Nel ciclo dedicato da Rudolf Steiner alla missione di singole anime di popolo, vi è riservato uno spazio indubbiamente centrale alla eccelsa spiritualità dei popoli slavi(1). Dopo aver specificato dettagliatamente quali sono i piani invisibili, le emanazioni pneumatiche(2) di questa trascendente spiritualità, egli indica in Solov’ëv uno dei frutti piú maturi di questa creazione spirituale.
Di particolare rilievo è, per Steiner, la visione dello Stato cristiano caratterizzante il pensiero di Vladimir Solov’ëv: «Non esiste forse contrasto maggiore tra l’idea cristiana dello Stato, quale sta davanti a Solov’ëv come un alto ideale, come un sogno dell’avvenire, di questo concetto cristiano di Stato e di popolo che afferra l’uomo intero per offrirlo al sé spirituale che si riversa dall’alto per avviarlo all’avvenire, affinché le potenze dell’avvenire lo pervadano dell’impulso del Cristo; non vi è contrasto maggiore tra l’idea di questa comunità cristiana, in cui il concetto del Cristo è tutto dell’avvenire, e l’idea dello Stato divino di Sant’Agostino. Questi accetta, sí, il concetto del Cristo e di Stato, ma lo Stato in questione è quello romano che accoglie il Cristo nell’idea di Stato trasmessa dallo Stato romano. Importante è invece un sapere adatto al cristianesimo che si evolve verso l’avvenire. Nello Stato di Solov’ëv il Cristo è il sangue che pervade tutta la vita sociale. Essenziale è che lo Stato viene pensato come dotato di tutta la concretezza della personalità, pur agendo come essere spirituale, adempiendo cioè la sua missione con tutte le caratteristiche della personalità. Sebbene questa filosofia sia ancora in germe, nessun’altra è altrettanto pervasa del concetto del Cristo che nella Scienza dello Spirito ci viene incontro a un gradino superiore»(3).
Vladimir Solov’ëv, soprattutto nel testo I fondamenti spirituali della vita(4), delinea una via di realizzazione cristica all’uomo del suo tempo. Egli indica, infatti, nei precedenti capitoli, i mezzi per una progressiva purificazione della sfera animica individuale affinché l’uomo pneumatico (San Paolo) abbia il sopravvento su quello psico-somatico. Di particolare attualità è il capitolo riservato a “Lo Stato e la Società secondo il Cristo”; per il pensatore russo, un vero Stato, dopo l’incarnazione divina del Logos, non può avere altro compito che quello di spiritualizzare l’umano. Tale percorso è contraddistinto dalla lotta di ogni individuo con la propria natura inferiore, in balía delle Forze del Male, e, in egual misura, dalla eventuale opera di redenzione sociale che un autentico Stato cristiano deve realizzare.
«E come l’elemento divino trova la sua espressione collettiva nella Chiesa(5), cosí l’elemento umano ha una simile forma di espressione nello Stato e, per conseguenza, il legame divino umano si esprime collettivamente in una libera unione della Chiesa e dello Stato, prendendo quest’ultimo l’aspetto di un vero Stato cristiano. In generale, lo Stato costituisce una difesa degli uomini contro le forze esterne degli elementi che agiscono in essi e su di essi. Per formarlo, è necessario che le forze umane si confederino, e questa confederazione esige una certa sottomissione. Lo Stato, perciò, che è un organo dell’indipendenza umana in generale, richiede una rigorosa sottomissione delle forze particolari»(6).
