Nel corso di un recente dibattito televisivo, importanti operatori nel settore della telefonia mobile hanno annunciato, con evidente entusiasmo, che la piú recente generazione di cellulari consentirà di seguire gli incontri di calcio in diretta, sul minivideo incorporato; un successivo telegiornale comunicava la possibilità per gli appassionati dello sci di verificare costantemente il grado d’innevamento delle principali stazioni invernali tramite un nuovo servizio Internet. Con buona pace degli appassionati dello sport, le due notizie riportate bastano a testimoniare l’evidente esasperazione delle applicazioni, talora francamente futili, di invenzioni di per sé certamente apprezzabili. Massimo Scaligero in proposito soleva ripetere: «Abbiamo sballato!», intendendo pittorescamente sottolineare l’esagerazione ingiustificata di uno sviluppo tecnologico illegittimo, usurpatore di forze spirituali e risorse naturali sottratte alle altre necessità evolutive dell’umanità e fonte di crescente inquinamento della Terra.
In proposito, sussistono ormai pochi dubbi sulla gravità dei danni, pregressi e attuali, derivanti dalla massiccia produzione di energia ottenuta per combustione fossile, il cui diretto sottoprodotto, l’anidride carbonica, è il principale imputato dell’effetto serra, la piú conosciuta delle cosiddette 53 emergenze planetarie; il nucleare appare in declino, le fonti energetiche alternative ancora non economicamente convenienti, e quanto agli studi sulle sorgenti elettromagnetiche, di cui si paventano rischi per la salute umana, sono unanimemente ritenuti incompleti. Contemporaneamente si distruggono milioni di alberi, difesa naturale contro le emissioni nocive, soprattutto per produrre carta, che in larga misura sommerge le edicole con centinaia di riviste pressoché equivalenti, o si trasforma in tonnellate di libri, per larga parte di modestissimo spessore culturale, quando non addirittura insignificanti. I trasporti, insieme allo smaltimento di montagne di rifiuti e alle emissioni industriali e da riscaldamento, sono forse il settore piú problematico, e non solo per i milioni di autoveicoli circolanti: un “Jumbo”, il piú grande e diffuso vettore passeggeri, brucia ad ogni viaggio decine di migliaia di litri di kerosene.
Il drammatico campanello d’allarme rappresentato dalle ricorrenti anomalie climatiche sta finalmente concretizzando legislazioni specifiche piú severe, che hanno già indotto limitate novità positive: riciclaggio dei rifiuti e della carta, sostituzione dei materiali non biodegradabili, incentivi ecologici, motori piú “puliti”, agricoltura naturale ed altro ancora. Ma il totale fallimento del recente vertice internazionale dell’Aia, dedicato alle tematiche ambientali, ha riconfermato l’estrema difficoltà di individuare politiche comuni in materia, soprattutto per la resistenza opposta da formidabili interessi economici nazionali; manca inoltre una diffusa attenzione ecologica individuale: tutti, piú o meno, si dichiarano convinti ambientalisti, ma ancora troppo pochi concretamente s’impegnano a moderare uno stile di vita gravemente inquinante, legato ad un altissimo consumo di energia e materie prime.
Non solo la produzione di alimenti, beni e servizi essenziali, ma lo stesso concetto di benessere individuale e collettivo sembra sempre piú condizionato dalla disponibilità di tecnologie poco o affatto ecologiche: chi può permetterselo attraversa in aereo mezzo mondo per una vacanza, e chi non può generalmente vi aspira; si moltiplicano sofisticate varianti tecnologiche di semplici passatempi tradizionali, i videogiochi sostituiscono la partita all’oratorio, e la salutare conversazione con un amico comincia a dipendere dal computer.
