L’Archetipo Anno IV n. 11, Settembre 1999

Catarismo

I PRECURSORI DEI TEMPI MODERNI

Non basta certamente considerare il passato per quel che vi è di morto, occorre vedere in che cosa esso ha preparato il presente e l’avvenire. Sapete bene con quale partito preso gli avversari dei catari scrivono la storia; la sola designazione di “eretici” comporta, ai loro occhi, un giudizio di condanna. Abbiamo spesso dato esempi di questo partito preso, non vogliamo tornarci sopra. Preferiamo darvi indicazioni positive, come quella di Charles Molinier, che è stato professore alle Facoltà di Lettere di Tolosa e di Bordeaux, prendendo il suo libro su La Chiesa e la società catara (Estratto della rivista storica, vol. XCIV-XCV, anno 1907).
«I catari respingono l’accusa d’eresia che viene lanciata contro di loro; essi osservano la fede in Gesú Cristo e nel suo Vangelo. Comprendono i miracoli dal punto di vista spirituale. “I loro veri miracoli – ha detto con ragione Schmidt – erano la conversione a Dio delle anime, la loro liberazione dalla servitú dei demoni, la loro rinnovata unione con lo Spirito Santo”».
Intorno alla Chiesa dei puri, composta non di perfetti – secondo il termine che Molinier sembra preferire – ma di catari, dal greco catharos, puro, chiamati anche “buoni uomini” e buoni cristiani, si è formata tutta una società di credenti. Ch. Molinier descrive la vita austera e il lavoro costante dei catari; gli uomini sono i propagatori, gli apostoli, sempre in compagnia di un socio (socius), nel corso dei loro viaggi, le donne si occupano dell’educazione dei giovani, dirigono una sorta di orfanotrofi in cui allevano fanciulli sfortunati, curano gli indigenti e i malati, esercitano in una certa misura le funzioni sacerdotali degli uomini, in particolare la predicazione e la benedizione del pane. Tutti, fratelli e sorelle, sono ugualmente venerati dai credenti.
Il nostro storiografo risponde alle accuse puerili che si muovevano contro di loro: essi non possedevano personalmente alcun bene, ma una cassa comune provvedeva ai loro bisogni; nessun testo tuttavia indica che abbiano interdetto la proprietà individuale ai loro credenti. Quanto alla famosa questione della condanna del matrimonio, benché abbiano fatto di tutto per ingarbugliarla, una cosa la chiarisce, ed è che essi permettevano il matrimonio ai loro fedeli e che lo interdicevano ai preti, come nella Chiesa di Roma. Molinier cita a tal proposito questa testimonianza di Etienne di Borbone: «Uxores electis eorum prohibentur, auditoribus (credentibus) concederunt» (Essi interdicono le mogli ai propri eletti e permettono mogli legittime ai loro uditori (credenti).
Le diatribe dei catari sui pericoli e l’immoralità dell’unione sessuale, anche nel matrimonio, erano «un tema favorito per i primi Padri della Chiesa cristiana, quelli d’Oriente in particolare». I sospetti e le diffamazioni di avversari fanatici e in cattiva fede non hanno alcun valore, poiché gli interrogatori dell’Inquisizione non ne fanno alcuna menzione, e questo silenzio è fondamentale, dato che gli Inquisitori cercavano tutti gli indizi possibili. Il monaco francescano Jean de Capelli proclama apertamente la loro purezza e ne afferma la realtà. Abbiamo già detto come la credenza nelle vite successive chiarisca esattamente l’attitudine dei catari riguardo al matrimonio e alla famiglia, cosa non ancora considerata da Charles Molinier. Inoltre, i credenti avevano un’assoluta devozione verso i “buoni uomini”. In effetti, questi non dovevano la loro popolarità solo a uno stile di vita austero e puro. Quei sentimenti popolari erano mantenuti e accresciuti da «altre virtú sicuramente meno elevate, ma tali da far nascere l’entusiasmo. Vogliamo dire la mancanza d’orgoglio, un’esistenza senza ricercatezze, una familiarità piena di bonomia verso i piccoli e i semplici. A tale riguardo i testi dell’Inquisizione ci forniscono testimonianze che non permettono alcun dubbio».
