Spiritualismo

«La parte colta e illuminata pensa oggi a questa settaria conventicola sotterranea tra antroposofi e teosofi in modo molto simile …a quello degli antichi Romani, quando il cristianesimo iniziò a diffondersi. Allora i cristiani dovevano fisicamente rimanere sotto terra, e sopra di loro avvenivano cose che i Romani giudicavano le uniche legittime, mentre i visionari cristiani restavano nelle catacombe. Dopo un paio di secoli la situazione cambiò radicalmente. La romanità era stata spazzata via e ciò che prima era nascosto nelle catacombe ora emergeva. Quel che la cultura aveva soffocato ora si era liberato(1).

Rudolf Steiner

 
In una conferenza del 24 dicembre 1918, Rudolf Steiner mette in rilievo la presenza, nel tessuto animico nel quale si trovava ad operare, di tre ombre, aventi la funzione di ostacolare e fronteggiare l’imperiosità dell’Impulso-Christo(2); la prima ombra è quella dell’Impero romano, la cui eredità spirituale è fluita nella Chiesa cattolica: «Nella struttura della Chiesa cattolica non si trova l’essenza del cristianesimo, anzi non la si trova nella struttura delle Chiese cristiane in generale. Nella struttura delle Chiese cristiane vive ciò che si era sviluppato ed era vissuto nello Stato romano, da Romolo fino all’Imperatore Augusto»(3). La seconda ombra è quella rappresentata dalle società segrete angloamericane, in cui «sopravvive l’ombra dell’antico giudaismo, l’ombra del servizio esoterico di Jehova, anche se esse affermano il contrario, magari escludendo dalle loro file il giudaismo»(4). La terza ombra – la scienza moderna – è strettamente correlata a quest’ultima, ma anche permeata dall’impulso culturale ellenico(5). Queste tre ombre indicano indubbiamente il frutto piú maturo del nichilismo contemporaneo.
Particolarmente rilevante è che, nel medesimo ciclo di conferenze, Rudolf Steiner accenna ad una contrapposizione avutasi all’interno del Cristianesimo, nei tempi immediatamente successivi al Mistero del Golgota: «A un certo momento si compie il mistero del Golgota e nasce il cristianesimo. La forza di pensiero in via di diminuzione (che in Oriente è ancora assai viva, e sfiora anche la Grecia) cerca di comprendere questo evento. I Romani lo comprendono scarsamente. ...Ora però si verifica qualcosa di singolare: anche il pensiero gnostico si trova di fronte al mistero del Golgota. Proviamo ad osservare le dottrine gnostiche relative al mistero del Golgota, le dottrine che appaiono tanto ripugnanti al teologo cristiano moderno: vi troviamo espresse sul Cristo molte cose grandi e possenti che sono derivate dagli antichi insegnamenti imbevuti della chiaroveggenza atavica, ovvero da dottrine compenetrate da quella forza del pensiero di cui si è detto : vi troviamo molte cose grandiose che oggi appaiono orribilmente eretiche»(6).
L’Autore non si fa poi scrupoli nell’evidenziare la continuità di questo pensiero gnostico-iniziatico, che rivive proprio in quei movimenti spirituali fortemente perseguitati ed infine brutalmente repressi dalla Chiesa di Roma: lo Steiner cita infatti il manicheismo ed il catarismo come luminosi esempi di questa «concezione veramente grandiosa del mistero del Golgota»(7). Il pensatore austriaco si trova poi a caratterizzare in tal modo la contrapposizione tra le due differenti dottrine riguardo al Mistero del Golgota: «Si trovano cosí di fronte, da un lato la dottrina gnostica che vuol comprendere il mistero del Golgota con un possente pensare spirituale, e dall’altro tutto il resto, che fa i conti con ciò che sta sopravvenendo, cioè con la scomparsa della forza del pensiero, col pensare confuso, il piú astratto possibile, un pensare che offre ben poco per comprendere il mistero del Golgota. …Vediamo cosí spegnersi la concezione gnostica del cristianesimo, mentre ne emerge un’altra che vorrebbe far valere il minor numero possibile di concetti. …Concetti quali il dogma della Trinità, o altri dogmi, derivano da concezioni gnostiche, ma sono diventati astratti, trasformati in gusci concettuali. Il fatto vivo è però che una geniale concezione gnostica del mistero del Golgota lotta con un’altra concezione che lavora col minimo di concetti(8).
