Antroposofia

 

Che cosa è mai lo spazio?

Lasciamo da parte ogni inutile ciarpame filosofico e diamo espressione nella risposta al modo di vedere che viene dalla comune esperienza, propria tanto all’uomo semplice che allo scienziato.

Lo spazio è un ente non sensibile che contiene tutti gli enti sensibili.

E ora vediamo se questa definizione è esatta. Si può vedere lo spazio? No, nessuno l’ha mai visto. Vedere si possono soltanto gli oggetti che si trovano nello spazio. Si può toccare lo spazio? No, toccare si possono soltanto gli oggetti dello spazio. Si può udire lo spazio? No, il suono si produce nello spazio che lo contiene come ogni altro oggetto o fenomeno. Si può odorare, gustare lo spazio? No, nessuno potrebbe dire che gusto e odore abbia lo spazio.

Dunque lo spazio è una cosa impercepibile, cioè non sensibile, non accessibile ai sensi dell’uomo. Ora, quello che è strano e pieno di significato è il fatto che l’uomo è certissimo dell’esistenza di questa “cosa” senza averla mai in alcun modo percepita. Anzi i concetti dell’uomo riguardo lo spazio vanno ben oltre questa singolarità. L’uomo è portato a credere come una cosa del tutto ovvia che se ogni ente sensibile, dal piú esile filo d’erba alla piú estesa nebulosa, venisse tolto dallo spazio, lo spazio continuerebbe tuttavia ad esistere come un recipiente vuoto. Come si può difatti toglier via, far sparire una cosa la cui esistenza pare consistere appunto nel non apparire mai? Possiamo ben immaginare che tutto possa finire, perché siamo abituati a veder il declino di ogni cosa, ma non possiamo assolutamente immaginare che anche lo spazio possa finire d’esistere. Una bomba atomica potrà far sparire dalla faccia della terra una città irta di grattacieli, ma non potrà in alcun modo toccare lo spazio da essa occupato. Questo continuerà ad esistere intangibile come prima. Perciò è naturale per l’uomo dire:

«Lo spazio non potrà avere mai fine».

E lo spazio ha avuto principio? Ecco una cosa altrettanto impossibile ad immaginare. Perché se lo spazio ha avuto inizio, ha tratto questo inizio da qualcosa di pre-esistente. Ora, se siamo atei e materialisti, dobbiamo ragionare nel modo seguente: Nulla può pre-esistere allo spazio, perché ciò che esiste, esiste solo nello spazio. Perciò, quali materialisti, dobbiamo negare che lo spazio possa avere avuto inizio, in quanto che è inconcepibile un’esistenza materiale fuori dello spazio. Ripetiamo ancora una volta il ragionamento del materialista, per amore di chiarezza.

Non esistono che enti materiali. Se lo spazio è stato preceduto da qualcosa d’altro, ciò non poteva essere che un ente materiale. Ma gli enti materiali esistono solo nello spazio e come tali tutti lo presuppongono. Dunque lo spazio non ha potuto avere principio.

E come ragiona il credente? Egli si trova a questo riguardo nel piú grave imbarazzo. È bensí persuaso che possa esistere un ente immateriale ed esistere fuori dello spazio, ma ciò non gli permette ancora di affermare che questo ente – ch’egli chiama Dio – abbia creato lo spazio. L’onnipotenza di Dio, secondo i suoi concetti, consiste nel poter creare ogni cosa e creare dal nulla. Ma lo spazio non è una cosa, è il nulla in cui sono poste le cose. Si dovrebbe dunque ammettere che Dio abbia creato anche il nulla. Ma che senso hanno le parole “creare il nulla”? Siamo di fronte a una contraddizione cosí enorme che annienta di colpo ogni tentativo dell’intelletto umano di superarla. Non possiamo che dire, anche se siamo credenti, che lo spazio non può essere stato creato da Dio – per la contraddizione che non lo consente – e che dunque lo spazio non può aver avuto principio.

Da queste considerazioni possiamo capire che lo spazio è una specie di osso duro della mente umana, il quale infrange ogni tentativo ch’essa fa per intaccarlo. Lo spazio difatti annienta al contempo il materialismo dell’ateo e la fede del credente.

Il materialista è costretto ad ammettere l’esistenza dello spazio, ma non può dimostrarne la materialità. Vi è qualcosa di piú potente della materia: lo spazio immateriale.

