Converrà spendere qualche parola sulla cosiddetta reminiscenza, anche sul conto della quale non ci si forma di solito concetti esatti. La scienza di solito parla di una “deformazione” che subirebbero le esperienze di veglia quando si presentano nel sogno. La realtà vissuta apparirebbe cosí disfigurata nel sogno come l’immagine dell’uomo negli specchi concavi e convessi dei baracchini da fiera. Anzi la deformazione sarebbe talvolta cosí radicale da impedire il riconoscimento nell’immagine distorta della reale figura dell’oggetto.
Questi concetti, anche se vogliono essere scientifici, si basano su un malinteso e su scarso spirito d’osservazione. In realtà non avviene mai nel sogno una deformazione dell’esperienza vissuta, ma una trasformazione, o meglio una creazione ex novo di altre immagini. Ciò che risorge nell’anima come reminiscenza non è la rappresentazione mnemonica della vicenda vissuta, bensí l’intimo sentimento che l’aveva accompagnata. E questo sentimento per esprimersi può giovarsi di tutt’altre immagini. Il sentimento che riaffiora è lo stesso, ma la situazione è ricreata.
Vogliamo ricorrere anche a questo proposito a degli esempi reali. Il signor Mario Bianchi, pacificamente seduto in poltrona, sta leggendo il giornale. Un suo congiunto, passando per la stanza, è attratto da un grosso titolo e s’avvicina per dare un’occhiata. Per qualche secondo un’ombra viene proiettata sulla pagina che il signor Bianchi sta leggendo ed egli prova un leggero senso di fastidio. Poi la persona che ha fatto ombra s’allontana e il signor Bianchi può continuare indisturbato la sua lettura.
Dopo qualche giorno il signor Mario Bianchi sogna di essere a teatro e di assistere a una commedia che gli dà molto gradimento. Ed ecco che sul piú bello capita un’antipatica signora con un maestoso cappello e si siede proprio nella poltrona davanti a quella del signor Bianchi. Questi non riesce a vedere perciò la scena e comincia a smaniare. Ma per fortuna dopo qualche tempo la signora si leva il cappello e il signor Bianchi torna a godersi lo spettacolo.
Al momento del risveglio, il signor Bianchi esclama: “Che strano sogno!” e comincia a cercare negli angolini della sua memoria se qualche analogo episodio gli sia veramente occorso da sveglio. Fatica inutile! Almeno cento volte a teatro e al cinematografo è stato disturbato da cappelli alti, da teste grosse e da spalle larghe. Come stabilire il nesso della reminiscenza? Il signor Bianchi non se ne preoccupa piú di tanto e riprende a dormicchiare. Nel dormiveglia gli occorre un caso fortunato: due immagini compaiono una accanto all’altra nella sua anima, quella della signora antipatica col mastodontico cappello e quella del congiunto che getta ombra sul suo giornale.
Cosí, “per caso”, il signor Bianchi scopre il nesso tra il fatto reale e la reminiscenza del sogno. Egli ha risperimentato nel sogno il senso di fastidio, ma in una situazione del tutto diversa. Cosí sa che il sogno sdegna il plagio impotente ed è un artista creatore dalla fantasia inesauribile. Non deformazione della realtà avviene dunque nel sogno, come pensano gli uomini piccini che non sanno osservare, ma trasfigurazione artistica piena di potenza e di drammaticità.
Un’altra volta il signor Mario Bianchi fa un sogno drammatico. In piena notte, nell’oscurità quasi completa, egli deve passare per un quartiere malfamato della città. Ha dinanzi a sé viuzze strette e tortuose, vicoli ciechi, antiporte lerce, portali tenebrosi e tutto ciò gli fa l’impressione di un labirinto saturo di ragnatele. Per di piú il pericolo incombe da ogni parte. Ogni angolo oscuro può celare un malvivente pronto a derubarlo e ad accoltellarlo. L’anima sua è però sostenuta da questo sentimento: “Molte altre volte son già dovuto passare per questo luogo miserabile e sempre con un senso di grande paura. Oggi invece non provo piú paura e posso perfino apprezzare l’aspetto pittoresco di questi muri sgretolati e ammuffiti e di questi cenci pendenti dalle finestre”. Cosí, pieno di coraggio, attraversa quel luogo terribile senza che gli accada nulla di male.
