Normalmente la memoria storica della Rivoluzione francese si accende su immagini di tumulti, congiure e sangue. Albero dai frutti cruenti, diramava però le sue radici nell’humus di fermenti e fervori illuministici che propugnavano il riscatto dell’uomo attraverso la libertà culturale e di pensiero, la giustizia sociale e la fattiva solidarietà tra individui. Linfe sacrosante che vennero purtroppo avvelenate dagli umori nefasti delle personali ambizioni e dalle passioni sfrenate dei protagonisti politici. Sappiamo che nel movimento rivoluzionario degli albori agivano forze iniziatiche altissime, messe in atto da varie personalità, tra cui spiccavano il Conte di Saint Germain e Cagliostro. A quest’ultimo sembra si debba l’ideazione del motto Liberté, égalité, fraternité, una dichiarazione d’intenti, un vero manifesto etico che, al pari dell’evangelico “ama il prossimo tuo come te stesso” intendeva condensare in una semplice sintesi divulgativa tutte le istanze filosofiche e socialitarie propugnate dal secolo dei Lumi.
Immancabilmente, a grandi ideali e propositi umani ispirati dall’Alto sempre si contrappongono altrettanto immani e subdole congiure che lavorano dal basso per nullificarne gli effetti. Fu cosí che vicende scandalistiche montate ad arte impedirono agli spiriti eletti di portare a compimento il progetto sublimativo e di trasformazione sociale, cosí come era stato elaborato al suo inizio.
Le tre parole: fraternità, uguaglianza e libertà, rappresentano in forma archetipica i tre pilastri su cui dovrebbe fondarsi una civiltà che intenda dirsi morale, civile e giusta. Spiegate nel loro significato etimologico, tali parole vogliono indicare i tre princípi fondamentali: quello economico, quello giuridico e quello culturale, cui ogni consesso umano dovrebbe ispirarsi e uniformarsi. Al di là di questa forma lessicale, una ben piú alta valenza spirituale si nasconde: quella che dà vita alla tripartizione dell’organismo sociale, cosí come è stata concepita da Rudolf Steiner.
Ogni società umana deve organizzarsi secondo le seguenti tre attività: economica, giuridica e culturale.
L’attività economica è preposta a fornire il sostentamento materiale indispensabile a una dignitosa esistenza quotidiana dell’uomo in seno alla società. Riguarda la produzione e la distribuzione della merce che la natura produce e che l’uomo trasforma e porta a destinazione, perché venga usata e consumata secondo le necessità individuali e collettive. Tale attività si occupa quindi di tutto ciò che si può vendere o comprare.
L’attività giuridica si interessa di regolare equamente i rapporti di umana convivenza tra gli individui, tra questi e lo Stato e degli Stati fra loro.
L’attività culturale riguarda l’arte, l’istruzione, la religione e la scienza, e deve tendere allo sviluppo dell’individuo prendendo in considerazione i suoi talenti naturali, le sue tendenze animiche e le sue possibilità intellettuali.
È essenziale che nessuna delle tre diverse attività abbia il potere di esercitare pressione sulle altre due, e che ciascuna conservi la propria assoluta indipendenza gestionale e amministrativa.
Da ognuna delle tre organizzazioni deve venir espressa una classe dirigente scelta fra persone che hanno la migliore competenza nel ramo di propria pertinenza, derivante non solo da un’adeguata preparazione, ma da provata onestà, senso di giustizia e dedizione al bene comune.
È necessario che anche il governo sia tripartito e, pur prevedendo consultazioni comuni, nelle sue linee di condotta dovrà tener conto delle decisioni prese all’interno del proprio ambito d’azione. Si eviterà cosí che un’organizzazione prevalga sulle altre due, dettando ovunque le proprie regole, come oggi accade per la parte economica. Per fare un esempio, quest’ultima, che come abbiamo detto deve regolare le “merci”, tende a considerare “merce” anche il lavoro umano. Ma il lavoro non è una merce, e non deve essere pagato in base alle prestazioni effettuate. Pur potendosi prevedere per il lavoratore di un’azienda una quota nella ripartizione degli utili, l’uomo sin dalla sua venuta al mondo ha il diritto di ricevere da un’equa società il giusto mantenimento, indipendentemente dalla propria capacità produttiva.
Questo è solo un sintetico accenno alla semplice ma al tempo stesso complessa teoria dell’ordinamento sociale, cosí come semplice appare il dettato evangelico ma ardua ne risulta l’attuazione nella pratica esistenziale. Soccorre la buona volontà dei singoli e della comunità perché si realizzino in concreto sia la massima enunciata dal Cristo sia quella aderente ai tempi futuri espressa da Rudolf Steiner nella concezione tripartita.

Leonida I. Elliot

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