Fortunatamente non manca, soprattutto tra i latini, chi tuttora apprezzi un bel tramonto o una semplice passeggiata, mentre il recente sviluppo dell’agriturismo sembra anche indicare un sincero desiderio di genuinità naturale; ma parallelamente si conferma una diffusa insofferenza, non solo tra i piú giovani, verso stili di vita o forme di appagamento discreti e moderati, cui si preferiscono emozioni forti, incalzanti, altamente diversificate, ben stigmatizzate da un brano musicale molto apprezzato dai ventenni (voglio una vita spericolata...), che espressamente rievoca la vita dello scomparso attore Steve McQueen, idolo della gioventú proprio per la sua esistenza volutamente “estrema”. Da qui alla necessità di produrre una tecnologia ad hoc, inevitabilmente inquinante, il passo è breve.
A quanto precede si aggiunge naturalmente la perenne cupidigia del profitto, che promuove comportamenti consumistici smodati e concorre a determinare disastri quali la sindrome della mucca pazza, dettagliatamente profetizzata da R. Steiner(1). Si tratta indubbiamente di un grave inquinamento del patrimonio zootecnico, conseguente ad un insensato e crudele sfruttamento del mondo animale, alimentato contro natura e allevato in mostruose catene robotizzate, tanto piú condannabile in quanto da tempo le autorità sanitarie sottolineano i pericoli di un’alimentazione eccessivamente carnea, prologo dell’imminente destino vegetariano dell’umanità.
Né va dimenticata la mai sopita volontà di potenza militare, accompagnata dalla correlata paura di quella altrui, finanziatrice di tecnologie altamente pericolose – vedi i casi di sospetta contaminazione radioattiva da residuati soprattutto dei recenti conflitti balcanici e in precedenza di quello irakeno – ancor piú minacciose ove vengano a scarseggiare i fondi per un’adeguata manutenzione.
Evidentemente non è immaginabile un utopistico ritorno a forme di civiltà arcaiche, e tanto meno un’ingiustificata condanna del progresso in quanto tale, o una sua limitazione ad alcuni Paesi con esclusione degli altri, ma è legittimo ipotizzare che gli sforzi per migliorare la situazione, inclusa la ventilata sostituzione del petrolio con l’idrogeno – a quanto pare in grado di assicurare una combustione pulita – si riveleranno insufficienti se non accompagnati da uno stile di vita molto piú parco e moderato.
Le motivazioni profonde dei comportamenti individuali e collettivi incriminati, che sinteticamente configurano l’offesa ambientale, sono in ultima analisi riconducibili al “guasto” del sistema nervoso dell’uomo contemporaneo, determinato dall’asservimento del pensiero (Spirito) all’organo cerebrale (materia), causa del continuo sconfinamento delle forze del sentire (emotività) e del volere (istinti), da cui originano fobie e brame: «Gli istinti possono essere riconosciuti come impulsi di libertà erronei, in quanto non correlati all’Io, ma alla coscienza riflessa [nel cervello fisico, n.d.r.], epperò capaci di manovrare illegittimamente il pensiero»(2).
Arte e religione possono offrire un qualche sollievo, ma difficilmente risolutivo, in quanto entrambe operanti direttamente dalla sfera del sentimento, sulla quale scarse sono le possibilità di controllo. Decisiva si delinea pertanto la disciplina steineriana della liberazione del pensiero, regolatrice dell'attività istintiva e, conseguentemente, presupposto ineludibile verso la resurrezione di un sentire nobilitato, finalmente appagabile da ritmi esistenziali meno consumistici, anelante ad una piú solidale convivenza. I cinque esercizi fondamentali(3) e lo studio “serio” della Scienza dello Spirito possono dunque innescare un liberatorio processo di risanamento individuale, condizione indispensabile per la diffusione di uno stile di vita spontaneamente rispettoso delle esigenze ambientali.

Arcady

(1) R. Steiner, Alimentazione e coscienza, Basaia, Roma 1989, p. 99
(2) M. Scaligero, Guarire con il pensiero, Edizioni Mediterranee, Roma 1975, p. 41
(3) M. Scaligero, Manuale pratico della meditazione, Tilopa, Roma 1984, p. 144
Torna al sommario