Esaminando poi la storia pre-cristiana, Solov’ëv vi individua due tipi di Stati, il primo – orientale – caratterizzato dal fenomeno della schiavitú, il secondo – occidentale – contrassegnato anche dal ceto dei padroni, oltre a quello degli schiavi. Nell’antico Oriente, continua Solov’ëv, lo Stato è completamente fondato sulla prassi del dominio, o di natura patriarcale o frutto di conquista militare. In entrambi i casi, comunque, il potere del sovrano è assoluto, cosí come la sottomissione dei sudditi. Non esistono diritti dei deboli, ma solamente il principio dell’obbedienza. In Occidente, invece, non vi era spazio solo per la forza e l’obbedienza, quale risultato di conquista militare, ma l’elemento di maggior peso era la lotta permanente delle forze politiche. Da qui nasce la differenza reale tra le due forme di Stato. «Ma la razza temeraria di Jafet che si è misurata con gli Dei, fondava sulla lotta la sua organizzazione politica; in conseguenza, completamente diverso è il tipo di Stato che si ha in Occidente rispetto all’Oriente. Di fronte a questo antagonismo delle forze politiche piú o meno uguali, di cui nessuna è in grado di aspirare ad un predominio assoluto, lo Stato non può essere un dominio, ma deve presentarsi come un equilibrio di forze diverse. Espressione di questo equilibrio è la legge. ...Lo Stato occidentale, in virtú dell’equilibrio dei diritti in lotta, è lo Stato giuridico per eccellenza»(7). Le legislazioni di Licurgo e Solone, l’autentico principio delle città greche, equilibrarono e frenarono la continua lotta dei partiti. Egualmente nello Stato di Roma, massima espressione per Solov’ëv dello stato pre-cristiano d’Occidente, un ruolo fondamentale è giocato dalla perfezione legislativa; quest’ultima, non a caso, ha avuto la funzione di dare un complessivo equilibrio alle lotte tra fazioni (es. patrizi e plebei), assicurando a quest’ultime, tra l’altro, una reale eguaglianza di diritti.
Tale equilibrio, per il Nostro, lascia via libera alla successiva fondazione dell’Impero. Se la legge, la quale è in sé una formula astratta e vuota, incarnandosi produce il potere, l’autorità concentrandosi in una persona, attua il principio dell’Imperium nella figura dell’imperatore. Cosí, sostiene Solov’ëv, è interessante osservare che con un simile processo lo Stato d’Occidente, alla fine del suo processo, giunge al medesimo punto nel quale si reggeva fin dall’inizio lo Stato d’Oriente.
Qui si entra quindi nella visione dello Stato di Solov’ëv: il pensatore russo sostiene che l’Impero romano è l’opera conclusiva di tutto lo sviluppo storico classico: «Era quel fine ultimo verso cui gravitava e a cui aspirava inconsciamente “la razza temeraria di Jafet” nella sua lotta millenaria, questa razza errante e combattente»(8).
Dato che per il paganesimo occidentale lo Stato, quale incarnazione della ragione e della giustizia umana, era il principale scopo della vita, l’Impero romano universale sbriciola la piú forte certezza dell’uomo occidentale, poiché ci si trova di fronte a un finto gigante, ad una immensa struttura, per valore materiale, ma non spirituale.«Ecco, dunque, che lo scopo è pienamente raggiunto: è creato uno Stato, perfetto, universale, uno Stato invincibile, lo Stato per eccellenza, l’Impero romano universale. Ma appena creato, si rivela tosto il vuoto assoluto di questa grandezza formale, la povertà disperante di questa ragione incarnata. Si dovette domandare: a che scopo tutto questo, e quali conseguenze ne verranno?»(9).
Per Solov’ëv, come si è visto, la missione caratterizzata dall’incarnazione della ragione umana fallí proprio con l’Impero Romano; fu dunque con la nascita del Cristo e la propagazione del Cristianesimo che la forza trascendente del Logos finalmente si incarnò definitivamente sul piano umano-storico. L’essenza della visione soloveviana dello Stato è senz’altro qui: mentre lo stato pagano-romano ha in se stesso, nella sua laicità, nella sua umanità, nella sua storicità, la propria ragion d’essere, lo Stato del Cristo ha una missione veramente celeste e trascendente, poiché 1’uomo si può liberamente, volontariamente auto-deificare seguendo l’eroico modello del Redentore, concretizzando il destino del Regno di Dio proprio nell’immanenza della terra.
Inoltre «Lo Stato cristiano riunisce in sé i tratti dello Stato orientale e dello Stato occidentale: secondo la concezione orientale, il cristianesimo mette in un posto secondario quanto concerne la vita dello Stato, mettendo in primo piano la vita spirituale o religiosa; ma, con 1’Occidente, riconosce allo Stato una funzione positiva, un carattere attivo e progressivo: non solo chiama lo Stato a partecipare alla lotta contro le forze cattive del mondo, sotto le insegne della Chiesa, ma esige anche da esso che faccia entrare nella vita politica e internazionale i princípi della moralità, che innalzi gradualmente la società civile all’altezza del’ideale della Chiesa, che la ricrei a immagine e somiglianza del Cristo»(10).
