PERSONAGGI
Volendo stigmatizzare l’inveterata opinione comune sulla inutilità di comporre versi, il poeta gallese Dylan Thomas nella nota introduttiva ai suoi Collected Poems riportava un aneddoto circolante nella tradizione orale della sua gente. Raccontava di un pastore il quale, dall’interno di cerchi magici che aveva tracciato sul terreno, rivolgeva implorazioni alla luna affinché proteggesse il suo gregge. A chi gli chiedeva il motivo di quel rituale il pastore rispondeva: «Sarei un folle se non lo facessi!»
Forte di un’antica sapienza, quell’uomo semplice era consapevole, senza dubbi né riserve, di una “simpatia universale” tra il cielo, i suoi fenomeni, i corpi che lo popolavano e le vicende umane. Essendo gli astri una emanazione visibile della divinità, il loro influsso sulla vita degli uomini, della natura e del cosmo era determinante. Gli eventi celesti, i moti del sole e dei pianeti, le eclissi, le comete, i tuoni e i fulmini, gli arcobaleni e persino la forma delle nubi, rivelavano una corrispondenza con gli avvenimenti terrestri. La perfezione e l’armonia del mondo celeste indussero gli antichi a ritenere i corpi cosmici quali manifestazione fisica degli Dèi. La volta tempestata di lumi palpitanti rappresentava una dimensione ideale, indagando e interpretando la quale era possibile decifrare il destino dell’umanità e prevederne l’evoluzione nel tempo.
La cosmogonia astrologica degli antichi derivava da una poetica divinatoria nutrita di fede e di totale abbandono al divino. L’astronomia fu l’organizzazione sistematica in chiave scientifica di quel primitivo e genuino sentimento di comunione profonda con il mondo astrale. Ed è un fatto che la scienza, pur obbedendo alla necessità tutta umana di razionalizzare il metafisico, porta insieme ai suoi rimedi pragmatici controindicazioni ed effetti collaterali che possono, se non temperati dalla chiaroveggenza spirituale, causare la sterilità di ogni slancio trascendente. Tale fu infatti il procedere della scienza naturalistica. Col progredire delle ricerche e scoperte, la mantica si trasformò in matematica e i sapienti esploratori del cosmo cominciarono a demolire l’aura di mistero che circondava il cielo e le sue manifestazioni. I simboli divennero codici, la favola e il mito decaddero nella cruda enunciazione di princípi dinamici e meccanici, corroborati da rigide formule algebriche e calcoli geometrici. Quanto poi alle relazioni e concordanze tra le vicende umane e gli astri, agli influssi negativi o benèfici che i pianeti e i corpi celesti potevano avere sui fenomeni naturali e sui destini degli uomini, molti studiosi del cielo, sempre piú scadendo nel materialismo, finirono col ritenerli un retaggio del mito e delle fantasie di un’umanità bambina perduta dietro i sogni e le favole. Relegarono in tal modo l’astrologia nel colorito e alquanto eccentrico dominio della magia e dell’occulto.
Ma non tutti. Qualcuno si ostinò a portare la fiaccola dell’antica scienza astrologica quale sapere misterico che indaga e illumina le relazioni profonde e vitali tra i vari elementi del cosmo e tra gli uomini e la divinità attraverso la lettura dei corpi e dei fenomeni celesti. Alcuni giunsero persino a cogliere nell’ordinamento degli astri il soffio dello Spirito vivente, di quel Logos da cui tutto muove e tutto si anima di vita.
Raimondo Lullo fu uno di questi irriducibili testimoni della divinità artefice e ordinatrice del tutto cosmico, delle forze creatrici da essa emanate, della trascendenza che si fa immanenza nella materia fisica. Nacque a Maiorca nel 1235. Dopo una gioventú movimentata, si convertí nel 1266 e divenne terziario francescano. Una crisi mistica lo relegò nel convento di Randa, dove si dedicò a scrivere i suoi trattati filosofici e poetici: Lo Cant de Ramón, El Descornort, capolavoro della lirica catalana, il Libre de Maravelles e l’opera mistica Libre de contemplació. Terminato il ritiro claustrale di Randa, iniziò la sua missione evangelizzatrice dei Mori del Nord Africa, avendo appreso a parlare e scrivere correntemente l’arabo, lingua che proponeva si insegnasse nei seminari cattolici. Ormai in età avanzata, dopo essere stato piú volte imprigionato dal Saraceni, venne lapidato in Algeria.
Definito mentre era in vita doctor illuminatus, alla sua morte fu venerato come martire e beato in Catalogna e in tutta la penisola Iberica. Era stato amico di Federico II, aveva insegnato a Napoli, Roma e Genova, soggiornato a Vienna e a Parigi. Ovunque, oltre alla divulgazione dei suoi progetti di conversione degli infedeli, aveva illustrato ai sapienti e studiosi i princípi del suo trattato Ars Magna, metodo universale di scienza mirante a ricavare dalla molteplicità e complessità della realtà cosmica i princípi essenziali e le leggi che la ispirano e strutturano, riducendoli in termini semplici, combinando i quali mediante il calcolo matematico era possibile risalire ai segreti che governano la natura e gli uomini.