È chiaramente percepibile in queste frasi dello Steiner il risalto assegnato dal pensatore austriaco ad una differenziazione in due correnti, presente sin dalle origini nel Cristianesimo: un Cristianesimo solare, totalmente fondato sulla volontà di contemplare la potenza originaria, macrocosmica del Logos Solare, e dunque sulla missione umana di deificazione e trasmutazione della forma somatica, ed un “razionalismo” teologico giudaico-cristiano, contrassegnato dal prioritario proposito dell’affermazione della dimensione soggettiva, dogmatica del culto, a scapito appunto della conoscenza oggettiva (contemplazione) di natura mistico-iniziatica(9). Per questo è possibile affermare, come fa giustamente Berdjaev, «che del cristianesimo si può identicamente dire, sia che è la religione piú mistica di questo mondo sia che è una religione assolutamente non mistica, ma legata piuttosto alla quotidianità storica e stupendamente adattata al livello medio della gente e al suo buon senso di tutti i giorni. Il cristianesimo, dal punto di vista mistico, seguí la linea di maggior resistenza, la linea della follia per la ragione di questo mondo. …Nessuno potrà negare che i santi piú grandi e piú autentici furono dei mistici, che le profondità della coscienza ecclesiale sono mistiche, che il Vangelo di Giovanni, le Lettere dell’Apostolo Paolo e l’Apocalisse sono dei libri mistici, che la religione di Cristo è la religione del mistero della redenzione. …Nel cristianesimo c’è una profonda tradizione mistica che risale direttamente agli Apostoli. La Chiesa, nella sua attività storica universale e nel suo inevitabile adattamento al livello raggiunto dall’umanità, è stata per essenza la Chiesa di Pietro, al quale appunto si ricollega la successione sacerdotale. È a Pietro, infatti, che risale la tradizione giudaico-cristiana»(10).
Senza addentrarsi eccessivamente nella teologia giudaico-cristiana, va comunque notato che diverse correnti interne a questa dottrina teologica tengono a specificare quale sia la loro missione, cioè «essi pretendono di difendere il vero pensiero di Gesú contro la deformazione imposta dal pensiero di Paolo. Gesú è per loro un riformatore della Legge, che la riconduce all’autentico pensiero di Mosè»(11).
In proposito, è importante soffermarsi sulla dottrina paolina essenzialmente per due motivi: il primo di questi è che la via iniziatica direttamente sperimentata e quotidianamente realizzata dall’Apostolo Paolo è non solo attuale ma, si potrebbe addirittura azzardare, l’autentica radicale alternativa al violento nichilismo scientista (la terza ombra, ma sicuramente la piú potente, in quanto diretta incarnazione delle due precedenti ombre), il cui dogmatismo neorelativista e postrelativista sembra ormai aver esaurito le stesse possibilità ipotetiche sub-conoscitive, essendosi infatti affermato un nichilismo logico-formalistico irretito nella sua dialettica; il secondo motivo è che il metodo conoscitivo di Paolo non è sicuramente conchiudibile negli orizzonti di una teologia razionalistica, intrisa di nominalismo intellettualistico, che, degradando e razionalizzando la ineffabilità del supremo mistero solare, finisce per aprire le porte ad ogni sorta di “primitivismo” esistenziale, ateo-materialistico e/o religioso-neospiritualistico. La via di autorealizzazione solare dell’Apostolo è infatti intessuta dalla esigenza caratterizzante l’aurea Scienza dello Spirito: attuare il potere primordiale dell’Io, flusso dinamico trascendente il dualismo soggetto-oggetto, quale azione conoscitiva impersonale, consapevole unificazione mistica con l’originario Ente universale.
