È in corso
un acceso dibattito parlamentare tra sostenitori ed oppositori della riapertura
delle cosiddette “case chiuse”; qualora l’iniziativa dovesse andare in
porto, e perdurando l’attuale confusione culturale in materia, si potrebbe
persino ipotizzare entro un certo numero di anni un analogo movimento di
segno opposto, favorevole ad un’ennesima chiusura. La legalizzazione proposta,
riconducibile al vistoso aggravamento del fenomeno della prostituzione,
al di là di qualunque valutazione sulla sua reale efficacia, tradisce
una sostanziale “impasse” nei confronti del problema di fondo, la degenerazione
sessuale. Né potrebbe essere altrimenti in presenza del moltiplicarsi
di messaggi, immagini, suggestioni “ammiccanti”, ormai a quanto pare indispensabili
anche per pubblicizzare un dentifricio, e di un parallelo dibattito culturale
in materia, che si trascina tra demagogici luoghi comuni sulla libertà
di comportamento e semplicistici precetti etologici, mutuati direttamente
dal mondo animale. La “brama” erotica appare comunque sostanzialmente inattaccabile
da parte di tali altalenanti teorie, ignare dell’immane retroscena del
fenomeno, tutte piú o meno contaminate dal dogma freudiano della
“libido”, che ha indiscutibilmente contribuito ad indirizzare il problema
in un vicolo cieco, pur avendone in qualche misura individuato la centralità
(1).
Evidentemente quanto
precede non intende minimizzare l’oltraggiosa realtà costituita
dalle migliaia di tragedie umane vissute da disgraziate spesso giovanissime,
ridotte in condizioni di vera e propria schiavitú; né contestare
la necessità di intervenire comunque in ambito normativo, repressivo
e sanitario con la massima dedizione. Nella piena consapevolezza della
misteriosa profondità del tema, e lungi da qualunque accademismo
critico pseudomoraleggiante, appare però sempre urgente riconsiderare
approfonditamente la vera natura della brama erotica, secondo un’ottica
appropriata, che non si limiti al momento dello scatenamento dell’impulso,
ma indaghi spregiudicatamente il processo immaginativo che lo precede e
lo determina. Qui infatti, a livello del mentale umano, si manifesta il
“guasto”(2), in estrema sintesi riconducibile
ad un’atavica alterazione del rapporto tra il pensare ed il volere, in
una fase drammatica quanto decisiva del millenario divenire cosmico-umano,
mirabilmente ricostruito da M. Scaligero nell’opera citata.
In altri termini,
in conseguenza di quello che teologicamente si definisce “peccato originale”,
il pensare, separato dalle alte potenze del volere per l’intervento di
entità cosmiche “ribelli”, proprio in quanto tali cooperanti alla
neoformazione della libera autocoscienza umana(3),
perde la forza di identificarsi con la propria scaturigine superiore e
viene progressivamente irretito dall’apparire sensibile, nel quale s’illude
di ritrovare quanto smarrito; obliata la dimensione originaria, l’uomo
è sempre piú sedotto dalla brama di ogni parvenza fisica
e «radicalmente del sesso»(4),
sino al totale smarrimento dei giorni nostri.
Conseguentemente
la via della reintegrazione dell’umano non può che mirare al ricongiungimento
delle due sfere: «La sintesi delle due polarità, pensare e
volere, …non soltanto isola la sfera degli istinti corrotti, ma la conosce…»(5).
Il problema non è dunque il sesso in quanto funzione fisiologica,
ma la stratificazione delle brame aberranti determinata dal processo descritto.
In campo psicologico,
uno studioso americano, A.H. Maslow(6),
ha da tempo approfondito le caratteristiche dei bisogni “perversi”, nel
cui àmbito correttamente include la degenerazione sessuale, che,
a differenza delle necessità naturali quali la fame, placabile con
quantità di cibo pressoché costante, pretendono una
soglia fisiologica d’appagamento inesorabilmente crescente, nel
caso specifico puntualmente riscontrabile nell’apparente inesauribilità
delle perversioni sessuali. L’immaginazione erotica, come si è visto
vera sorgente degli omonimi impulsi, determina le conseguenze piú
gravi soprattutto a livello del rapporto dell’autocoscienza umana con la
sua controparte superiore, in quanto occupando illegittimamente la sfera
predisposta alla ricongiunzione
di un pensiero finalmente svincolatosi dal condizionamento cerebrale con
la sua intatta scaturigine originaria, preclude all’uomo l’accesso cosciente
al Mondo Spirituale: «Il sesso è uno con il potere che vieta
la comunione dell’Io con la propria essenza»(7).
R. Steiner cosí
si esprime sul tema: «Chi considera senza preconcetti ciò
che avviene nella storia del mondo, riconoscerà come la sessualità
possa tradire tutto ciò che di spirituale vi è nell’uomo»(8).
M. Scaligero in proposito afferma: «…non v’è facoltà
superiore dell’uomo, come l’intuizione, la carità, il coraggio,
la lealtà, la fedeltà, che possa estrinsecarsi nella sua
pienezza, senza sciogliersi da un vincolo radicale, che è l’eros:
non il sesso, ma la brama ad esso connaturata»(9).
Appare pertanto destinato a scarsa fortuna, pur se encomiabile, ogni sforzo
indirizzato al recupero di un significativo livello morale, individuale
e collettivo, che non affronti anche sul piano sovrasensibile la problematica
che si è tentato di delineare. L’autore del Trattato del pensiero
vivente non si limita a rivelarci il complesso retroscena del fenomeno,
ma indica meticolosamente la via verso la reintegrazione del livello perduto,
in primo luogo attraverso la disciplina generale relativa alla liberazione
del pensiero; l’esercizio fondamentale(10),
la concentrazione sull’immagine di un semplice oggetto, liberamente scelto,
postula e induce l’inserimento di un prezioso impulso volitivo nell’attività
pensante, che ripetuto quotidianamente integra le due facoltà separate
in una superiore unità. In secondo luogo, gli esercizi finalizzati
all’ascesi della percezione(11), attraverso
la contemplazione diretta del regno minerale e di quello vegetale, mirano
a realizzare il totale silenzio del pensare e del sentire, propiziando
il rapporto diretto tra l’Io e l’apparire sensibile. L’insieme delle due
discipline concorre a liberare l’astrale, sede di ogni brama(12),
dalle menzionate forze ostacolatrici, la cui funzione positiva è
ormai esaurita, restituendolo fedele arto dello Spirito.
(1)
M. Scaligero, GRAAL, Ed. Perseo, Roma 1969, pp. 31 e 94
(2) ibidem, p. 89
(3) R. Steiner, Gerarchie
spirituali, Editrice Antroposofica, Milano 1980, p. 151
(4) op. citata alla
nota (1), p. 59
(5) ibid. p. 54
(6) A.H. Maslow, The
farther reaches of human nature, Penguin book, USA 1976
(7) op. citata alla
nota (1), p. 62
(8) R. Steiner, Natale,
Pasqua, Pentecoste, Ed. Atanor, Roma 1981, p. 81
(9) op. citata alla
nota (1), p. 21
(10) M. Scaligero,
Manuale pratico della meditazione, Ed. Tilopa, Roma 1984, p. 28
(11) ibid. p. 48
(12) R. Steiner, Teosofia,
Ed. Antroposofica, Milano 1994, p. 46
Immagine: «Circe»
di Wright Barker (1863-1941)
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