Poesia

L’erba novella, se tagliata esala
un acerbo sentore che rievoca
fresche rugiade con rapprese iridi
nei mattini di antiche primavere.
Altro è il canto sul quale ormai cadenzano
l’interno ritmo l’anima ed il tempo,
altra la terra dove una sottile
amarezza di pollini feconda
in ogni stimma i frutti che verranno.
E dure scorze serbano memorie
di avulse deità, di fate e ninfe
ora aliene dai boschi. Ma non muore
l’eterno flusso che perpetua il mondo.
Iside arcana, scivola nel cielo
chiara la luna e fa del suo crescente
l’arco sonoro che vibrando suscita
ansie sorgive, e fervide sostanze
per vene occulte e nervature e fusti
a nuovi incontri con le stelle spinge.
Bruta materia, l’humus trasfigura
tumide essenze in portentose alchímie:
forme, colori, eteriche fragranze,
foglie anelanti a libertà di voli.
Nutrendosi di sole, fibra a fibra,
mutuano vita da celesti sogni,
portano l’ombra a divenire luce.
Per tale dono rende l’albaspina
bianche le siepi lungo i fossi, e gialla
splende sui dossi la ginestra, copre
di viva luce lilla il siliquastro
i suoi rami contorti, scure branche
di leviatano còlte da dolcezza,
che insinua lentamente ogni rigoglio.
Non altrimenti il nostro corpo sente
un miele ignoto diramando invadere
reticoli gelosi fino al cuore.
E qui si compie l’intimo prodigio:
sciolti dal magma che sopisce in fondo
agli inerti precordi, semi urgono
e per meandri e labirinti cercano
spazi di fuga verso regni eterei
dove fiorire in armoniosi accenti,
gravi fonemi tramutati in Verbo.

Fulvio Di Lieto

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