L'Archetipo Anno III n. 11, Settembre 1998

SITI E MITI

Croce di Artú

L'isola di cristallo


Glastonbury


Se non fosse per il Tor, una breve altura che svetta dalla tranquilla morfologia del terreno, con la sua forma conica sormontata dai resti di una torre campanaria, la cittadina di Glastonbury in Gran Bretagna, piú precisamente nel Somerset, passerebbe oggi inosservata agli occhi del viaggiatore: un tipico centro agricolo inglese, sepolto nel verde della vallata del fiume Brue, in un alternarsi di modeste colline e brughiere. Vero è che nelle zone palustri che circondano la città sono stati trovati resti di villaggi neolitici ben organizzati, capaci di produrre manufatti in bronzo e in legno, tessuti, gioielli e vasellami di pregio. Ma queste reliquie di un remoto passato sono proprie di molte comunità celtiche, dall'Irlanda alla Germania. Unico invece il Tor: il suo dito ammonitore, che si staglia contro il tenero cielo nordico, vuol richiamare l'attenzione di chi transita per queste ridenti vallate cosparse di laghi a ben piú intriganti segreti e misteri. Quando i Sassoni cristiani, dopo la vittoria di Pen nel 625, conquistarono la regione, lo scenario sociale e religioso della zona era caratterizzato da un'ibrida commistione di pratiche devozionali, riti celtici, romani e protocristiani. Glastonbury aveva però il quid in piú che la faceva assurgere a luogo di elezione leggendario e misterico. E in tutto il florilegio dei miti primeggiava il Tor. Su quella piramide erbosa emergente dalla brughiera si appuntavano dicerie e memorie fantastiche, facendone il catalizzatore della sete umana di prodigio e trascendenza: montagna sacra, regno delle fate, maniero incantato del Graal, porta (Tor) dell'Ade, santuario iniziatico dei druidi, polo magnetico e punto di incontro di correnti cosmiche, ma soprattutto castello di Artú.
La tradizione colloca infatti la mitica Avalon proprio qui, nella valle del Brue. Nel lago di Meare, ai piedi del Tor, la spada Excalibur venne offerta dalla Dama del Lago al giovane Artú prima che divenisse re. Al termine delle sue eroiche imprese, re Artú si ritirò su questa "isola di benedizione", come la definivano i Celti, a curare le sue ferite con l'acqua delle molte fonti miracolose che sgorgavano dalle colline e dal terreno. Qui, dopo molti anni, morí e fu sepolto insieme all'amata regina Ginevra. Una tomba, posta fra due piramidi, fu scoperta nel 1191 in un punto del cimitero di Glastonbury e il re Edoardo I la riconobbe ufficialmente come quella di re Artú e della sua consorte. Ma non soltanto il mito della Tavola Rotonda aleggia ai piedi del Tor. Lo scrittore Wílliam di Malmesbury, vissuto intorno al 1100, nelle sue Cronache riferisce che schiere di pellegrini confluivano da ogni parte del Paese verso la piccola chiesa di Santa Maria, ritenuta la piú antica del Regno, per rendere omaggio alla tomba di Giuseppe di Arimatea, giunto qui dalla Palestina, dopo un sofferto vagare per l'Europa, recando con sé il prezioso fardello del San Graal. I pellegrini ricevevano grazie e guarigioni, soprattutto quando in prossimità della tomba fioriva un particolare tipo di biancospino alieno alla flora del luogo, e che si riteneva fosse miracolosamente germogliato dal bastone che il santo recava con sé.
Ma le qualità esoteriche di un luogo non poggiano soltanto sulle piú o meno attendibili figurazioni del retaggio mitico-religioso, bensí rappresentano vere e proprie sedimentazioni cronologiche di culti e rituali che si sovrappongono e trovano riscontri e coincidenze nella realtà geografica dei siti. Cosí apprendiamo che il Tor ospitava un tempio megalitico dedicato alla Dea Madre, la cui struttura a spirale ricorda la ruota della vita di derivazione orientale o rimanda al labirinto minoico. Ruota della vita secondo alcuni, ma anche, in altre versioni, simbolo del Dragone, e quindi emanazione delle energie infere che, attraverso i cunicoli, dalla collina prorompevano all'aperto. Meandri nei quali chi si avventurava si perdeva per sempre o viveva esperienze di.straniamento spazio-temporale. Per esorcizzare queste valenze pagane e sulfuree del luogo, i cristiani, venuti prima con i Sassoni e poi con i Normanni, edificarono sulla sommità del mitico colle del Tor una basilica a San Michele Arcangelo, nemico vincente di Satana e delle forze negative telluriche.
La geomanzia ci fornisce ulteriori elementi che attestano la virtú misterica del luogo: una "linea di San Michele" corre da Ovest a Est sul territorio inglese, allineando sette templi cristiani dedicati all'Arcangelo, primo fra tutti il Tor. E ancora: la pianta ottagonale della chiesa di Glastonbury ricorda la struttura megalitica di Stonehenge: identico il suo orientatamento sul solstizio d'estate, come pure la scala su cui è sviluppata. E in ultimo: le sette isole emergenti dai laghi intorno a Glastonbury, se unite da un tratto immaginario, formano la costellazione dell'Orsa Maggiore.
Al di là di ogni congettura piú o meno fantastica, resta il prodigio reale di Glastonbury. Quando la nebbia mattutina copre la vallata e i laghi, il Tor emerge illuminato da un arcano bagliore riverberante dal suo interno, meritando l'altro degli appellativi con il quale i primi Celti lo definivano: Isola di Cristallo. E non è forse il cristallo, secondo la tradizione esoterica, la forma estrema della purezza, della simmetrica armonia, dell'eternità che si cela nella materia destinata a sublimarsi?
Se poi al viaggiatore capita la fortuna di osservare un arcobaleno sulla vetta del Tor, stando alla credenza popolare sarà per lui il segnale che in quel preciso momento qualcuno ha visto il San Graal.
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