L’Archetipo Anno IV n. 6, Aprile 1999

ETICA

PER UNA CARTA DEI DOVERI

L’origine dei vostri doveri sta in Dio. La definizione dei vostri doveri sta nella sua Legge. La scoperta progressiva, e l’applicazione della sua Legge appartengono all’Umanità.
Dio esiste. Noi non dobbiamo né vogliamo provarvelo: tentarlo, ci sembrerebbe bestemmia, come negarlo, follia. Dio esiste, perché noi esistiamo. Dio vive nella nostra coscienza, nella coscienza dell’Umanità, nell’Universo che ci circonda. La nostra coscienza lo invoca nei momenti piú solenni di dolore e di gioia. L’umanità ha potuto trasformarne, guastarne, non mai sopprimerne il santo nome. L’universo lo manifesta con l’ordine, con l’armonia, con l’intelligenza dei suoi moti e delle sue leggi. Non vi sono atei fra voi: se ve ne fossero, sarebbero degni non di maledizione, ma di compianto. Colui che può negare Dio davanti una notte stellata, davanti alla sepoltura dei suoi piú cari, davanti al martirio, è grandemente infelice o grandemente colpevole. Il primo ateo fu senz’alcun dubbio un uomo che aveva celato un delitto agli altri uomini e cercava, negando Dio, di liberarsi dall’unico testimonio a cui non poteva celarlo, e soffocare il rimorso che lo tormentava: forse un tiranno che aveva rapito con la libertà metà dell’anima ai suoi fratelli e tentava di sostituire l’adorazione della Forza brutale alla fede nel Dovere e nel Diritto immortale. Dopo lui, vennero qua e là, di secolo in secolo, uomini che per aberrazione di filosofia insinuarono l’ateismo, ma pochissimi e vergognosi: vennero, in momenti non lontani da noi, moltitudini che per una irritazione contro un’idea di Dio falsa, stolta, architettata a proprio benefizio da una casta o da un potere tirannico, negarono Dio medesimo, ma fu un istante, e in quell’istante adorarono, tanto avevano bisogno di Dio, la dea Ragione, la dea Natura. Oggi, vi sono uomini che aborrono da ogni religione perché vedono la corruzione nelle credenze attuali e non indovinano la purità di quelle dell’avvenire, ma nessuno tra loro osa dirsi ateo: vi sono preti che prostituiscono il nome di Dio ai calcoli della venalità, o al terrore dei potenti, vi sono tiranni che lo imposturano invocandolo a protettore delle loro tirannidi; ma perché la luce del sole ci viene spesso offuscata e guasta da sozzi vapori, negheremo il sole o la potenza vivificatrice del suo raggio sull’universo? Perché dalla libertà i malvagi possono talvolta far sorgere l’anarchia, malediremo la libertà? La fede in Dio brilla d’una luce immortale attraverso tutte le imposture e le corruttele che gli uomini addensano intorno a quel nome. Le imposture e le corruttele passano, come passano le tirannidi: Dio resta, come resta il Popolo, immagine di Dio sulla terra. Come il Popolo attraverso schiavitù, patimento e miserie, conquista a grado a grado coscienza, forza, emancipazione, il nome santo di Dio sorge dalle rovine dei culti corrotti a splendere circondato d’un culto piú puro, piú fervido e piú ragionevole.
Io dunque non vi parlo di Dio per dimostrarvene l’esistenza, o per divi che dovete adorarlo – voi lo adorate, anche non nominandolo, ogni qualvolta voi sentite la vostra vita e la vita degli esseri che vi stanno intorno – ma per dirvi come dovete adorarlo, per ammonirvi intorno a un errore, che domina le menti di molti tra gli uomini delle classi che vi dirigono, o per esempio loro, di molti tra voi: errore grave o rovinoso quanto è l’ateismo.
Questo errore è la separazione, piú o meno dichiarata, di Dio dall’opera sua, dalla Terra sulla quale voi dovete compiere un periodo della vostra vita.

Giuseppe Mazzini

G. Mazzini, Dei doveri dell’uomo, Biblioteca Universale Rizzoli, Milano l949

 

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