Va inoltre considerato che Paolo, in moltissime sue riflessioni, è particolarmente affine alle concezioni di quei movimenti spirituali, Manichei, Catari, di cui si parlava sopra. Scrive infatti il Puech che «è abbastanza noto che Paolo ha goduto da parte di Mani come da parte dei suoi discepoli occidentali, di un prestigio e di un’autorità analoghi a quelli che gli avevano attribuito Marcione e la maggior parte delle scuole precedenti di gnosi. …Poiché Mani poneva Marcione, accanto a Bardesane, fra i suoi predecessori immediati e ne conosceva le opere, è comunque probabile che sia stato il marcionismo a indurlo a collocare l’Apostolo fuori dei ranghi e fondare su di lui il suo antigiudaismo, la teoria di un cristianesimo corrotto da elementi ebraici di cui sarebbe stato il caso di sbarazzarlo»(12).
Si osservi perciò l’essenza gnostico-paraclitea della cristologia paolina, nella cui visione non vi è spazio per la centralità dogmatico-metafisica della Legge; un dogmatismo metafisico fondato sulla Legge conduce infatti ad una sottomissione metafisica, mentre la Fede, quale conoscenza vivente del Christo-Logos propugnata dall’Apostolo, è un ideale realmente rivoluzionario, poiché introduce nella storia spirituale dell’umanità l’ideale della Libertà cristiana: «Cristo ci ha liberati perché restassimo liberi; state dunque saldi e non lasciatevi imporre il giogo della schiavitú. Ecco, io Paolo vi dico: se vi fate circoncidere, Cristo non vi gioverà nulla …Non avete piú nulla a che fare con Cristo voi che cercate la giustificazione nella Legge. …Noi infatti per virtú dello Spirito attendiamo dalla Fede la giustificazione che speriamo»(13). La Libertà, nella visione spirituale paolina, non è la distruzione della Legge, ma l’integrazione di quest’ultima nella sorgente sovraumana da cui promana. La Libertà è l’affermazione dell’Uomo pneumatico sulla natura soggettiva, psicoanimica, sul tessuto ereditario-biologico; la Libertà è la liberazione metafisica dalla corrente del divenire, non l’illusoria liberazione dal mondo, ma la cristica liberazione del mondo. Paolo precisa poi che la vera Libertà, quella che fluisce dal Mondo Spirituale e non è quindi incatenata nel giogo della parvenza sensibile, è l’autentico compimento della Legge; la vera Libertà, non a caso, si concretizza e si spiritualizza potentemente nell’anima umana tramite la forza dell’Amore. La Legge, nell’ottica paolina, si trasmuta cristicamente: «Amerai il prossimo tuo come te stesso»(14). «Se vi lasciate guidare dallo Spirito, non siete piú sotto la Legge. Del resto le opere della carne sono ben note: fornicazione, impurità, libertinaggio, idolatria. …Il frutto dello Spirito invece è amore, gioia, pace, pazienza, benevolenza, bontà, fedeltà, mitezza, dominio di sé; contro queste cose non c’è Legge. Ora quelli che sono di Cristo Gesú hanno crocifisso la loro carne con le sue passioni e i suoi desideri. Se pertanto viviamo dello Spirito, camminiamo anche secondo lo Spirito»(15).