Il credente deve dubitare dell’onnipotenza di Dio, perché Dio non può aver creato il nulla. Vi è qualcosa di piú potente di Dio: lo spazio inesistente.

Tutto ciò è pieno di profonda significazione e l’anima che riesce a superare questi abissi, fa un grande passo innanzi sulla via della conoscenza.

Perché tanto il credente quanto l’ateo giungono a una formidabile contraddizione quando occupano la loro mente con il problema apparentemente insolubile dello spazio? Perché nel corso dei loro pensieri s’insinua inavvertitamente un corpo estraneo, un ingrediente illecito, il quale fa sí che, benché il procedimento formale logico sia rigorosamente esatto, l’edificio concettuale generale non possa reggersi in piedi. E questo ingrediente che inficia tutta la costruzione mentale è lo stesso spazio concepito come un qualcosa, come un oggetto. Ma già la sua assoluta impercepibilità dovrebbe avvertire l’anima dell’errore che commette considerando lo spazio come l’oggetto massimo che contiene tutti gli altri oggetti.

Lo spazio non è oggetto, è concetto.

È anzi uno dei piú alti concetti a cui possa assurgere il pensiero umano. Il concetto di spazio ha un valore altissimo appunto per essere legato per propria forza ai concetti di non principio e di non fine.

Nel vero senso della parola, lo spazio è un concetto forte, che s’impone all’uomo con tanta evidenza da essere scambiato per “qualcosa”. E se l’uomo non fosse irretito nell’illusione materialista di Arimane, s’accorgerebbe ben tosto che questo “qualcosa” – che per lui è il niente, il vuoto assoluto – è in realtà la pienezza dell’essere, la sostanza dei mondi, il tutto eterno.

Il concetto di spazio è l’immagine nell’anima dell’uomo del Padre dell’universo, del Creatore dei mondi del primo Logos.

Il concetto cosí rettificato non ha in sé piú alcuna contraddizione. Il materialista piú pervicace non può dimostrare la materialità di ciò che contiene la materia, ossia lo spazio. E non vi è alcuna contraddizione in questo fatto, perché lo spazio è l’Essere divino nel cui grembo riposa tutta l’esistenza. Cosí non vi è contraddizione nel fatto che il credente sia costretto ad ammettere che Dio non può aver creato lo spazio.

Perché Dio, che ha creato tutto, non ha creato se stesso. Egli è l’eternità, senza principio e senza fine.

Le contraddizioni a cui pervengono il credente e l’ateo nel pensare sullo spazio, sono in verità una felix culpa, un infortunio fortunato, perché stanno a dimostrare che in questo caso la realtà stessa annienta l’errore dell’uomo. Pensiamo a questo fatto cosí significativo. Lo spirito stesso annienta il pensiero del materialista portandolo dinanzi a una contraddizione insormontabile. Il materialista piú convinto ha in sé il concetto piú pieno dello spirito, perché ha in sé il concetto dello spazio come ente immaterializzabile. È solo un’illusione arimanica che l’uomo possa essere ateo e non credere. Nessuno è ateo, perché nessuno può dire: “Lo spazio non esiste”. E chi dice: “Lo spazio esiste”, dice “Dio esiste”. Se l’uomo non sa ciò, tale fatto non riguarda la realtà, ma soltanto l’illusione e l’errore in cui egli è caduto.

Dopo queste considerazioni, possiamo ritornare al nostro punto di partenza e stabilire la seguente relazione:

Dio Padre - Spazio - Prima Gerarchia - Corpo

In principio abbiamo detto: il corpo determina l’esistenza spaziale dell’uomo. Ora siamo in grado di comprendere il valore di questo fatto, perché ci siamo formati in proposito i giusti concetti e perciò possiamo concludere dicendo:

Il corpo determina la relazione dell’uomo con la totalità del cosmo, cioè con il primo Logos.

Nel 1918 Rudolf Steiner disse:
 
«Lasciate che ancora per 30 anni si insegni nelle nostre Università come si insegna oggi e avrete dopo questi 30 anni un’Europa devastata».

Fortunato Pavisi (2.)

Da una conferenza tenuta a Trieste il 31 gennaio 1948

Immagine: Robert Fludd Utriusque Cosmi I «Il Sole nello spazio cosmico e il vuoto oltre lo spazio» Oppenheim, 1617