
Le considerazioni fin qui svolte
ci hanno condotto a riconoscere l’importanza dell’arto
corporeo dell’essere umano. Siamo partiti dall’osservazione
che il corpo mette in rapporto l’uomo con la totalità
dell’esistenza presente nello spazio. Abbiamo in tal
modo potuto far vedere che il corpo in realtà riempie
tutto l’universo e che l’oscurissima coscienza che
domina nell’arto base della nostra costituzione umana è
la stessa onnicoscienza del cosmo. Il nostro corpo sa e
vede ciò che avviene nella stella piú remota, soltanto
non può dircelo, perché è maggiormente legato con l’universo
oggettivo che non con la nostra soggettiva personalità
umana. In seguito abbiamo esaminato la realtà dello
spazio e abbiamo rettificato fino alla base il relativo
concetto. Fa parte delle conquiste fondamentali della
conoscenza umana il riconoscere che lo spazio non è
percezione, ma idea, non è oggetto, ma concetto. E
come idea altissima della mente umana, lo spazio è l’immagine
del Creatore dei Mondi, del Primo Logos. Tutto ciò che l’uomo
crede di poter dire sullo spazio, sulla sua assolutezza,
intangibilità, eternità, si riferisce in realtà allo
Spirito dell’Universo. L’ateismo non è perciò
possibile se non come illusione di un’anima malata, se
non come fondamentale errore di pensiero. La Scienza dello
Spirito ci libera dalle illusioni e dagli errori e ci dà
la possibilità di comprendere questa essenziale relazione
dell’universo:
Spazio - Dio Padre
Questa relazione ci permette di
cogliere il vero senso e l’intimo significato di una
osservazione cosí semplice ed immediata come è quella
che abbiamo già posta in evidenza: il corpo determina l’esistenza
spaziale dell’uomo. Il vero significato di queste parole
è il seguente: per mezzo del suo corpo, l’uomo giace in
grembo alla Divinità originaria del cosmo. Questo è il
piú alto segreto che possano rivelare all’uomo gli
Spiriti Sublimi della Prima Gerarchia celeste, perché
sono essi che hanno elaborato fin dalle origini il corpo
dell’uomo.
Ora che abbiamo visto che cosa
rappresenti per l’uomo il corpo, possiamo porci quest’altra
domanda: che significato ha per l’uomo il fatto ch’egli
è anima? La risposta a questa domanda è analoga a quella
sull’esistenza del corpo. Perciò diciamo:
«L’anima determina
l’esistenza temporale dell’uomo».
Dunque il corpo è in relazione
con lo spazio, l’anima è in relazione col tempo.
Dobbiamo riconoscere però che
questo secondo fatto non è cosí evidente come il primo.
La relazione del corpo con lo spazio è un fatto
addirittura assiomatico; s’impone con tanta evidenza che
non ha bisogno affatto di essere dimostrato. Non
altrettanto si può dire per la relazione dell’anima con
il tempo. Perciò su questo argomento converrà spendere
qualche parola in piú.
Facciamo intanto questa prima
osservazione: lo spazio non giunge fin dentro l’anima,
il tempo non giunge fin dentro il corpo.
La prima parte di questa
osservazione è assolutamente chiara. L’uomo piú ignaro
di filosofia sa che i suoi pensieri, i suoi sentimenti, i
suoi impulsi volitivi non sono entità spaziali. Lo spazio
non fa valere le sue leggi dentro l’anima. L’anima
stessa non è per nulla un ente spaziale. E viceversa il
corpo non è affatto un ente temporale. Quest’ultima
osservazione potrà sembrare inesatta, perché tutti
pensano che il tempo agisce con gran forza proprio sul
corpo. Difatti questo con l’andare degli anni invecchia
e infine con la morte perisce e si dissolve. Per
correggere questa falsa impressione, bisogna pensare che
il corpo non è un ente semplice. Esso è appunto
compenetrato dall’elemento animico e per il fatto che
questo si evolve nel tempo, anche il corpo subisce delle
modificazioni. Queste però non derivano dalla natura del
corpo, ma sono prodotte dall’elemento animico che nel
corpo appunto agisce.
Per avere una chiara idea di
ciò che sia un corpo per se stesso, bisogna considerare
un minerale. Il minerale difatti, come ente terrestre, è
solo corpo, è corpo puro e semplice. L’elemento animico
è completamente assente dal corpo del minerale. E ora
chiediamoci: che importanza ha per il minerale il fluire
del tempo? Assolutamente nessuna. Sí, anche un minerale
può subire delle modificazioni; cosí per esempio un
pezzo di ferro può arrugginire, l’acqua può evaporare
ecc. Tutte queste modificazioni, anche se si manifestano
nel tempo, non sono però opera del tempo, sono
opera di agenti esterni, nascono in realtà da una relazione
spaziale. Per il fatto che ferro e ossigeno coesistono
nello spazio, possono venire a contatto e produrre il
perossido di ferro. Osserviamo per qualche giorno una
bandiera che sventola sull’asta di un edificio pubblico.