Ecco come il filosofo Franz Brentano, secondo quanto riportato ne I mistici di Rudolf Steiner, descrive il sistema ideato da Lullo: «Sopra una serie di dischi concentrici, e separatamente girevoli, venivano segnati vari concetti dei quali si producevano poi, mediante rotazione, le piú svariate combinazioni». Aggiunge Steiner che «ciò che in seguito alla rotazione il caso faceva coincidere, veniva raccolto a formare un giudizio intorno alle piú eccelse verità». Ma poi, lo stesso Steiner, nel suo Sedi di Mistero nel Medioevo, rivela il versante occulto del procedimento messo a punto dal mistico, poeta, filosofo e missionario catalano: «…Fu il Lullo una personalità che …giunse nel modo piú eminente a voler rinnovare nel suo tempo con tutta la sua forza i misteri del Logos, della Parola, quali erano fioriti nell’antichità. Egli volle rinnovarli mediante la conoscenza di sé, mediante quell’autoconoscenza della quale ho detto come nel dodicesimo, tredicesimo secolo venisse intensamente coltivata. È da questo punto di vista che va giudicata l’opera di Raimondo Lullo conosciuta sotto il titolo di Ars Magna (La grande arte). Diceva a se stesso il Lullo: quando l’uomo parla, nell’atto del parlare si realizza anche un microcosmo. In fondo è l’uomo intero a parlare, concentrato negli organi del linguaggio; il mistero di ogni parola sta però nell’uomo intero, e in quanto sta nell’uomo intero, il segreto di ogni parola si trova in realtà nell’universo. Scoprí dunque che il segreto della parola in fondo va ricercato dapprima nell’uomo, penetrando profondamente dai soli organi del linguaggio all’organizzazione umana complessiva, e in un secondo momento va ricercato nel cosmo, cercando di comprendere, partendo dal cosmo, l’organizzazione totale dell’uomo. Mettiamo per esempio che si voglia comprendere nel suo vero significato il suono A. L’uomo dovrà scoprire che il suono vocalico A, quale si manifesta nell’espirazione configurata in quel certo modo, è dovuto a un determinato atteggiamento del corpo eterico, atteggiamento che oggi è possibile conoscere.
…Non che Raimondo Lullo abbia conseguito piena chiarezza su tali connessioni: in lui tutto rimase solo un presagio. Tuttavia il suo presagio gli consentí di seguire in certo qual modo fuori, nel cosmo, l’atteggiamento interiore dell’uomo, fino a formulare la cosa in questi termini: se tu guardi verso la costellazione del Leone e poi verso quella della Bilancia, dal rapporto fra le due direzioni visuali ti scaturisce la A. Se guardi al pianeta Saturno, questo arresta la direzione del tuo sguardo; e se Saturno si trova, mettiamo, davanti all’Ariete, dovrai per cosí dire ruotare con Saturno intorno all’Ariete: questo ti darà la sensazione della O, partendo da constatazioni cosmiche. Partendo da presagi di questo genere, Raimondo Lullo tracciò certe figure, e ne segnò con lettere gli angoli e i lati. Allora gli risultò chiaro che se, partendo dalle proprie sensazioni, si tracciano linee in quelle figure, congiungendo i punti, gli angoli con linee diagonali od oblique… allora vi si debbono scorgere delle combinazioni di suoni le quali esprimono certi segreti dell’universo.
Raimondo Lullo era dunque andato alla ricerca di una specie di rinascimento dei segreti del Logos, quali erano stati coltivati nei Misteri antichi. Questo fatto risulta deformato, nella menzione che ne fanno i documenti storici. Se però si riesce a poco a poco a stabilire per cosí dire un rapporto personale con Raimondo Lullo, si scopre che con le sue elaborazioni egli tentava di svelare nuovamente i segreti della Parola cosmica. Proprio in questo genere di sforzi, di aspirazioni, vissero ancora per alcuni secoli i discepoli degli iniziati medievali. Si trattava dello sforzo molto intenso di immergersi prima nella natura umana, per poi penetrare oltre, passando al di là dell’uomo nei segreti del cosmo.
Quei saggi (cosí è lecito chiamarli) cercarono in tal modo di congiungere la Rivelazione con la natura. Essi erano convinti di poter pervenire in questo modo a scoprire ciò che sta dietro la Rivelazione religiosa e ciò che sta dietro alla rivelazione naturale, e gran parte della loro convinzione era davvero ben fondata. Essi infatti vedevano chiaramente che l’uomo, quale era presente in Terra al tempo loro, era stato in origine destinato a diventare la quarta gerarchia, ma aveva subíto una caduta, per effetto della quale era disceso al di sotto della sua vera natura; perciò ora l’uomo si trova impigliato nell’esistenza fisica piú profondamente di quanto in realtà dovrebbe, senza peraltro possedere la forza di sviluppare in modo adeguato la sua parte animico-spirituale. Da tali orientamenti e aspirazioni scaturí poi la Via dei Rosacroce».
