Questione sociale


Mani consapevoli dell’importanza di un approccio disinteressato al problema economico; fiducia cordiale nell’altro fino a vincere la paura di associarsi a lui per un equilibrato risanamento delle disparità sociali; responsabilità individuale ed autogestione cosciente: sono questi i requisiti essenziali per affrontare con coraggio e possibilità di vittoria la cosiddetta questione sociale.
Questi requisiti – potremmo domandare a noi stessi – nascono forse nel nostro tempo, come da un rapporto di causa ed effetto, in risposta alla richiesta che da piú parti si leva per una migliore relazione tra l’uomo ed il suo pianeta, le sue istituzioni sociali, i suoi futuri traguardi evolutivi? No, non è cosí.
È possibile mostrare(1) come questi requisiti siano andati preparandosi nei secoli, sviluppandosi nei loro primi germi a cavallo dei secoli XII e XIII a partire dai Cavalieri Templari, per riapparire attraverso anche altre personalità piú recenti, come quelle di Rudolf Steiner(2) con la sua “tripartizione sociale” e del principe russo Peter Kropotkin(3) con la sua teoria sul “mutuo soccorso”.
È interessante vedere come alla nascita dei Cavalieri Templari concorrano sia il movimento monastico italiano di San Benedetto, sia quello irlandese di San Colombano, ognuno custode di una antica saggezza, rispettivamente proveniente dall’oriente greco classico e dall’occidente celtico.
La loro fusione avviene in terra francese, al centro dell’Europa, a Cluny, sede dell’Ordine monacale cistercense (da cui provenne quel Bernardo di Chiaravalle che stilò il regolamento dell’Ordine templare): sintomo geografico della necessità di un concorso ulteriore alla nascita dei Cavalieri Templari, che può essere individuato nel movimento cataro.
In tale movimento religioso(4), soggiacente all’identica tragica fine dei Cavalieri Templari, i “cristiani”, come semplicemente si denominavano loro stessi (o “bons hommes”, buoni uomini, come venivano chiamati dai loro contemporanei) sono i propagatori dello Spirito Santo, gli apostoli della fede a partire dall’immagine spirituale dell’uomo, non a caso sempre in compagnia di un socio (socius) nel corso dei loro viaggi: allo stesso modo i Cavalieri Templari, che ne trasferiscono le virtú nel pensiero economico, viaggiano in coppia: in due sullo stesso cavallo nella realtà rappresentata in alcuni sigilli.
Steiner riprende, piú di sei secoli dopo, i tre temi che i Cavalieri Templari, come è destino di tutti i precursori, hanno potuto solo abbozzare, e li sviluppa creativamente: nell’innovazione delle istituzioni attraverso il movimento della tripartizione sociale; nell’evidenziazione della triplice natura organica del danaro(5), che nella sua circolazione si metamorfosa incessantemente da denaro di acquisto, a denaro di prestito, a denaro di donazione; nell’immagine spirituale dell’uomo, base di ogni vivente pensare sociale.
Ove questa triplicità armonica si riduca ad una dualità polarmente contrapposta è inevitabile il conflitto, come possiamo vedere proprio in questi momenti gravidi di futuro da alcuni fatti importanti che stanno accadendo in Italia, in Europa, nel mondo: «Quando non si sa identificare l’errore sul piano delle idee si è portati a combattere l’errore nelle persone fisiche – afferma Massimo Scaligero – e proprio gli impulsi radicalmente antisociali degli attuali propugnatori della socialità sono all’origine delle insanabili ingiustizie sociali, della lotta di classe e dell’inestinguibilità della guerra(6)».
Similmente contribuire con forza al progresso ed all’evoluzione dell’umanità è senza dubbio un ideale che risuona alto nell’anima di chi intenda seguire una Via di sviluppo interiore, ma che richiede anche di non essere settario e di recare un elemento nuovo, una nuova consapevolezza, per non essere dogmatico ed in ultima analisi caricatura antisociale della libera e vera fraternità.
Per quanto nella presente epoca siano continuamente invocati e proposti come degni di poter incidere positivamente sull’uomo e sul mondo, i temi della fraternità e della socialità non si sottraggono alla legge del pensiero pensato, morto riflesso della cerebralità psicocorporea, che fa di ogni contenuto interiore l’inverso, sul piano dialettico: in Italia vediamo continuamente pensare di creare ricchezza e posti di lavoro, col risultato di aumentare la disoccupazione e la povertà; pensare di creare un processo giusto e riempire le carceri di innocenti, istituzionalizzando la delazione attraverso i “pentiti”; pensare di tutelare il lavoratore e favorire l’automazione e la delocalizzazione delle imprese all’estero.
E questo solo per fare qualche esempio direttamente sperimentato qui da noi, in quanto per ogni paese del mondo attuale altri potrebbero riferire quel che di analogo lí accade: in assenza di un pensare libero dai sensi(7), di quel pensiero-essenza vivente additato di continuo, sia da Steiner che da Scaligero, come l’unico ormai in grado di poter affrontare conoscitivamente e risolvere concretamente i punti essenziali della questione sociale, ma non ancora conosciuto dall’uomo(8).
Ci si può anche chiedere: superare l’immobilismo di questo pensiero logico dialettico, nelle sue varianti scientifico-intellettuale, fideistico-affettiva ed istintivo-ideologica, è un compito attuale o del futuro?
A partire da cosa, come e dove chi è interessato alle problematiche che caratterizzano la vitalità di un’economia associativa potrà meglio operare, nel mondo, per risanare la compagine sociale?
Dove trovare un paese in cui le istituzioni siano ingessate a dovere? Dove trovare un paese in cui il debito pubblico sia di fatto insostenibile? Dove trovare un paese in cui le oltre 50.000 leggi (300.000 per altri) possano meglio paralizzare l’attività del singolo individuo? Dove trovare un paese in cui i partiti per difendere il singolo individuo di fatto alimentino un titanismo statale obsoleto e storicamente superato già al tempo dell’anarchico Mackay?(9)
Io ritengo, se non ci spaventa un’analisi spassionata, che non possa esserci miglior terreno fertile di questa Italia di inizio Millennio per richiamare da tutto il mondo l’attenzione e la fattiva operosità, innanzitutto sul piano delle idee, di chi nella nostra epoca di civiltà si sentisse in sintonia con l’impulso iniziato dai Cavalieri Templari e volesse realizzare quel Tempio di tutta l’Umanità da essi auspicato.
I preparativi sono terminati, gli impulsi sono stati posti e il tempo per un’economia associativa libera, fraterna e responsabile è giunto: dormiamoci pure sopra una notte, ma cominciamo domani.