Le donne catare lavoravano spesso nei loro laboratori di cucito, i “buoni uomini” nei campi, dove li si vedeva mietere per conto dei proprietari. «Questa condizione di mercenari alla quale talvolta si riducono i “perfetti” non altera affatto il rispetto che viene loro dato dai propri fedeli, né impedisce ad essi di continuare a dare quei segni che sono di regola». Erano inoltre molto dolci, molto premurosi verso le donne e i bambini, e agivano allo stesso modo dei primi apostoli e del Cristo stesso. Da parte loro, i credenti erano laboriosi ed economi, riuscivano in qualunque cosa alla quale si applicavano: agricoltura, commercio, industria. Una considerevole parte delle loro economie passava alle opere di carità, e questo sentimento di solidarietà era «cosí manifesto che gli scrittori ortodossi hanno dovuto, nonostante tutto, attestarlo anch’essi apertamente, e notare l’umanità di questi settari che essi esecrano, la loro sollecitudine per i diseredati di questo mondo, gli indigenti, i prigionieri, i miserabili cacciati dal loro focolare e dalla loro patria». Ch. Molinier segnala in particolare le parole del domenicano Humbert de Romans, riportate da Schmidt sulla cura che i “buoni uomini” prendevano dei loro credenti, e le elemosine che raccoglievano di continuo per loro. E cosí, in seno al mondo cattolico, questa minoranza di dissidenti è «un’élite le cui virtú sono indubitabili».
Per concludere in merito a questa “eresia grandiosa”, Molinier cita questo passaggio di Alphandéry: «L’influenza di questi eterodossi, e particolarmente dei catari, sul misticismo laico dell’inizio del XIII secolo segna un grande progresso nello sviluppo della personalità umana».
…«È che raramente – scrive Ch. Molinier – è esistito un sistema dogmatico piú completo e piú saggio... Per sostenere il sistema cosí costituito si sono riuniti alcuni dottori, di cui i loro stessi avversari, i polemisti ortodossi, hanno dovuto riconoscere la scienza e la potente dialettica. Questi dottori hanno formato un lungo seguito di maestri. Essi sono i brillanti allievi delle Scuole e delle Università dell’epoca. Hanno assimilato tutto il sapere contemporaneo».
Il favore di cui hanno goduto le credenze catare e la loro forza non vengono solo dalla loro contrapposizione alle tendenze secolari e politiche della Chiesa di Roma, contrapposizione che prepara il ridimensionamento del pontificato. «Queste dottrine sono anche un tentativo di liberazione del pensiero umano non soltanto nel campo religioso, ma anche nell’affermazione del diritto inalienabile di ogni uomo a organizzare la propria vita morale e intellettuale nella maniera che piú gli conviene». Dopo i valdesi e il misticismo popolare «ben venga il XVI secolo. Accelerato dagli studi delle scienze della natura, il movimento prenderà il suo carattere definitivo. Da allora si estenderà in senso puramente laico e umano. Sulle conquiste ogni giorno piú spiccate e sicure di un pensiero quasi adulto, fonderà l’impero di quella forza irresistibile che è lo spirito moderno».
La corrente catara si è d’altro canto perpetuata con i templari e i rosicruciani, i quali si sono dedicati in particolare allo studio delle scienze naturali in un senso profondamente spirituale. Alcuni filosofi, come Vladimir Soloviev, hanno ritrovato il senso del dualismo dei due princípi del bene e del male e del distacco dai sensi, e, come Maine de Biran, hanno ripreso coscienza della comunicazione interiore dell’anima con uno spirito superiore. Ma soprattutto, la stessa corrente ha preparato, con i Rosacroce, una rinascita della scienza dello Spirito. Ciò che occorre attualmente, ora che le anime dei martiri agiscono di continuo per la realizzazione di un puro ideale umano, è che noi formiamo delle anime pure che siano capaci di ricevere le loro ispirazioni.
Liberi dalle passioni e dai vizi che separano, dagli istinti di violenza che distruggono, non spegniamo il lumicino delle religioni popolari che ancora brillano nelle tenebre, ma, illuminati dalla luce del Cristo che ci unirà gli uni agli altri attraverso la nostra natura divina, sforziamoci di realizzare poco a poco nell’amore puro una umanità nuova e migliore.

Déodat Roché

D. Roché, L’evoluzione individuale e l’armonia sociale,
IX Congresso della Società degli studi catari, Montpellier, 27 marzo 1956

 
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