L'Archetipo Anno III n. 7, Maggio 1998

MUSICA

Musica e
coscienza
L'esperienza musicale dell'uomo al tempo dell'antica civiltà atlantica, considerata nel suo insieme, apparirebbe grottesca o per lo meno strana all'uomo moderno, se egli potesse averla oggi, cosa che non è piú possibile. Gli antichi atlanti, infatti, nella musica cercavano per esempio gli accordi di settima. Questi accordi di settima avevano la proprietà di svincolare subito dai loro corpi, durante l'esperienza musicale, le anime di quegli uomini preistorici, nei cui corpi d'altronde noi tutti abbiamo dimorato durante quel remoto periodo delle nostre ripetute vite terrene. Essi non riconoscevano nella musica altro stato d'animo che quello di un rapimento, di un sacro entusiasmo, di un essere pervasi dalla divinità. E quando i loro strumenti rudimentali suonavano, quei loro strumenti che del resto servivano solo da accompagnamento al canto, essi subito sentivano di aleggiare e vivere nell'ambiente spirituale.
Dopo la catastrofe atlantica, in tutti gli uomini della civiltà postatlantica nacque anzitutto una predilezione per gli intervalli di quinta. Vi è certamente noto che la quinta ha avuto ancora per lungo tempo, nella storia della musica, una parte importantissima. Ancora nell'antica Grecia, per esempio, la quinta era diffusissima. Conseguenza di questa predilezione per le sequenze di quinte era che gli uomini, quando facevano delle esperienze musicali, non si sentivano piú, ora, fuori del loro corpo, ma si sentivano animicamente e spiritualmente entro il loro corpo. Durante l'esperienza musicale essi dimenticavano del tutto l'esperienza del fisico; essi si sentivano bensí, per cosí dire, entro i confini della loro pelle, ma sentivano la loro pelle colma di anima e di spirito.
Questa era l'azione della musica; e ben pochi oggi crederanno che quest'azione naturale della musica fosse, fin quasi al decimo e undecimo secolo dopo Cristo, proprio cosí come ve l'ho descritta. Solo in quest'epoca, infatti, gli uomini cominciarono a rivolgere l'attenzione agli intervalli di terza, alla terza maggiore e alla terza minore, e alle due tonalità maggiore e minore. Tutto ciò ebbe inizio relativamente tardi; e solo allora poté sorgere l'esperienza interiore della musica. Con questa nuova esperienza musicale interiore, l'uomo rimaneva entro se stesso. In quel tempo tutta la civiltà tendeva in genere a discendere dalla sfera dello spirito a quella della materia; cosí, anche nel campo della musica, l'uomo cominciò a discendere da uno sperimentare nello spirito – come avveniva in passato quando egli udiva la musica – ad uno sperimentare la musica entro se stesso; non piú ora solo fino al limite della sua pelle, ma del tutto in se stesso. In tal modo poté affacciarsi per la prima volta una sensibilità per il tono maggiore e per il tono minore, una sensibilità che in sostanza è compatibile soltanto con lo sperimentare interiore, da parte dell'uomo, dell'elemento musicale.
Allo stesso modo possiamo seguire in tutti i campi l'evoluzione discendente dell'uomo dallo spirito alla materia, dalla vita nella spiritualità alla vita in se stesso. Non è lecito perciò continuare a ripetere pedestremente che il materialismo è qualcosa di deteriore di cui l'uomo deve liberarsi. L'uomo non avrebbe affatto potuto diventare tale, se non fosse disceso fino ad afferrare la vita materiale. Proprio in quanto l'uomo giunse ad afferrare lo spirito entro la materia, egli poté diventare un Io cosciente di se stesso. E oggi, con l'aiuto della scienza della Spirito, noi dobbiamo ritrovare la via verso il mondo spirituale, dobbiamo ritrovare questa via in tutti i campi.

Rudolf Steiner

da: Servire Michele, Conferenza tenuta a Berlino il 23 maggio 1923


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