Andrea di Furia

(1) L’olandese Alexander Bos, che ha svolto molteplici attività nel campo della ricerca e dello sviluppo individuale, sociale ed economico, ne parla in Tempelridders. De voortzetting van hun taak in deze tijd, Rotterdam 1980.
(2) L’austriaco Rudolf Steiner, scienziato e filosofo della libertà, ne I punti essenziali della questione sociale, (O.O. 71). Editrice Antroposofica, Milano.
(3) Il russo Peter Kropotkin, principe scienziato e rivoluzionario, in Memorie di un rivoluzionario, Loescher, Torino.
(4) Il francese Déodat Roché, ricercatore instancabile (essendo trapassato a miglior vita ultracentenario nel 1978) delle origini e del senso verace del movimento cataro, dedica al rapporto tra catari e templari il capitolo VIII del “Graal pirenaico”, in Studi manichei e catari, Edizioni CambiaMenti, Bologna 2002.
(5) Rudolf Steiner, ne I capisaldi dell’economia (O.O. 77 e 78), Editrice Antroposofica, Milano.
(6) L’italiano Massimo Scaligero, magistrale apostolo del pensiero vivente, in Manuale pratico della meditazione, Teseo, Roma 1972.
(7) Rudolf Steiner, ne La filosofia della libertà, Editrice Antroposofica, Milano.
(8) Massimo Scaligero, nel Trattato del pensiero vivente, Edizioni Tilopa, Roma, 1979.
(9) Lo scozzese John Henry Mackay, anarchico individualista, scrisse in proposito una lettera aperta il 15 settembre 1898 al direttore del «Magazin für Literatur», Dr. Rudolf Steiner, che gli rispose fotografando la polarità tra individuo libero e titanismo statale del tempo, cosí: «L’ “anarchico individualista” vuole che nessun ostacolo impedisca all’uomo di poter portare a sviluppo le capacità e le forze che porta in sé. Gli individui devono potersi manifestare nella libera competizione. Lo Stato attuale non ha comprensione per questa concorrenza. Esso ostacola dappertutto lo sviluppo delle capacità dell’individuo, lo odia. Dice: “Ho bisogno di gente che si comporti in tal e tal modo. Se uno è diverso, lo costringo a diventare come voglio io”. Ora lo Stato crede che gli uomini possano andare d’accordo solo se si dice loro: “Dovete essere cosí. E se non lo siete, dovete comunque essere cosí”. L’anarchico individualista pensa, invece, che le circostanze migliori risulteranno se si lascia libero corso agli uomini. Egli ha fiducia che essi riescano ad orientarsi da soli. Non crede, naturalmente, che il giorno dopo l’abolizione dello Stato non ci siano piú ladri. Ma sa che non si possono educare gli esseri umani alla libertà con autorità e costrizione. Una cosa sa: si libera la strada all’uomo massimamente indipendente proprio abolendo ogni autorità e costrizione. Gli Stati attuali, tuttavia, sono basati sulla costrizione e sull’autorità».