Ciò che esisteva nello stato pagano è, evidentemente, presente anche nello Stato del Cristo di cui parla il pensatore russo; ma tutti gli elementi pagani sono trasformati dalla nuova esperienza spirituale cristiana; il dominio, ad esempio, non è un esercizio di forza, ma diviene uno strumento atto alla vivificazione del bene comune e della tradizione dell’autorità trascendente della Chiesa cristiana. La soggezione e l’obbedienza non sono quelle dello schiavo, ma quelle dell’uomo libero e autocosciente (sia esso il sovrano, sia esso il suddito) che percepisce in sé quello stesso nucleo trascendente che ispira lo Stato cristiano. I diritti, nello Stato cristiano, sono frutto delle intuizioni morali individuali, quindi sono divino-universali e non portatori di individualismo egoistico. La Legge cristiana, ancora, non è semplicemente portatrice della legalità, la quale ha una funzione organizzativa circa il rapporto tra gli uomini, ma è un ideale spirituale, metafisico, che deve illuminare la relazione tra i diversi individui secondo i canoni della suprema e irrevocabile Giustizia. Colui che rappresenta il potere non corrisponde solamente al Cesare pagano in quanto possiede tutti i diritti, ma incarna impersonalmente, nella sua funzione, la missione di adesione spirituale totale rispetto al Cristo e alla Chiesa cristiana, avendo, infatti, solo doveri da compiere per trasfondere l’archetipo cristico sulla terra.
La superiore unità tra potere civile ed autorità spirituale deve avvenire, per Solov’ëv, su una relazione libera e morale, fondata quindi sulla fede e sulla coscienza. In base a una logica puramente morale, il potere temporale rimette le superiori decisioni alla suprema volontà della Chiesa; non è quindi la Chiesa a intromettersi negli affari civili, ma è lo Stato a rimettersi volontariamente a chi dovrebbe rappresentare il Regno di Dio in terra.
In realtà l’ideale del filosofo russo, con la sua poderosa visione, trascende lo Stato e la Chiesa quali istituzioni storiche concretamente presenti ai nostri occhi, come si evince da questo passo: «Nell’Occidente cristiano, la Chiesa ha avuto una volta la tendenza ad assumere forme che erano del dominio dello Stato, mentre invece, nell’Oriente cristiano, il potere dello Stato riuniva non solo l’amministrazione temporale, ma, spessissimo, anche la superiore amministrazione ecclesiastica. È l’ideale di una teocrazia libera che riunisca le due tendenze in un senso nuovo e morale. Allora la Chiesa non si incarna nello Stato se non in quanto è lo Stato che da parte sua si spiritualizza attraverso i princípi cristiani; la Chiesa scende sino alle realtà temporali per gli stessi gradini che lo Stato sale per elevarsi fino all’ideale della Chiesa. Lo Stato si idealizza e spiritualizza, mettendosi al servizio dei piú alti interessi religiosi e, soprattutto, servendoli liberamente. Questi interessi religiosi, di ordine superiore, che la Chiesa determina e lo Stato cristiano, sotto la direzione della Chiesa, deve promuovere, sono di tre specie, secondo una gradazione che va dall’esterno all’interno: 1) diffondere il Cristianesimo nel mondo; 2) nell’interno stesso del cristianesimo lavorare al pacifico avvicinamento dei popoli ; 3) organizzare, in seno a ciascun popolo, dei rapporti sociali conformi all’ideale cristiano»(11).
La visione sociale cristiana soloveviana si estende quindi nel campo civile, fondandosi assolutamente sui valori indicati dal Cristo nei quattro Vangeli. Ciò è lampante soprattutto nel campo del diritto penale; viene infatti scartata dal Nostro tanto la soluzione pagana (intimidazione), quanto quella vetero-testamentaria (taglione); di fronte alle vittime e agli autori del delitto, lo Stato cristiano deve creare un’atmosfera di autentica e verace pietà. Lo Stato cristiano non deve assolutamente giustificare il fatto criminale, ma deve essere in grado di osservare, contemplare addirittura, l’anima del criminale, tentando di rigenerarla secondo il principio luminoso del Logos, che è presente in ogni anima. Lo Stato cristiano deve applicare in qualunque caso il principio della guarigione spirituale; i malati non devono essere discriminati a causa della loro malattia contagiosa, ma proprio questo anzi deve essere motivo di aiuto spirituale e medico. Il trattamento morale e fisico dei malati spetta quindi ai medici pedagoghi, non alla polizia sanitaria, cosí la correzione morale ed animica dei criminali non spetta al tribunale o alla prigione, ma alla vera Chiesa spirituale e ai suoi ministri presenti sulla terra. Nel processo di rieducazione c’è senz’altro l’azione dello Stato, ma è comunque equilibrata dall’azione spirituale della Chiesa.