L’apostolato paolino, come poi avverrà per i Templari e i Catari, è enormemente contrassegnato dal principio della lotta spirituale, combattimento certamente pacifico, interiore, ma nient’affatto tranquillizzante, nient’affatto accomodante, come ha pienamente dimostrato — piú di qualsiasi altro evento – la vita di questo atleta del Christo; la lotta spirituale, a cui Paolo invita i veri cristiani, non è chiaramente il guerreggiare fisico, che richiede notevole eroismo, ma è la guerra metafisica, occulta, che richiede il coraggio dell’impossibile, poiché richiede il continuo e quotidiano eroismo. L’eroismo metafisico, cristico, che ci viene indicato dall’Apostolo, non è l’eroismo della umiliazione, che è comunque una virtú veramente rara, eccezionale; è l’azione dell’Io, l’eroismo dell’autoannientamento, del martirio spirituale. «Per il resto, attingete forza nel Signore e nel vigore della Sua potenza. Rivestitevi dell’armatura di Dio per poter resistere alle insidie del Diavolo. La nostra battaglia infatti non è contro creature fatte di sangue e di carne, ma contro i Principati e le Potestà, contro i dominatori di questo mondo di tenebra, contro gli spiriti del male che abitano nelle regioni celesti. Prendete perciò l’armatura di Dio, perché possiate resistere nel giorno malvagio e restare in piedi dopo aver superato tutte le prove. …Tenete sempre in mano lo scudo della Fede, con il quale potrete spegnere tutti i dardi infuocati del Maligno; prendete anche l’elmo della salvezza e la spada dello Spirito, cioè la parola di Dio» (16).
Il metodo conoscitivo paolino, come ogni autentica ascesi, è altresí contraddistinto dalla funzione creatrice, spiritualizzatrice, riservata al dolore, virtú metafisica, trascendente, che nella corrotta e “spezzata” anima umana, diviene sofferenza, mentre la sua reale essenza è pura luce originaria, forza universale in continuo movimento, chiaramente insopportabile per l’uomo atomizzato, immemore della celeste Patria primordiale: «È per la vostra correzione che voi soffrite! Dio vi tratta come figli; e qual è il figlio che non è corretto dal padre? Se invece non subite correzione, mentre tutti ne hanno avuto la loro parte, allora siete degli illegittimi, non dei figli! …In verità, ogni correzione, sul momento, non sembra causa di gioia, ma di tristezza; dopo però arreca un frutto di pace e di giustizia a quelli che per suo mezzo sono stati addestrati»(17).
Paolo introduce anche nella storia del pensiero la concezione del realismo cristico, la fondamentale certezza, cioè, della invincibile possanza dell’Impulso-Christo, rispetto a cui scompare magicamente l’illusoria parvenza mondana, che ha la forza di abbatterci continuamente; l’Impulso-Christo, piú reale della stessa realtà, è inoltre la sostanza onnioperante che vivifica e translucida l’unità e la fraternità umana, liberando la conoscenza dalla gabbia fisica, cerebrale, celebrando cosí il movimento noetico come potere graalico: «Poiché l’amore del Cristo ci spinge al pensiero che uno è morto per tutti e quindi tutti sono morti. Ed Egli è morto per tutti, perché quelli che vivono non vivano piú per se stessi, ma per Colui che è morto e risuscitato per loro. Cosicché ormai noi non conosciamo piú nessuno secondo la carne; e anche se abbiamo conosciuto Cristo secondo la carne, ora non Lo conosciamo piú cosí. Quindi se uno è in Cristo, è una creatura nuova; le cose vecchie sono passate, ecco, ne sono nate di nuove»(18).
È altresí da sottolineare la funzione del Male, cui allude l’Apostolo in diverse parti delle sue lettere; come poi il manicheismo, il cristianesimo paolino pone come meta spirituale dell’ascesi cristica la graduale trasformazione della coscienza soggetta alle leggi del corpo animale: la Resurrezione scaturisce dal combattimento quotidiano con le forze della Morte e della decadenza. La purificazione animica, katharsis, e la trasformazione del corpo animale in corpo celeste, soma pneumatikón, sono le tappe ineludibili della via meditativa paolina finalizzata alla “cristificazione della coscienza”(19), alla realizzazione dell’intelligenza d’Amore, agape, quale autentico stato di coscienza, syneidesis: «La profondità cui essa dunque perviene è quella minerale, di cui la volontà delle origini è l’espressione esteriore, anzi la condensazione. Risorgendo essa alla sua purissima condizione immateriata, con ciò risorge anche il corpo, onde giustamente Paolo parla di corpo spirituale»(20).
