L’Archetipo Anno IV n. 10, Agosto 1999

ANEDDOTI

 

IL CAPPOTTO

Questo fatto si svolse a Hilversum, all’entrata della sala, nella quale il Dott. Steiner doveva tenere una conferenza. La sorveglianza della sala era affidata al Signor Kraan, un uomo molto calmo e cordiale, che io stesso – provenendo da Hilversum – conoscevo già da molti anni. Tra i partecipanti c’era un uomo che aveva indosso un lungo cappotto. Il Signor Kraan lo trattenne e lo invitò cortesemente a lasciare il suo cappotto al guardaroba. Il guardaroba era obbligatorio. L’uomo, riguardo a questo, replicò che non poteva farlo, perché sotto il cappotto portava solo la camicia e non la giacca. Egli non era in possesso di una giacca adeguata all’occasione. Il Signor Kraan rispose che ciò gli dispiaceva sinceramente, ma che in questo caso non poteva fare alcuna eccezione. “Ho le mie disposizioni”, disse scusandosi.
Dietro a lui stava il Dott. Steiner, che quindi, calmo e amichevole, disse al Signor Kraan: “Io però farei entrare questo signore, poiché se lei non lo lascia entrare, io non terrò la mia conferenza”.
Il Signor Kraan percepí quanto queste parole fossero dette seriamente, e immediatamente agí di conseguenza.

C’erano due Trommsdorff, uno dai capelli scuri e uno dai capelli rossi. Qui si tratta di quello dai capelli scuri. Era un tranquillo commesso viaggiatore tedesco, estremamente affabile, tarchiato, un po’ corpulento, che girava molto la Germania. Io fui a lungo in contatto con sua moglie e con lui, e durante questo periodo mi raccontò molti aneddoti su Rudolf Steiner.
Egli era completamente aperto alla realtà dell’Antroposofia. Siccome voleva ascoltare il piú frequentemente possibile le conferenze del Dott. Steiner, cercò di programmare i suoi viaggi in modo che questo fosse realizzabile. Per far ciò, però, era spesso necessario che viaggiasse con il treno notturno. Nel quale si può dormire, ma non cosí profondamente come a casa! E cosí mi raccontò che una volta aveva dormito in treno per tre notti di seguito, e che per questo motivo durante il giorno e la sera aveva potuto di volta in volta ascoltare conferenze del Dott. Steiner. Alla terza sera egli si sentí proprio intontito. Per non dare nell’occhio, si sedette in fondo alla sala nel corridoio laterale (la sala era completamente occupata da circa 500 persone). Egli raccontò: “Mi accorsi che, nonostante la mia buona volontà, non riuscivo a restare sveglio. Per questa ragione mi misi nel corridoio laterale e mi appoggiai alla parete. Però anche qui sentii, come nuovamente mi stessi assopendo. Perciò mi misi al centro del corridoio, senza appoggiarmi; cosí dovevo proprio restar sveglio! E ciò mi è anche veramente riuscito”.
Trommsdorff chiuse la sua narrazione cosí:
“Quando il Dott. Steiner ebbe finito, scese dal podio, venne attraverso tutta la sala esattamente verso di me con passo calmo e mi strinse la mano”.
Qui non si tratta naturalmente di una comunicazione di qualcuno orgoglioso che questo sia successo: per quanto riguarda ciò, il signor Trommsdorff era troppo modesto. Certamente, però, egli voleva mettere in luce quale straordinaria capacità di percezione possedesse Rudolf Steiner, se si pensa che Egli, accanto a tutto quel che nel corso della conferenza gli passava per la mente, era ancora in condizione di percepire e di apprezzare qualcosa come ciò che è stato piú sopra descritto.

Spesso mi è stato chiesto: «Lei ha avuto ancora modo di incontrare personalmente Rudolf Steiner? Egli deve aver lasciato dietro a sé una potente impressione! Ho sentito dire che il suo sguardo, quando si posava su qualcuno, penetrasse profondamente nell’anima, come un fuoco ardente...»
A dire il vero una volta io ho incontrato qualcuno a cui ciò si attagliasse. Questi era Rabindranath Tagore. Attraversava la Sharia Bulak al Cairo. Con il suo seguito occupava tutta la larghezza della strada. Al centro incedeva egli stesso, diritto e con il capo sollevato, con magnifici lunghi bianchi capelli e lunga barba bianca, vestito di velluto e seta: aveva un grande naso ricurvo e occhi marrone scuro dallo sguardo acuto, i quali probabilmente, quando guardava qualcuno, sarebbero penetrati profondamente nell’anima come un fuoco ardente... A grande distanza, a sinistra e a destra, davanti e dietro a lui, camminavano otto donne, dritte come candele, ugualmente in velluto e seta, con un punto rosso sulla fronte e un diamante sulla narice destra, lo sguardo fisso diretto in avanti. Tutto ciò offriva un magnifico spettacolo. Tutto il traffico dovette deviare. Si può dire con ragione che egli era un “grande uomo”.
Non avrei descritto questo incontro, se non costituisse una cosí spiccata contrapposizione rispetto a ciò che ho sperimentato con Rudolf Steiner. Rabindranath Tagore allora era un poeta di fama internazionale e lo ammiravo molto. Però per me qui non si tratta di una valutazione, ma dell’esposizione delle differenze tra queste due personalità. Ho ben detto una volta che per me Rudolf Steiner, sotto un certo aspetto, era l’uomo “piú piccolo” che io abbia incontrato, con ciò intendendo la sua modestia.
Nel novembre 1923, Rudolf Steiner doveva tenere due conferenze per un gruppo di studenti in medicina. Esse vennero tenute nella clinica del Dott. Zeylmans van Emmichoven a L’Aia. Noi aspettavamo l’arrivo del Dott. Steiner con tensione, e ci chiedevamo come si sarebbe svolto il primo incontro. A questo punto egli entrò nella stanza in cui eravamo riuniti, venne verso di noi e si presentò ad ognuno: «Steiner», «Steiner», «Steiner». Nel far ciò, calmo guardò ognuno per un momento. Cosí si ebbe la sensazione che nell’istante in cui egli dava la mano a qualcuno, non esistesse per lui nessun altro. Lo sguardo, però, non era “acuto”, “ardente” o simile, era di una straordinaria quiete e di una almeno altrettanto grande benevolenza. Quando egli guardava qualcuno, in questo sguardo viveva, per cosí dire, una domanda. Questa domanda suonava cosí: «Lei ha un quesito?» Se non si aveva alcun quesito, andava bene lo stesso. Io ho potuto raramente provare con tale chiarezza, come un uomo possa lasciare completamente libero un altro uomo.

L.F.C. Mees

L.F.C. Mees, Come parlava Rudolf Steiner, Ed. La Soglia, Basilea. Traduzione di M. Allasia e A. Calò

 

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