte e della rinascita. Il neofita, sotto la guida dello jerofante, veniva introdotto nella camera interna attraverso l'apertura praticata sotto la stele centrale, immerso in un sonno catalettico che doveva durare tre giorni e tre notti, nel buio e nel silenzio assoluti del sacello, dal quale usciva infine alla luce e ai suoni della vita completamente rigenerato, purificato e iniziato al mistero dell'ultraterreno.

Schema tipico della "tomba dei giganti"


Là dove regna la vera vocazione alla meditazione, e non solo a pensare questo o quel pensiero, là v'è progresso. Molti sapienti non hanno questa vocazione. Essi hanno imparato a ragionare e a concludere, come un calzolaio a fare le scarpe, senza mai arrivare all'idea madre, o senza preoccuparsi di trovare il fondo dei pensieri. Tuttavia la salvezza non si trova per altre vie.

La contemplazione dell'universo comincia al punto centrale, nell'inifinito e assoluto soprano, e discende la scala; la contemplazione di noi medesimi comincia nel basso assoluto e infinito della periferia, e sale la scala. L'unione assoluta del basso e del soprano: ecco le sistole e le diastole della vita divina.

Novalis

Novalis, Preludi e commenti agli «Inni alla notte», Carabba, Lanciano 1912


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