La resurrezione quale evento individuale e cosmico è, in Paolo, la cristificazione della coscienza individuale; il nucleo celeste presente in quest’ultima diviene, nell’ascesi cristiana, la spada michaelita mediante la quale si estinguono – trasformandosi gradualmente poi – quelle forze subtelluriche, demoniache, che prendono facilmente il sopravvento nel tessuto animico soggettivo, a causa della scarsissima vigilanza pneumatica dell’Io.
La Coscienza d’Amore, il traguardo spirituale della gnosi esoterica paolina, ha proprio il compito di penetrare l’essenza del Male, restituendo l’originaria missione cosmica, solare, a queste forze aumane decadute. Secondo le indicazioni iniziatiche dello Steiner, nella via realizzativa cristiana l’emergere caotico delle potenze malefiche dovrà indurre i veri cristiani alla vittoria resurrettiva mediante una conoscenza impulsata di amorevole dedizione, non al semplice combattimento. Combattere queste forze non significa vincerle: «Da una parte vi saranno uomini dotati di una potente e interiore bontà, di una vera genialità per l’amore e per il bene; ma dall’altra sarà anche presente il contrario. La propensione al male sarà presente senza veli in un gran numero di persone, non piú coperta, non piú nascosta. I malvagi si vanteranno del male, come di qualcosa di specialmente valido. In alcuni uomini geniali si presenta premonitore qualcosa come una specie di piacere per il male, l’elemento demoniaco della sesta epoca. Nella “bestia bionda” di Nietzsche se ne annuncia ad esempio lo spettro. Il male dovrà essere espulso dalla corrente dell’evoluzione universale come una scoria; sarà espulso nell’ottava sfera. Ci dobbiamo attendere un tempo in cui si avrà un cosciente confronto fra il male e il bene. La sesta epoca avrà il compito di richiamare per quanto possibile il male con la dolcezza nella corrente continua dell’evoluzione. Vi sarà poi una corrente spirituale che non contrasterà il male, sebbene esso compaia nel mondo nel suo aspetto piú demoniaco. In quelli che saranno i successori dei “figli della vedova” si rafforzerà la coscienza che il male deve essere di nuovo coinvolto nell’evoluzione e che non va combattuto, ma soltanto superato con la dolcezza»(21).
Il secolo appena trascorso ha certamente offerto la testimonianza soprasensibile di Eroi cristiani, nella cui missione solare il principio del Logos non è stato affatto un sentimento di consolazione, ma una forza di autotrasformazione, la certezza della vittoria spirituale nell’attimo del martirio. Tali asceti cristiani, devoti servitori dell’Arcangelo Michele, si trovarono ad operare nella prima metà del secolo in Romania, Ungheria, Serbia e nella stessa Russia, nella Chiesa “catacombale” o “vera Chiesa ortodossa”, la quale, seguendo il luminoso esempio del patriarca Tichon e del metropolita Veniamin, preferí ricevere il martirio che degradarsi nella logica del compromesso. Questi asceti cristiani, alla ferrea solidità dell’ufficiale organizzazione sociale, che, dall’estrema destra all’estrema sinistra, dallo pseudospiritualismo religioso al materialismo dialettico, chiedeva insistentemente la loro soppressione violenta, risposero percorrendo coscientemente la via cristica della morte, caratterizzata appunto dalla consapevolezza che «non esiste altra arma al di fuori della nostra cenere» e che «il germe di una resurrezione non può nascere che dalla morte, dalla sofferenza: neppure il nostro Redentore, Christo Gesú, ha potuto vincere senza sofferenza e senza sacrificio». Risposero quindi sperimentando nell’Amore, agape e non eros, la forza formatrice della morte e proponendo il concetto slavofilo-ortodosso di sobornost’ quale potenza metafisica creatrice, oggettiva, contrassegnata dalla presenza trascendente del Christo nella comunità spirituale umana.