Con la rivoluzione eliocentrica copernicana, il rapporto di simpatia-empatia tra l’ordine cosmico e gli uomini ulteriormente si raffreddò sino a rarefarsi, al punto da stravolgere nei termini e nelle espressioni la considerazione che le antiche civiltà avevano avuto per i fenomeni celesti. Osservati attraverso strumenti ottici sempre piú raffinati, in grado di spingere i sondaggi astronomici oltre i limiti fino ad allora ritenuti invalicabili, i corpi cosmici finirono col rappresentare nudi oggetti di analisi, privati di ogni sacra e misterica valenza o al peggio null’altro che malefici araldi di sventure e impassibili testimoni degli insanabili tormenti umani. Da qui la conclusione che la sublime armonia cosmica da nient’altro fosse ordinata che da pure e semplici leggi meccaniche e fisiche, e da fortuite combinazioni e coincidenze avvenute in un dato tempo anteriore alla storia della Terra. La soppressione del divino e del sacro fu l’inevitabile conseguenza dell’inebriante nuova umana padronanza della primigenia dimensione misterica su base matematica.
Si vive oggi un’ulteriore estrema fase della relazione uomo-cosmo, terra-cielo, umanità-divinità. Torna inspiegabile e incongruo un geocentrismo di nuovo conio. Gli scienziati sono concordemente giunti alla strabiliante conclusione che non soltanto là fuori nello spazio cosmico nessun Dio ci osserva e ci guida, ma soprattutto che non vi è traccia alcuna di forme di vita intelligente. Siamo cioè perduti nell’immensità dell’universo, orbitanti in solitarie ellittiche e circonvoluzioni, prigionieri del vacuum siderale. Chi auspica incontri con civiltà extraterrestri, nutrendo aspettative di apportare linfe rivitalizzanti alla nostra sclerotica civiltà terrestre, viene tacciato di patetica follia, di delirio contattistico e di anacronismo se, come il pastore gallese ricordato da Dylan Thomas, osa richiamare alla nostra cinica e agnostica attualità le liturgie di un’umanità innocente affidata alla tutela degli Dei.
Ma già si annunciano i tempi nuovi, quando cioè le antiche conoscenze elargite per grazia verranno recuperate con ispirata consapevolezza. Ce lo assicura Edouard Schuré in un suo libro(1) compilato in base a un ciclo di conferenze tenute da Steiner a Parigi nel 1906: «Si può dire che la scienza spirituale è discesa sul piano fisico, ed è quest’ultimo che ora conosciamo bene; ma è venuto il tempo di riacquistare, per mezzo della chiaroveggenza, la conoscenza del mondo eterico e di quello spirituale. La discesa nella materia era necessaria, affinché la quinta epoca rispondesse alla sua missione. Occorreva che la chiaroveggenza eterica e spirituale venisse velata, affinché l’intelletto potesse svilupparsi sul piano della ragione sensibile, attraverso l’osservazione precisa, minuziosa, matematica del mondo fisico. Ora è necessario, anzi urgente, completare la scienza fisica con la scienza spirituale. Ecco un esempio. Generalmente si oppone la carta celeste di Tolomeo a quella di Copernico, tacciando di errore la prima. Ciò è inesatto. Entrambe sono vere, ma la carta di Tolomeo si riferisce al piano astrale: in effetti la Terra è al centro dei pianeti e il Sole è un pianeta; la carta di Copernico si riferisce al piano fisico, dove il Sole realmente si trova al centro. Il sistema tolemaico sarà riabilitato in un prossimo futuro, quando l’uomo nuovamente disporrà della visione astrale».
Confortati da simili auspici di reintegrazione e riscatto, anche noi, come il pastore gallese di Dylan Thomas, tracciamo cerchi magici nel suolo inaridito del nostro vivere e dal loro interno rivolgiamo suppliche al Cielo perché riunisca e protegga il gregge disperso delle nostre speranze. E a chi ci chiederà il motivo di tale patetico quanto obsoleto rituale propiziatorio risponderemo convinti: «Saremmo folli, se non lo facessimo!».

Leonida I. Elliot

(1) E. Schuré, L’iniziazione dei Rosacroce, Tilopa, Roma 1997, pp. 134-135

Immagini:
– Miniatura tratta da un’antica edizione dell’Opera Chemica di Raimondo Lullo
– Gottfried W. Leibniz – Illustrazione per la «Dissertazione sull’arte combinatoria»
ispirata all’Ars Magna di R. Lullo
– La scala che conduce l’uomo alla Divina Sapienza secondo Raimondo Lullo,
da: De Nova Logica, edizione del 1512

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