Quando c’è il sole, essa è asciutta, quando piove, si
bagna; quando spira il vento, si agita; quando l’aria è
calma, pende inerte. Tali modificazioni della bandiera
avvengono sí in una successione temporale, ma possiamo
dire che il tempo come tempo abbia un significato
qualsiasi per quella bandiera, che il tempo abbia in
qualche modo influito sul suo essere? Non possiamo
assolutamente dirlo. Sulla bandiera hanno agito soltanto
le condizioni atmosferiche, gli agenti fisici.
Ed ora facciamo un salto
improvviso ed osserviamo l’enorme differenza che passa
tra l’Oberto, conte di San Bonifacio e il Falstaff
di Verdi. Da che cosa nasce questa differenza? Dal fatto
che il genio di Verdi si è maturato col tempo. Il
tempo qui ha manifestato il suo essere, la sua potenza, la
sua necessità. Poniamo a confronto questi due fatti
significativi e facciamoli oggetto di assidue meditazioni.
Il ferro può combinarsi con l’ossigeno
in un qualunque momento. Dunque per esso il tempo non ha
significato. Il genio di Verdi può creare il Falstaff
soltanto in un determinato momento. Dunque il tempo fa qui
sentire tutta la sua potenza.
Consideriamo
per un momento la vita di San Francesco. Sappiamo che egli
era figlio di un ricco mercante di Assisi e che da giovane
condusse una vita piuttosto libera e mondana, conforme ai
suoi mezzi e al suo ceto. Poi, spinto dallo spirito d’avventura,
pensò di farsi soldato e di partire per i Luoghi Santi.
Invece s’ammalò ed ebbe delle visioni che lo portarono
sulla via della santità. Egli è cosí diventato un
grande Santo e dette l’anima al suo secolo e a molti
altri secoli ancora. Anche qui vediamo una differenza
quasi inconcepibile tra il giovane libertino e il santo
puro da ogni passione mondana.
E ora rendiamoci ben conto che
il libertino e il santo non possono sussistere uno accanto
all’altro. Il santo si è fatto tale solo perché vi era
in lui la possibilità di eliminare il libertino. Il ferro
si combina con l’ossigeno, il carbonio, lo zolfo ecc. e coesiste
nel mondo in tutte le sue possibili forme d’esistenza.
Un Francesco d’Assisi libertino non può invece
coesistere con un Francesco d’Assisi santo. L’esistenza
dell’uno esclude l’esistenza dell’altro.
La grande legge dello
spazio è la coesistenza. La grande legge del tempo è l’esclusione.
Ora è un fatto indubitabile:
che nell’anima si fa valere la legge dell’esclusione e
non la legge della coesistenza. L’anima non vive nello
spazio, ma nel tempo. E non è tanto significativo il
fatto che nell’anima non possono svolgersi
contemporaneamente due processi di pensiero, o due atti di
volontà, o due vibrazioni di sentimento, quanto piuttosto
il fatto che esporremo ora. Può darsi che uno s’annoi
mortalmente ad ascoltare la musica di Bach. Egli non gusta
che le canzonette alla moda. Poi, con il tempo, il suo
gusto musicale si raffina, il suo senso d’arte si
risveglia ed egli riesce alla fine ad apprezzare anche la
musica eccelsa di Bach. Una cosa è però certa:
ascoltando la musica di Bach non ci si può annoiare e
inebriare allo stesso tempo. Ci si annoia o ci si inebria,
a seconda dell’anima che si possiede.
Vi prego di non considerare
queste osservazioni, forse troppo prolisse, che ora stiamo
facendo sul valore del tempo, come delle verità
lapalissiane. Lo sono, solo in quanto l’uomo si lascia
sfuggire l’intimo valore delle cose e dà importanza
solo al loro aspetto superficiale. L’esempio dato voleva
condurre a questo fatto di straordinaria importanza:
davanti a una qualsiasi cosa, fatto, avvenimento,
fenomeno, vicenda ecc., davanti a una qualsiasi
manifestazione del mondo o dello spirito, l’anima in un
determinato momento della sua esistenza non può farsi che
un solo pensiero, un solo sentimento, un solo motivo d’azione.
Il tempo qui impone la sua legge; il tempo si presenta
nella vita animica come elemento essenziale e determinante
dell’esperienza. I nostri pensieri, i nostri sentimenti,
i nostri atti volitivi sono quelli che il tempo
vuole che siano. Davanti a una cosa qualsiasi si possono
naturalmente fare infiniti pensieri, ma in un certo lasso
di tempo si riesce a farne soltanto uno. Quando del tempo
sarà passato, se ne potrà fare un altro di natura
diversa, e cosí via. E che importanza ha questo fatto
apparentemente insignificante e lapalissiano? Che cosa
significa per l’uomo il fatto che davanti ad una certa
cosa egli ha oggi un’idea e domani può averne un’altra?
Niente altro che questo:
un delinquente col
tempo può diventare un santo.
L’evoluzione è il grande
prodotto del tempo. È necessario però insistere sul
fatto che solo l’elemento animico può evolversi e
produrre a sua volta modificazioni sull’elemento
corporeo. Perciò dobbiamo dire – contro tutte le
aberrazioni darwinistiche – che dove nel mondo
assistiamo a un processo d’evoluzione, là è
presente l’anima. Per comprendere ciò dobbiamo
porci la domanda: che cosa è veramente l’anima?
