La crescita dell’uomo durante il corso della sua storia ha significato
per lui progresso in campo tecnico, scientifico, sociale, evoluzione sul
piano intellettuale e spirituale, nonché risposte sempre piú
precise a interrogativi che si era posto per millenni, quali la costituzione
del sistema solare, o il meccanismo di riproduzione cellulare.
Ma lo studio dell’estensione dell’universo o della divisibilità
dell’atomo riportano l’uomo, che solo un secolo fa era chiuso nella sua
mentalità positivistica, a interrogarsi sull’infinitudine, sulla
divinità: la conoscenza umana non può spiegare tutto, e di
conseguenza la scienza, che tanto si voleva allontanare da una visione
spirituale dell’uomo e della natura, è obbligata a tornarvi.
Nella sua corsa al progresso, l’uomo è costretto a fermarsi,
a chiedersi il significato della propria esistenza, il compito che il Divino
gli ha assegnato. Dimentico, o ignaro, della sua funzione di ordinatore
della Natura, di “coltivatore” della Terra, di apportatore di armonia fra
le creature e di artefice della trasformazione della Terra in un giardino,
l’uomo corre ora il rischio di distruggere la vita sul nostro pianeta,
e quindi se stesso.
L’essere dell’uomo è vivere come creatura superiore tra le altre
che lo circondano, evolversi spiritualmente e conseguentemente far evolvere
anche gli altri esseri viventi, entrando in contatto con quelle forze positive
della natura che lo possono aiutare nel suo cammino.
La chiamata per l’umanità c’è, ed è costante,
da sempre: è la vocazione a diventare Cristo, il “Figlio dell’Uomo”,
cioè quello che l’uomo dovrà essere quando sarà giunto
al termine della sua strada. Questa è già tracciata, ed ogni
essere umano è in grado di seguirla, perché ciascuno ha già
in sé le forze spirituali necessarie per crescere: razionalità,
sentimento e volontà sono in noi come segno della presenza nell’uomo
della divina Trinità.
Il rifiuto della concezione del Divino da parte di validi ingegni,
intellettuali, scienziati e filosofi, avvenuto negli ultimi secoli con
l’allontanamento dalle religioni tradizionali, ci appare nella sua valenza
positiva, se pensiamo che oggi l’uomo può recuperare i valori della
tradizione ed aggiungerne di nuovi, con maggiore consapevolezza e piú
profonda spiritualità.
I problemi che attualmente attanagliano l’umanità, cioè
la violenza, l’inquinamento, il rischio di guerre catastrofiche, l’egoismo
e la perdita della moralità, segni evidenti di una volontaria sordità
alla chiamata divina, possono essere risolti con l’impegno dell’uomo ad
attingere alle proprie forze per combattere il male che è dentro
lui stesso e, di conseguenza, all’esterno.
La grandiosità della natura umana gli permetterà di uscire
vincitore da questa battaglia interiore, come è per il protagonista
del Faust di Goethe, e di passare, trionfatore, la soglia di una Nuova
Era.
da: «L’Archetipo» 3, I, 1989
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