Molto profonda è anche la concezione che ha Solov’ëv del delitto. Come un malato non è responsabile della malattia che lo colpisce, cosí il criminale, essendo un malato, non è colpevole per la sua malattia (il crimine, appunto). Il crimine porta con sé tre elementi: l’illegalità, la dannosità in termini sociali, la disgrazia per lo stesso criminale in quanto uomo. È compito dello Stato cristiano restaurare l’equilibrio violato in queste tre componenti. Lo Stato cristiano non può solamente allontanare il colpevole dalla società e rinchiuderlo in istituti di pena. Tutto ciò è necessario per la sicurezza sociale e per la giustizia della legge, ma non è sufficiente per vincere la concentrazione di azioni demoniache presenti nell’anima del colpevole. Si rende quindi necessaria un’opera di risveglio spirituale del criminale, il quale è ritenuto da Solov’ëv un malato psichico, a differenza di quanto comunemente avviene.
Senza contestare quindi la legittimità di tribunali e polizia, Solov’ëv eleva la funzione creativa dello Stato ad una vera Missione spirituale, caratterizzata, evangelicamente, dalla volontà di rigenerare moralmente i cattivi, proprio coloro che la logica comune vuole assolutamente inconciliabili con il Cristo. Inoltre, merito fondamentale del Cristianesimo è stato completare l’imperfetto umanesimo classico. Con l’avvento della Divino-umanità (l’incarnazione del Cristo nel processo storico), non esiste uomo che non sia potenzialmente libero, dato che ogni uomo – quindi anche le caste inferiori del mondo classico – possiede il principio della individualità, realizzando il quale si sperimenta la libertà assoluta: la pienezza divina che folgora la limitatezza umana. Proprio i migliori , conclude Solov’ëv, hanno il dovere piú grande, quello di servire umilmente la Chiesa, cercando di incarnare i princípi immortali di cui essa è veicolo.
Non è casuale, infine, che l’opera venga conclusa con il brevissimo capitolo “L’esempio del Cristo, come regola della nostra coscienza”, ove Solov’ëv, meditando sul mistero dell’Amore, invita i veri Cristiani a una vivente rappresentazione immaginativa del Cristo, sostenendo le nostre illusorie forze con l’eterna Forza del suo Sacrificio, continuamente Redento e Trasmutato: «Basta che prima di prendere una decisione importante per la vita personale o sociale, pensiamo nell’intimo della nostra anima alla figura morale del Cristo, ce ne compenetriamo soprannaturalmente e ci chiediamo: “Potrebbe Egli agire cosí? Ossia: approverà o no questa azione? Mi benedirà se la compio?” A tutti propongo questo controllo, che non ingannerà(12)».

Luca Fantini

(1) Per uno studio generale in proposito, si veda J. Meyendorff, La teologia bizantina, Marietti Edizioni, Casale Monferrato 1984 e Cristologia ortodossa, Roma 1974; V. Lossky, La teologia mistica della Chiesa d’Oriente, Bologna 1985; gli scritti del teologo serbo G. Popovic e dell’autore russo Nikolaev, nei quali si evidenzia come la Chiesa Orientale, a differenza di quella cattolica ancora poggiante sullo spirito dell’Antico Testamento, tenda – almeno potenzialmente – all’attualizzazione mistico-spirituale del Vangelo di Giovanni e delle Lettere di San Paolo. Anche lo Steiner, in Lo studio dei sintomi storici, Editrice Antroposofica, Milano 1991, pag. 175 e segg. e in Risposta della Scienza dello Spirito a problemi sociali e pedagogici, Editrice Antroposofica, Milano 1974, pag. 271, sembra confermare questa visione.
(2) R. Steiner, Missione di singole anime di popolo, Editrice Antroposofica, Milano 1983, pagg. 168-169.
(3) ibid., pag. 172.
(4) V. Solov’ëv, I fondamenti spirituali della vita, Marietti Edizioni, Casale Monferrato 1924.
(5) Per comprendere questo e i successivi riferimenti alla Chiesa, si deve aver chiaro il pensiero del filosofo russo sulla funzione universale della Chiesa Cristiana, esposto in La Russia e la Chiesa universale. Si può intendere comunque ciò, facendo corrispondere la visione della Chiesa di Solov’ëv a quella di Steiner sull’attività della sfera spirituale nell’organismo tripartito, esposta nella sua opera I punti essenziali della questione sociale.
(6) (7) (8) (9) (10) (11) (12) V. Solov’ëv, op. cit.

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