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La terapia
artistica come realtà terapeutica
La Terapia Artistica prende le mosse dalla
collaborazione fra Rudolf Steiner e la dott.ssa Ita Wegman e soprattutto
la dott.ssa Hautchka che la applicò per prima insegnandola poi a
lungo nella scuola di Boll in Germania. Essa si è sviluppata nel
mondo, particolarmente in Olanda ad opera di Eva e Leen Mees e in Germania
con varie altre scuole.
In Italia operano alcuni terapeuti e da quattro
anni è attiva una scuola quadriennale di formazione per terapeuti
artistici, che fa parte, con altre otto scuole, dell'accademia europea
per la terapia artistica su base antroposofica, e che collabora strettamente
col gruppo medico antroposofico siciliano: si chiama "La Metamorfosi"
e ha sede a Palermo, in Via Cavallari, 28.
Il piano di studi comprende, oltre alle arti
figurative in senso prima artistico e poi terapeutico, anche lezioni di
anatomia, fisiologia, patologia, pedagogia, psicologia, pediatria, teoria
della terapia artistica, elementi di architettura, euritmia, conferenze
di antroposofia generale, settimane intensive e seminari all'estero. I
Terapeuti Artistici sono ormai alcune migliaia nel mondo, e operano nel
campo di malattie fisiche e psichiche in ospedali, cronicari, istituti
pedagogici e psichiatrici, cliniche, centri per drogati e carceri, e già
si afferma una terapia artistica sociale e aziendale.
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Un modo piú individuale di guarire
Il sorgere nell’umanità di nuove malattie come l’A.I.D.S. che
colpiscono il sistema immunitario, baluardo della nostra individualità,
fa riflettere sulla necessità di controbattere questa vera aggressione
al nostro Io con terapie che non possono prescindere da un vero e proprio
sviluppo della coscienza: esse devono quindi avere una specificità,
un’adattabilità al singolo uomo come mai prima di questa epoca,
che Rudolf Steiner ci indica come epoca dell’anima cosciente. Si può
dire che ogni malattia è vissuta sempre piú come una vera
crisi esistenziale e come tale va compresa alla luce di ogni singola biografia.
L’interesse nato intorno alla medicina “alternativa” è un chiaro
esempio non solo della richiesta di medicine “dolci”, ma soprattutto della
ricerca da parte dei pazienti stessi di una nuova collocazione, di una
vera comprensione del processo patologico nelle sue radici e conseguenze
individuali.
La medicina antroposofica, e la terapia artistica in particolare, hanno
come presupposto di una vera guarigione da qualunque malattia la necessità
per i nostri contemporanei di ricercare una nuova piú cosciente
comprensione di se stessi, una maggiore tensione spirituale.
Se ciò non avviene per incapacità o carente volontà,
il destino dopo vari avvertimenti ci manda incontro il suo piú efficace
aiuto a ritrovare la via perduta. La malattia infatti ci stacca a forza
da modi di vita evidentemente inadeguati, o da falsi ideali piú
o meno materialistici, e ci riporta in solitudine, di fronte a noi stessi.
È necessario dunque, non la soppressione del sintomo, bensí
un cambiamento da ricercare nel nostro Io piú profondo, che ci ripropone
i segreti scopi della nostra esistenza, che riluce vago dall’oscurità
alla materia: l’Io superiore attraverso la malattia bussa alla porta dell’anima.
Come stimolare quella che può solo essere un’autoguarigione?
A malattie che si diversificano fino a creare nel microcosmo di ogni singolo
uomo una singola “specie” di patologie, o che in ogni caso parlano ad ognuno
in modo differente, si reagisce solo con un’autoterapia, una dilatazione
della coscienza, una psicoterapia, che coinvolga non solo il pensiero bensí
le facoltà dell’anima piú fortemente individuali, personali
dell’uomo, cioè il sentimento e la volontà.
All’uomo è stato donato a questo scopo un regno incantato, nel
quale la luce del pensiero e il buio agire della volontà si danno
la mano e poi si salutano separandosi un poco, nel gioco iridescente del
sentimento, come risacca sulle spiagge dell’anima: il regno dell’arte.
Con il farmaco, la tenera pianta dell’uomo, sul punto di avvizzire
riceve dal basso un aiuto per le sue radici fisiche, e riprende in tal
modo nel suo stelo e nelle sue foglie l’eterica vitalità necessaria
alle sue future metamorfosi: ma per fiorire e portare il frutto della malattia
ogni pianta deve cercare nel cosmo i suoi propri colori, deve tendere le
sue foglie e fecondare i suoi boccioli non solo con la luce del sole che
tutto inonda e accomuna, ma anche con quella delle stelle di quello spicchio
di cielo dove risplendono misteriosi gli astri guida del nostro Io, che
parlano solo ad un singolo uomo, che nutrono una sola pianta umana.