Per anima s’intende
comunemente quel mondo interiore umano che contiene
impulsi di volontà, idee, concetti, rappresentazioni e
infine l’infinita serie dei sentimenti e delle passioni.
Anzi proprio il sentimento viene considerato come l’elemento
animico per eccellenza, il vero prodotto dell’anima.
Pensiero e volontà vivono sí nell’anima, ma provengono
da altre sfere. Perciò anche nell’occultismo si usa
collegare l’animico con l’astrale e si pensa che la
vita dell’anima si svolga essenzialmente nel corpo
astrale. E cosí è difatti. L’uomo terrestre sviluppa,
in questo momento della sua evoluzione, il proprio
elemento animico traendolo fuori dal corpo astrale. La
Scienza dello Spirito però ci insegna che questo è un
fatto anormale. E questa anormalità, che ci accingiamo a
considerare, fa sí che proprio a riguardo della sua anima
l’uomo viva nella piú grande illusione. L’illusione
deriva dal fatto che l’uomo sperimenta i suoi sentimenti
e le sue passioni come qualcosa di assolutamente
personale. L’uomo trova il suo Sé a tutta prima nell’anima,
perché qui tutto gli appare come proprio. Nulla gli dà
tanto fortemente il senso di sé come la continua
agitazione delle passioni, che Dante chiama “la bufera
infernal che mai non resta”. Questa bufera che di
continuo agita l’uomo facendo sorgere in lui il senso
della personalità, è opera di Lucifero. Ecco perché
abbiamo detto poco prima che svolgere sentimenti e
passioni dall’astralità è un fatto anormale. L’anormalità
doveva penetrare nel corso dell’evoluzione, perché
altrimenti l’uomo non sarebbe mai potuto diventare un
essere libero e indipendente.
Ciò che noi conosciamo come
personalità umana, come Sé dell’uomo, sorge solo dal
fatto che l’anima sperimenta il sentimento come una cosa
propria. E su tale base l’uomo può costruire la sua
libertà. Che cosa ha veramente fatto Lucifero per dare
all’uomo l’illusione che i sentimenti siano una cosa
sua personale e permettergli cosí di credersi un essere
indipendente?
Ha tolto l’animico
dalla sua sfera originaria, l’etere solare, e lo ha portato
nell’astralità lunare.
Da tale fatto, anche per la
successiva intromissione di Arimane, è sorta nella
costituzione umana la massima anormalità. La natura dell’uomo
è stata addirittura invertita. Dopo di allora l’uomo
forma il suo sentimento per mezzo del corpo astrale e
pensa mediante il corpo eterico. Invece secondo gli
impulsi delle Gerarchie che lo hanno creato, l’uomo
dovrebbe pensare con il corpo astrale e sentire con il
corpo eterico. Naturalmente, se l’uomo potesse fare
cosí il suo sentimento e il suo pensiero sarebbero tutt’altra
cosa di ciò che appaiono ora.
L’anima dell’uomo è ora un’illusione
luciferica. Essa non manifesta la sua vera natura e
perciò i sentimenti si presentano come un fatto
personale.
Il vero e genuino elemento
animico si sviluppò sul Sole come sentimento cosmico. Vi
è una sola esperienza umana che può darci un’idea di
ciò che sia veramente il sentimento cosmico solare, ed è
l’amore. L’amore è difatti un sentimento unico.
Mentre tutti gli altri sentimenti ci dicono qualcosa
riguardo a noi stessi, solo l’amore è capace di dirci
qualcosa sul conto degli altri. Quando un’anima è piena
d’amore, in quest’anima non vive la propria
personalità egoistica, ma si manifesta l’essere amato.
Per mezzo dell’amore tutto il mondo può penetrare in
noi stessi. Ciò dà l’idea della potenza del sentimento
cosmico.
Per mezzo del nostro sentimento
umano corrotto da Lucifero, noi possiamo sentire noi
stessi. Per mezzo del sentimento cosmico solare, gli
esseri che ne sono dotati sentono in sé la presenza degli
altri esseri.
L’amore fa sí che ogni essere
possa fluire su un altro essere. E questo placido fluire
di una cosa in un’altra cosa, di un essere in un altro
essere, è Vita nella sua realtà e Tempo nell’astrazione
del pensiero umano.
Ora possiamo comprendere perché
nell’anima umana vi è continua bufera di passioni. La
vera natura del sentimento è il moto, il placido fluire
da essere ad essere. Nella nostra anima il sentimento è
invece racchiuso tra le ferree pareti dell’egoismo e
perciò rimugge e ribolle. Spezziamo queste pareti e lo
vedremo fluire con la sua calma piena di vita.
Fortunato Pavisi (3.)
dalla conferenza “La
Pietra Fondamentale – L’uomo quale anima” tenuta a
Trieste il 31 gennaio 1948 |
Immagine: Giotto «San Francesco
predica agli uccelli» 1297-1300
Affresco – Assisi, Chiesa superiore della Basilica di San
Francesco
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