L’Archetipo Anno IV n. 11, Settembre 1999

Il racconto

 
Una giovane moglie si ammalò ed era in punto di morte.
«Ti amo tanto – disse al marito – che non voglio lasciarti. Non tradirmi con nessun’altra donna. Se lo fai, tornerò sotto forma di fantasma e ti darò fastidi a non finire».
Ben presto la moglie morí. Il marito, per i primi tre mesi, rispettò il suo ultimo desiderio, ma poi incontrò un’altra donna e se ne innamorò. Cosí i due si fidanzarono.
Subito dopo il fidanzamento, tutte le notti all’uomo appariva un fantasma che gli rimproverava di non mantenere la sua promessa. E il fantasma era intelligente. Gli diceva per filo e per segno tutto quello che era successo tra lui e la sua nuova fidanzata. Tutte le volte che lui faceva un regalo alla sua promessa sposa, il fantasma lo descriveva in tutti i particolari. Ripeteva persino i loro discorsi, e tormentava l’uomo a tal punto che il poveretto non riusciva a chiudere occhio. Qualcuno gli consigliò di sottoporre il suo problema a un maestro di Zen che viveva nei pressi del villaggio. E infine, disperato, il pover’uomo andò a chiedergli aiuto.
«La tua prima moglie è diventata un fantasma e sa tutto quello che fai – spiegò il maestro – qualunque cosa tu faccia o dica, qualunque cosa tu regali alla tua innamorata, il fantasma lo sa. Dev’essere un fantasma molto sagace. Francamente, dovresti ammirare un fantasma del genere. La prossima volta che ti appare, vieni a patti con lei. Dille che è cosí abile che non puoi nasconderle niente, e che se risponderà a una domanda tu le prometterai di rompere il fidanzamento e di restare vedovo».
«Qual è la domanda che devo farle?» disse l’uomo.
Il maestro rispose:
«Prendi una gran manciata di semi di soia e domandale quanti semi hai in mano. Se non è in grado di dirtelo, saprai che è soltanto una immaginazione della tua mente e non ti tormenterà piú».
La notte dopo, quando gli apparve il fantasma, l’uomo si mise ad adularla e le disse che lei sapeva tutto.
«Infatti – rispose il fantasma – e so che oggi sei andato a trovare quel maestro di Zen».
«E visto che sei cosí brava – ribatté l’uomo – dimmi quanti semi ho in questa mano!».
Non ci fu piú nessun fantasma che rispondesse a quella domanda.

Uno studente di Zen andò da Bankei e gli espose un suo problema:
«Maestro, io ha certe collere irrefrenabili. Come posso guarirne?»
«Hai qualcosa di molto strano davvero – disse Bankei – Fammi dunque vedere di che si tratta».
«Be’, cosí su due piedi non posso fartelo federe» rispose l’altro.
«Quando potrai farmelo vedere?» domandò Bankei.
«Salta fuori quando meno me l’aspetto» rispose lo studente.
«Allora – concluse Bankei – non dev’essere la tua vera natura. Se lo fosse, potresti mostrarmelo in qualunque momento. Quando sei nato non l’avevi, e non te l’hanno dato i tuoi genitori. Pensaci un po’ sopra».

Ikkyu, il maestro di Zen, era molto intelligente anche da bambino. Il suo insegnante aveva una preziosa tazza da tè, un oggetto antico e raro. Sfortunatamente Ikkyu ruppe questa tazza e ne fu molto imbarazzato. Sentendo i passi dell’insegnante, nascose i cocci della tazza dietro la schiena. Quando comparve il maestro, Ikkyu gli domandò:
«Perché la gente deve morire?».
«Questo è naturale – spiegò il vecchio – ogni cosa deve morire e deve vivere per il tempo che le è destinato».
Ikkyu, mostrando la tazza rotta, disse:
«Per la tua tazza era venuto il momento di morire».

Gli insegnanti di Zen abituano i loro giovani allievi a esprimersi. Due templi Zen avevano ciascuno un bambino che era prediletto tra tutti. Ogni mattina uno di questi bambini, andando a comprare le verdure, incontrava l’altro per la strada:
«Dove vai?» domandò il primo.
«Vado dove vanno i miei piedi» rispose l’altro.
Questa risposta lasciò confuso il primo bambino, che andò a chiedere aiuto al suo maestro.
«Quando domattina incontrerai quel bambino – gli disse l’insegnante – fagli la stessa domanda. Lui ti darà la stessa risposta, e allora tu domandagli: “Fa’ conto di non avere i piedi: dove vai, in quel caso?”. Questo lo sistemerà».
La mattina dopo i due bambini si incontrarono di nuovo.
«Dove vai?» domandò il primo bambino.
«Vado dove soffia il vento» rispose l’altro.
Anche stavolta il piccolo rimase sconcertato, e andò a raccontare al maestro la propria sconfitta.
«E tu domandagli dove va se non c’è vento» gli consigliò il maestro.
Il giorno dopo i ragazzi si incontrarono per la terza volta.
«Dove vai?» domandò il primo bambino.
«Vado al mercato a comprare le verdure» rispose l’altro.

da: 101 Storie Zen, a cura di N. Senzaki e P. Reps, Adelphi, Milano 1982

 
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