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LA MADRE
Un tuono cupo segue a un lampo, e maggio perde trine di acacie, spegne
il cielo
nelle pozze serene, scuote nidi,
foglie malcerte lacera sui rami,
poi le rapisce in turbini di vento.
Ha una pietà, la terra, senza fine,
tutto riceve, tutto abbraccia e culla
in un tiepido amplesso, un dormiveglia
scandito da un profondo mormorio
che dal grembo instancabile promana.
Nulla perisce a quel segreto canto.
Malgrado il buio e marcescente limbo
la morte si fa vita, il seme fiore,
si sublima ogni linfa. Dalla umana
sorte di fango e pianto nasce amore.
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