Azione interiore

L’Iniziazione di Rudolf Steiner postula quale atteggiamento iniziale indispensabile la «devozione per tutto ciò che è degno di venerazione», con la corrispondente eliminazione di ogni pensiero di biasimo, censura, critica: «Ai nostri tempi è di speciale importanza che su questo punto si rivolga la massima attenzione»(1).
L’Autore riconosce l’insostituibile apporto all’evoluzione della civiltà scaturito dallo sviluppo del giudizio umano consapevole e dall’esercizio della critica, ispirati al principio di «vagliare tutto e conservare ciò che vi ha di meglio»; conquiste di cui parallelamente rileva il corrispettivo pagato dall’umanità in termini di alte conoscenze e profonde dimensioni di vita spirituale perdute. Sottolinea però che: «Ogni critica, ogni censura, danneggia le forze dell’anima per la sua conoscenza superiore, quanto invece le sviluppa la devota venerazione»; e precisa che non si tratta di venerare individui, ma la Verità e la Conoscenza.
Già dall’esempio che segue ben si delinea la concreta difficoltà del compito assegnatoci: «Se incontro un uomo e biasimo le sue debolezze mi tolgo forza per acquistare conoscenze superiori; se cerco invece amorevolmente di approfondirmi nelle sue qualità, accumulo tale forza».
Risulta conseguentemente comprensibile come sin dai primi passi della disciplina interiore si presenti la concreta necessità di imparare a vivere in due dimensioni parallele, quella quotidiana e quella superiore verso la quale cominciamo ad indirizzare i nostri sforzi. «Prima di ogni altra cosa non deve sorgere discrepanza alcuna tra le esperienze superiori e gli eventi e le esigenze della vita quotidiana»(2); e quest’ultima certamente richiede un’acuta maturità critica ben sostenuta da profondità di giudizio, i cui preziosi contributi occorre imparare ad utilizzare solo quali strumenti per indirizzare assennatamente la nostra condotta, evitando di farne mezzi di offesa, sia pure trattenuta nella sfera dei nostri pensieri: «Non basta che esternamente, col mio contegno, io dimostri rispetto verso un essere. Devo avere questo rispetto nel mio pensiero».
Le esigenze della nostra vita possono talora imporci di esprimere apertamente una nostra opinione dissenziente, una critica: occorre allora esercitare una «finissima educazione del tatto»(3), che ci guidi a considerare attentamente l’opinione, i sentimenti, gli eventuali pregiudizi altrui, per conformarvi il nostro intervento al fine di aiutare il nostro interlocutore ad intuire con le proprie forze ciò che la situazione esige.
Si tratta dunque essenzialmente di purificare i nostri giudizi, anche se inespressi, da ogni moto di critica e biasimo fini a se stessi, impegnandoci a fondo nel perfezionamento delle nostre capacità di analisi e sintesi, ma sorvegliando che non ne derivino parallelamente ostili sentimenti di censura e biasimo; a tal fine, ancora una volta, può risultare decisivo l’esercizio della concentrazione(4), che grazie alla volitiva intensificazione del pensare ne consente la progressiva indipendenza dagli istinti, cui conseguirà un sentire sempre piú nobile e armonico, finalmente animato da sincero rispetto verso la vita ed il mondo, premessa a sua volta indispensabile per una rinnovata obiettività di giudizio.

Arcady

(1)R. Steiner, L’Iniziazione, Editrice Antroposofica, Milano 1977, pagg. 17-22.
(2)op. cit. pag. 148.
(3)op. cit. pag. 79.
(4)M. Scaligero, Manuale pratico della meditazione, Tilopa, Roma 1984, pag. 28.