Se è vero che il martirio al quale questi asceti andarono volontariamente incontro rese impossibile una completa spiritualizzazione cristiana della vita culturale a loro contemporanea, è altrettanto vero che la loro missione sacrificale – conforme all’impulso solare di Michele – al pari di quella templare ebbe indubbiamente invisibili effetti luminosi per la comunità umana: «Le anime del Templari …dopo aver superato le terribili prove delle torture …passate in quel modo attraverso la porta della morte, poterono inviare agli uomini dai mondi spirituali fiotti di vita spirituale che agirono nei secoli successivi»(22).
L’essenza nichilista del materialismo distruttore atomistico, caratterizzante il pensiero ufficiale contemporaneo, è stato ben prospettato da Severino: «Il mondo è il luogo dove si crede di toccare con mano l’uscire e il ritornare degli enti nel niente (il loro essere stati e il loro ritornare ad essere un niente). Ponendo che, nel divenire, l’ente è stato e torna ad essere un niente, si pensa che l’ente è niente. In questo pensiero si manifesta, nel modo piú radicale, l’essenza del nichilismo»(23).
Il retroscena metafisico di queste forze è stato invece ben evidenziato dal Lossky allorquando sostiene che «divenuti spiriti delle tenebre, gli angeli decaduti restano ugualmente esseri creati da Dio e la loro determinazione, contraria alla volontà divina, diviene l’ossessione disperata del nulla che non troveranno mai»(24).
La natura nichilista della civilizzazione contemporanea deriva dunque dal dogmatismo dualista del soggettivismo razionalista che afferma la logica del pensiero dialettico, per il quale unica realtà è la parvenza del reale, cioè l’assoluta priorità del mondo fisico-sensibile rispetto alla forza noetica che ha la sua rappresentazione mediante i sensi.
L’ascesi cristiana michaelita, di cui Massimo Scaligero è stato certamente il piú fedele esecutore e sperimentatore, si fonda viceversa sulla possibilità dell’esperienza della Luce pre-cerebrale del pensare, quale forza universale che ridona l’essenza celeste ad ogni fenomeno e lo strappa appunto da quel niente di cui parla Severino, negando cosí radicalmente e trasmutando la spaventevole forza nichilista dell’attuale modello gnoseologico ed epistemologico: «L’uomo ha il compito di restituire l’essenza alle cose, l’Io, il Logos: secondo un impegno originario»(25).

Luca Fantini

(1)R. Steiner, Il mistero del doppio, Ed. Antroposofica, Milano 1996, p. 66
(2)R. Steiner, Come ritrovare il Cristo. Tre ombre sul nostro tempo e la nuova luce del Cristo, Ed. Antroposofica, Milano 1988, p. 31.
(3)Ivi, p. 32.
(4)Ibidem; tali società segrete anglo-americane, secondo lo stesso Winston Churchill, condizionano enormemente il destino della civiltà umana. In un articolo sulla Rivoluzione russa apparso su «Illustrated Sunday Herald» l’8.2.1920, scriveva: «Dai giorni di Spartacus Weisshaupt fino a Karl Marx, Trotsky, Bela Kuhn, Rosa Luxemburg ed Emma Goldmann, questo complotto mondiale per la distruzione della civiltà e per la ricostituzione della società sulla base dell’arresto del progresso, del malanimo invidioso e dell’impossibile uguaglianza, si è potentemente sviluppato. Esso ha giocato un ruolo chiaramente riconoscibile nella tragedia della rivoluzione francese. Esso ha servito da motore a tutti i movimenti sovversivi del secolo XIX; e ora, infine, questo gruppo di straordinarie personalità del mondo sotterraneo delle grandi città d’Europa e d’America ha afferrato per i capelli il popolo russo ed è divenuto praticamente il dominatore incontrastato di questo enorme Impero».