Il giorno dopo, ripensando al sogno, ne comprende il significato. Qualche giorno prima aveva ricevuto la visita di un suo compagno di studi, che ora fa il professore di fisica. Di solito queste visite gli facevano assai male, perché il suo compagno era un materialista convintissimo. Ne nascevano discussioni penose nelle quali il professore di fisica, piú agguerrito di argomenti e piú dialettico, demoliva spietatamente la concezione spirituale del mondo che viveva nella sua anima. Egli se ne risentiva, ne restava avvilito e gli pareva che fosse stato derubato, depredato, che un bene prezioso gli fosse stato tolto dall’anima. Durante l’ultima visita però le cose si erano svolte diversamente. Egli aveva lasciato cadere ogni inutile discussione, conscio che l’alto ideale che viveva in lui non era sostenuto da parole, ma da una intima e irremovibile certezza.Una nuova forza era sorta nella sua anima e si era manifestata nel sogno. Ora poteva passare senza paura nei tortuosi meandri del materialismo, poteva perfino apprezzare la “ragnesca” complicatezza della loro costituzione. Non ne rimaneva piú leso.
Oggi si pensa che quando si è trovata qualche stretta attinenza tra processi del corpo e processi dell’anima, si sono ascese le piú alte vette del sapere. Perciò il cosiddetto parallelismo psico-fisiologico viene considerato come una delle piú grandi conquiste della psicologia moderna. Non fa meraviglia dunque che anche per spiegare il sogno si sia escogitata una teoria fondata su questo parallelismo. Le argomentazioni relative sono naturalmente molto sottili, molto intelligenti, ma tradotte nel linguaggio povero, volgarizzate, possono essere espresse nel modo seguente. L’uomo per vivere ha bisogno di mangiare. Non tutto il cibo viene però digerito, assimilato dall’organismo. Le scorie vengono eliminate, evacuate, altrimenti si trasformerebbero in potenti veleni. Similmente l’anima si nutrisce con le impressioni del mondo esterno, ma non è in grado di assimilarle del tutto. La parte piú greggia dev’essere eliminata. Questo processo di eliminazione avviene nel sogno, durante il quale l’anima espelle da sé come scoria non assimilata il residuo delle sue impressioni sotto forma di reminiscenza. Insomma – perdonatemi l’espressione! – i sogni sarebbero le feci psichiche dell’uomo, sarebbero la scarica nervosa che libera l’anima dalle sostanze non assimilabili. Alcuni individui però vanno soggetti alla stitichezza psichica. Non riescono ad evacuare l’anima e ne restano intossicati. Cosí sorgono molte malattie nervose e psichiche. Contro queste malattie, da secoli, la Chiesa ha provveduto con la confessione sacramentale e, nei tempi moderni, la scienza con quella confessione razionale ed integrale che è la psicanalisi. Voi avete già capito il senso di questa teoria: la confessione e la psicanalisi sono, assolutamente fuori di metafora, il clistere, l’enteroclisma dell’anima.
Non è ora il caso di fare della critica di una tale concezione materiale della vita animica. Ci basterà far rilevare che, per quanto riguarda il sogno, essa pecca di scarso spirito d’osservazione. Abbiamo già dimostrato che la reminiscenza del sogno non è un residuo grossolano della realtà, ma una trasfigurazione artistica. Perché l’anima deve ripassare con un puro processo interiore attraverso le sue esperienze? Quale è il valore delle reminiscenze del sogno? Io credo che ogni uomo che abbia veramente osservato i suoi sogni, può rispondere con sicurezza a queste domande senza cadere nei travisamenti dei preconcetti di una pseudo-scienza. E la risposta basata sull’osservazione e non sulla speculazione, non può che essere questa: l’anima ripassa nel sogno le sue esperienze vissute per formarsene il giusto giudizio morale. In tal senso il sogno è proprio l’opposto di ciò che viene ritenuto dalla concezione materiale che prima abbiamo esposto. Esso non è un residuo che l’anima espelle, ma un sublimato etico accolto per l’eternità. Contro ciò si potrà obiettare che molto spesso i sogni non hanno in sé nulla di morale, che talvolta ripugnano il nostro senso di giustizia e di bontà. Nel sogno compiamo delle azioni che da desti non compiremmo mai.
Questo è perfettamente vero, ma anche in tale fatto consiste il valore morale del sogno. Il sogno ci libera dall’illusione riguardo a noi stessi, rivela che nella nostra natura piú profonda è insita una potenzialità di male e di peccato che noi il piú delle volte ignoriamo. È l’inferno che portiamo in noi senza sapere. Venirne a conoscenza è già un atto morale. Senza questa conoscenza, non potremmo mai elevare e nobilitare la nostra natura. Se il sogno ci rivela qualche grave e occulta pecca del nostro essere, siamogli pur grati!

Fortunato Pavisi (2.)

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