Spiritualità

Sembra un po’ strano parlare del Natale nel tempo della Pasqua, ma non mi è stato facile decidere se comunicare ad altri le esperienze che il recente Natale mi ha donato.
Partiamo da una premessa. L’Europa, fin dalla giovinezza, è stata per me un alto ideale, che si confermò tale quando lessi il bel saggio di Novalis Cristianità o Europa. In esso, già due secoli or sono, l’autore suggeriva la sostanza di cui avrebbe dovuto essere intessuta l’Europa: il cristianesimo. Quel lontano saggio che mi entusiasmò, tanto che vi scrissi un articolo, non ha perso di attualità né di vigore, perché ora si sta progettando l’unità del nostro continente. Il pericolo è che tale unità si compia solo come entità economica e burocratica, priva di autentica vita, che può essere solo vita spirituale. È necessario perciò che i popoli europei sentano un grande afflato cristiano, affinché il Cristo informi di sé questa nuova, grande patria di cui tutti facciamo già parte.
Ciò non significa che gli Europei debbano disprezzare o rifiutare chi appartenga a religioni diverse da quella cristiana, perché fa parte dell’essenza del cristianesimo il rispetto per la libertà altrui, ma non significa neppure rinunciare da parte nostra, per un malinteso rispetto degli altri, alla fervida dedizione al Cristo e a sua Madre, ipostasi della Sophia.
Mi si chiederà: perché questa premessa? Perché il primo dono che ho ricevuto nei giorni del Natale è stato il sentire, in modo forte e insopprimibile, l’Europa cristiana. L’ho sentita come una necessità imprescindibile, come qualcosa di già idealmente compiuto, eppure sappiamo che nella realtà non è cosí.
Terminato il periodo santo, la percezione si è via via affievolita fino a scomparire, allora ho capito che il mondo spirituale mi suggeriva: «Coltiva dentro di te questo sentimento; nutrilo come il sole, l’acqua e la terra fanno con la piccola gemma destinata a diventare fiore, affinché venga il tempo in cui espanda la corolla e doni al mondo la bellezza dei suoi colori e l’incanto del suo profumo».
Il secondo dono del Natale ha assunto la forma di un sogno, in cui ho fatto l’esperienza dell’infinita dolcezza del cristianesimo a paragone della severità insita nelle religioni che si rifanno all’Antico Testamento. Tutti sappiamo che il Cristo ha portato sulla Terra l’Amore e fu la sua misericordia senza limiti a fargli accogliere spontaneamente il sacrificio del Golgotha, ma possiamo dire di aver fatto nostri quell’amore, quella mitezza, quell’umiltà, quella dolcezza? Di metterli in pratica nella vita quotidiana?
Ebbene, è questo l’altro compito che il mondo spirituale ha suggerito, non solo alla mia piccola e insignificante persona, ma a tutti gli uomini di buona volontà che sentano l’impulso a impegnarsi su questo difficile cammino, che è poi quello che già cerchiamo di percorrere giorno dopo giorno.
È vero, siamo circondati da un mondo pieno di odio, di avversione, di malvagità, che quotidianamente i giornali e la televisione ci portano in casa, ferendoci l’anima. Ma non dobbiamo temere, perché l’Amico dell’umanità è sulla Terra e ci accompagnerà fino alla fine dei tempi.
Dopo la meditazione o nella preghiera fervente chiediamogli di agire per noi, che senza di Lui siamo nulla, perché Egli avanza senza bisogno di combattere: che per grazia trasformi il disordine in ordine, trasmuti il caos in armonia e il male in bene.
Chiediamo il miracolo della pace, senza stancarci né dubitare neppure per un attimo di ottenere ciò che desideriamo, ma in cambio doniamogli la dolcezza cosciente e la compassione del nostro cuore, che siano per Lui la sostanza da accogliere e da riversare sul mondo, affinché il miracolo si compia. E allora verrà il giorno in cui l’Europa sarà cristiana e la Terra pacificata.
È un sogno che appare impossibile? Eppure il mondo, di tempo in tempo, è stato cambiato sempre e solo dai sognatori che, con la forza del loro sogno, hanno saputo attraversare le prove senza deflettere dallo scopo, fino a che ciò che sembrava impossibile è diventato realtà.
«Non temete!» ha esortato il Cristo. Dunque non c’è nulla di cui dobbiamo avere paura, nulla in cui non ci è concesso sperare.

Alda Gallerano