(5)Ivi, p. 86.
(6)Ivi, p. 52.
(7)Ibidem; in realtà il manicheismo fu ugualmente perseguitato dai Dottori islamici della Legge e, appunto, dagli stessi cattolici, come mette in evidenza Rudolf Steiner nel saggio I manichei, a cura di G. Burrini, Ed. Antroposofica, Milano 1995, p. 26.
(8)Ibidem.
(9)Al riguardo è fondamentale lo studio del filosofo russo Ju. Nikolaev, V poiskach za Bozestvom. Ocerki iz istorii gnosticizma [Alla ricerca del divino. Studi sulla storia dello gnosticismo], ove è perfettamente descritta questa lotta, avvenuta all’interno del mondo cristiano, tra la spiritualità veterotestamentaria giudaica e la Gnosi cristiana.
(10)N. Berdjaev, Il senso della creazione. Saggio per una giustificazione dell’uomo, Jaca Book, Milano 1994, p. 357.
(11)J. Danielou, La teologia del giudeo-cristianesimo, EDB, Bologna 1998, p. 90.
(12)Puech, Sul manicheismo, Einaudi, Torino 1995, pp. 142-143. Una cosí forte differenziazione spirituale tra la gnosi cristiana e un cristianesimo non ancora liberatosi dall’influsso del Giudaismo ortodosso, come quella descritta dal Puech, sembra riguardare anche la comunità giovannea: «I cristiani del secondo secolo accusavano gli Ebrei di essere dei delatori che andavano a denunciarli agli inquisitori romani. Il martirio di Policarpo, 13,1 dice che: «I Giudei erano estremamente zelanti, come è loro abitudine, nel preparare il materiale per bruciare i santi, atto questo eseguito da un proconsole romano intorno al 155 d.C. La responsabilità indiretta nelle varie esecuzioni dovuta alle espulsioni dalle sinagoghe può darsi che costituisca uno dei tanti elementi che compongono il quadro che sta alla base delle accuse di Giovanni contro i Giudei. …Nella battaglia tra la sinagoga e la comunità giovannea si trattò, dopo tutto, di una battaglia cristologica»; R. Brown, La comunità del Discepolo prediletto, Cittadella Editrice, Assisi 1982, p. 47.
(13)San Paolo, Lettera ai Galati, EDB, Bologna 1998, pp. 2.506-2.507.
(14)Ivi, p. 2.507.
(15)Ibidem.
(16)San Paolo, Lettera agli Efesini, in Lettere di San Paolo, Edizioni Paoline, Roma 1979, pp. 152-153.
(17)San Paolo, Lettera agli Ebrei, op.cit., pp. 254-255.
(18)San Paolo, Lettera ai Corinzi, op.cit., pp. 104-105.
(19)Paolo di Tarso Iniziato e Mistagogo, in «Graal» n. 49-50, Tilopa, Roma 1995, p. 12.
(20)Ibidem.
(21)R. Steiner, I Manichei, Ed. Antroposofica, Milano 1995, p. 25.
(22)R. Steiner, Impulsi evolutivi interiori dell’umanità, Ed. Antroposofica, Milano 1976, p. 191.
(23)E. Severino, L’essenza del nichilismo, Adelphi, Milano 1995, p. 257.
(24)V. Lossky, La teologia mistica della Chiesa d’Oriente, EDB, Bologna 1990, p. 120.
(25)M. Scaligero, Meditazione e Miracolo, Ed. Mediterranee, Roma 1988, p. 46.

Immagine: «Le epistole di San Paolo» – miniatura, sec. XV  Bible historiale, Parigi, Biblioteca Nazionale