Nella fiaba dei Fratelli Grimm “Jorinda e Joringhello”, lo spirito,
il protagonista, subisce l’incantamento della sua amata Jorinda, la sua
anima: egli riesce a liberarla dalla gabbia dell’animalità materialistica
toccandola con un fiore rosso con al centro una bianca, meravigliosa perla,
che egli trova dopo molte sofferenze: ma solo dopo averlo visto in sogno.
Se vuoi guarire, sembra dirci la fiaba, se vuoi sconfiggere la stregatura
che paralizza la tua vera umanità, devi sognare, immaginare, creare
il tuo fiore personale, che non è piú, come nel passato dell’uomo,
solo l’erba medicinale o il farmaco adeguato, ma il rosso colore dell’individualità
dove rifulge la pura, madreperlacea coscienza di sé.
Un rapporto personale con l’arte
La Terapia artistica prende per mano l’uomo che soffre perché
le sue foglie avvizzite non guardano piú al Cielo, e lo accompagna
nel grande giardino dell’arte, dove potrà ancora sognare il suo
fiore, per dipingerlo e disegnarlo, senza dover rivelare ad altri il suo
sogno, che non sarà interpretato, violato: riceverà forza
e fiducia, cosí da cercare poi nella vita di far fiorire e fruttificare
un’aspirazione, un ideale, di concretizzare un sogno.
Per la Terapia Artistica la coscienza dell’unicità del’uomo
non è solo il dato di fatto dell’unicità della proteina di
ogni singolo essere umano: da ciò consegue l’unicità della
diagnosi e quindi della terapia, e cosí, adeguando ad ognuno i processi
artistici, verranno creati individualmente da ogni paziente dipinti tratti
dalla tavolozza della propria anima, i soli adatti a nutrirla e a curarla.
Nel praticare un’arte figurativa il paziente non viene solo spinto a un
risultato, da interpretare diagnosticamente, o perché si esprimano
le sue potenzialità: si tende ad innescare una metamorfosi della
vita dell’anima attraverso l’evocazione di piccole e grandi difficoltà
artistiche, il cui superamento infonderà fiducia e forza tali da
rimuovere nel tempo le cause vere della patologia i cui colori e le cui
forme sono all’inizio preponderanti.
Ognuno si metterà alla paziente ricerca del proprio fiore; il
coraggio di scurire il dipinto fino ad un’atmosfera drammatica aiuterà
a muovere di nuovo i primi passi nel dramma della vita e della malattia.
Trovare le sfumature di una forma vegetale o di un paesaggio permetterà
di cogliere i lievi annunci del prodigio quotidiano da sempre ignorato,
e di comprendere meglio l’anima dell’altro. Si cerca di acquisire consapevolezza
non certo dell’azione dei farmaci assunti, che devono agire nelle dormienti
radici del corpo, bensí delle vere cause della malattia, che possono
essere scoperte nel personale incontro con lo “specchio” dell’anima: le
arti figurative. Sognare il proprio fiore disincanterà la malattia
e nel rinato rapporto con la bellezza i regni della natura parleranno ad
ognuno della propria anima, nasceranno delle domande a cui in seguito solo
ognuno potrà dare risposte. Se il paziente imparerà ad accarezzare,
ad addolcire e curare il microcosmo del dipinto, agirà cosí
nel quotidiano quando sarà desta di nuovo la facoltà della
meraviglia, rinata dalle acque del sogno.
Il paziente vuole guarire, ma non vuole o non è in grado di
cambiare pennellata o tratto. Cambiare gesto dello stelo di un fiore è
già sciogliere la rigidità della sua anima stregata. Con
la stretta collaborazione del medico antroposofico curante che fa la diagnosi,
il terapeuta adatta il cammino di ogni paziente alla sua patologia e attraverso
le vicende della breve vita di un’opera artistica cerca di infondere la
capacità di fare tentativi, di reagire agli errori e di avere fede
nel processo. Si parte dai colori che ognuno porta con sé: tentando
poi di sviluppare ciò che è in difetto si cercherà
un maggiore equilibrio interiore, un “buon senso” della verità.
Spesso la bellezza fa la sua apparizione nelle opere, ed annuncia la possibilità
di resurrezione di quel rosso fiore dell’Io, con la splendente perla di
luce spirituale al centro dell’anima.
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