Nel suo insegnamento,
Rudolf Steiner enumera molti piú sensi dei cinque comunemente considerati
dalla scienza esteriore. Terminiamo, con gli ultimi due, la descrizione
dei dieci sensi che servono all’uomo come base per la conoscenza, oltre
i quali vi sono altri sensi che penetrano piú profondamente nella
spiritualità.
Arriviamo ora ad
un nono senso. Lo troviamo, se riflettiamo che vi è indubbiamente
nell’uomo una capacità percettiva, che è di specialissima
importanza per fondare l’antroposofia; una capacità percettiva che
non poggia sul giudizio, ma pur tuttavia esiste in esso. Questo è
ciò che noi percepiamo, quando c’intendiamo coi nostri simili per
mezzo della favella. A base della percezione di ciò che viene
trasmesso per mezzo della favella vi è un vero senso: il senso
del linguaggio.
Il bambino, prima
di imparare a giudicare, impara il linguaggio: il giudicare spetta al singolo,
ma ciò che parla al senso non è sottoposto all’attività
animica del singolo. La percezione che un suono articolato significa questo
o quello non è un semplice udire – questo ci palesa soltanto
l’interiore vibrare di una cosa – ma deve piuttosto conferire uno speciale
significato a ciò che si esprime nel linguaggio. Perciò
il bambino impara a parlare, o per lo meno a comprendere ciò che
viene detto parlando, prima che egli cominci a giudicare. Soltanto col
linguaggio egli impara a giudicare. Il senso del linguaggio è
un educatore, come lo sono pure i sensi dell’udito e della vista, nella
prima età infantile. Ciò che il senso percepisce non si può
modificare, non vi si può guastare nulla; si percepisce un colore,
ma col giudizio non vi si può modificare né guastare nulla;
e cosí neppure per mezzo del senso del linguaggio, quando percepiamo
l’interiorità del suono enunciato. È necessario indicare
il senso del linguaggio come il nono senso.
Arriviamo ora al
decimo senso, il piú elevato per la vita ordinaria: il senso
del concetto. Per esso l’uomo diventa capace di comprendere, come
se lo percepisse, il concetto, che non è rivestito dal suono del
linguaggio. Per poter giudicare dobbiamo avere dei concetti. Se l’anima
deve muoversi, occorre prima che essa possa percepire il concetto. Per
questo le occorre il senso del concetto, che è precisamente un senso
a sé, come lo sono il senso dell’olfatto e quello del gusto.
Vi ho enumerato
ora dieci sensi e non ho citato il senso del tatto. Ma che ne è
del senso del tatto? – qualcuno potrebbe chiedere. Un modo di considerare
le cose che non possiede i fili spirituali confonde ogni cosa. Il senso
del tatto viene ordinariamente compreso con il settimo senso, il senso
del calore. Soltanto sotto questo aspetto, come senso del calore, esso
ha un significato. Certamente, la pelle può essere indicata come
organo di questo senso del calore – la pelle, la quale esiste pure come
organo per questo senso del tatto. Ma noi non tastiamo soltanto quando
tocchiamo superficialmente un oggetto, noi tastiamo pure quando cerchiamo
qualcosa con gli occhi, tastiamo quando gustiamo qualcosa con la lingua,
tastiamo quando annusiamo qualcosa con il naso. Il tastare è una
qualità comune ai sensi dal quarto al settimo: essi sono tutti sensi
del tatto.
R. Steiner, I tre mondi dello Spirito (Antroposofia
– Pneumosofia – Psicosofia),
Libritalia, Cerbara 1997
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