L’incantesimo
è bianco, splende sugli sterrati, celebrando la vittoria di
maggio, vessillo senza macchia, odoroso di miele: torna l’acacia
a dirci che non conta la greve prigionia della terra, quello
che importa è l’ineffabile scienza di saper trarre un
segno di candore da cupe marcescenze.
- Per
ottenere tanta virginale purezza, quale segreto laboratorio
chimico attiva questa Leguminosa che alligna, nel numero di
oltre dodicimila specie, con varietà di forme e dimensioni,
dal deserto del Negev alle giungle guatemalteche, dalle
savane della Namibia alle steppe siberiane e caucasiche,
allietando i crinali delle montagne e le rive di mari, fiumi
e laghi?
- Le sue
radici, ben piantate nel suolo, ospitano entro minuscole
nodosità alcuni particolari batteri capaci di assorbire l’azoto
presente nel terreno e di immetterlo nel sistema linfatico
della pianta. Attraverso questo meccanismo di permeazione, l’azoto,
“sostanza di incarnazione per le sfere astrali”, entra
nel circolo della vita vegetale elaborando un processo di
trasformazione atipico per il mondo vegetale.
- Cosí ce
lo descrive Wilhelm Pelikan nel suo L’uomo e le piante
medicinali*: «Possiamo cogliervi
delle affinità segrete con l’animalità, che si
manifestano del resto con varie altre modalità in questa
famiglia, particolarmente nella speciale composizione dell’albumina.
Benché ogni sviluppo vegetale derivi dall’albumina viva
(al pari di ogni sviluppo animale), il corpo delle piante è
principalmente una costruzione di idrati di carbonio, ciò
che non avviene nel caso dell’animale. Di norma, il corpo
vegetale è povero di azoto, mentre il corpo animale ne è
ricco.
- Ciò
si collega al fatto che la pianta non assume in sé il
dominio della sfera astrale; essa si limita a riceverne,
dall’esterno, le influenze. Non incarna l’astrale; ha
quindi molto meno azoto. Sta in ciò la differenza
fondamentale tra l’albumina delle piante e quella degli
animali. Pertanto, le Leguminose assorbono direttamente l’azoto;
inoltre, esse formano e concentrano l’albumina in una
quantità piuttosto eccezionale per il regno vegetale: i
piselli, le lenticchie, i fagioli, la soia, sono alimenti
ricchi di proteine (albumine) e si possono equiparare in
qualche modo agli alimenti di origine animale, e sostituire
ai prodotti carnei. Alcune Papilionacee della famiglia dei
fagioli possono, in piú, formare nelle nodosità delle loro
radici un colorante simile all’emoglobina: si può quindi
constatare la somiglianza tra il “tipo” delle Leguminose
e il regno animale!». E ancora: «…La Leguminosa tende,
con tutte le sue forze, verso il dominio dell’aria
e della luce. Come per unirvisi, essa sviluppa foglie
sottili e leggere… che apportano alle piante ciò che esse
hanno di astrale».
- Questa
particolare virtú dell’acacia di assimilare azoto
attraverso il suo apparato radicale e diffonderlo lungo i
tessuti linfatici fino alle foglie, dove si produce la
fotosintesi clorofilliana, viene esaltata nelle regioni
desertiche dai climi estremi. In questi ambienti, i protidi
elaborati sono talmente saturi da formare sulla superficie
foliare dei granuli consistenti e ricchi di zuccheri e
sostanze proteiche ad alta concentrazione. Queste palline
iperproteiche sono dette “bocconcini del Belt” e
rappresentano il dono di scambio che la pianta fa a un tipo
di formiche ospitate in regime simbiotico entro cellette all’interno
del fusto. Per contropartita, gli insetti guardiani tengono
lontani i parassiti che altrimenti insidierebbero la tenuta
vegetativa dell’albero. Le popolazioni nomadi costrette
per migrazione o transumanza a percorrere le zone
desertiche, conoscevano le doti dei granuli dell’Acacia
Seyal, o arabica, che definivano “albero delle formiche”,
impropriamente tradotto poi dai viaggiatori europei in “albero
delle locuste”. Da qui la leggenda che San Giovanni
Battista si nutrisse di locuste durante i suoi ritiri di
penitenza tra le pietraie della Palestina, mentre erano i
doviziosi corpuscoli vegetali di cui erano tempestate le
foglie dell’arbusto a costituire la sua austera ma
energetica dieta.
- A chi
volesse seguire lo stesso regime alimentare del Battista,
oggi che vigono tendenze al dimagrimento ascetico non per
dettame di astinenza ma per istinto narcisistico, non
gioverebbe ricorrere alle infiorescenze dell’acacia
nostrana, detta anche robinia o gleditsia. Pur facendo parte
delle Papilionacee, per via che i petali dei suoi fiori
ricordano ali di farfalle pronte al volo, questa specie ha
un metabolismo vegetale che si limita a produrre forti
alcali, vari oli essenziali e aromi, oltre a un nettare di
cui si nutrono le api, ricavandone un miele dal gusto
particolare. Non arriva però a secernere i “bocconcini
del Belt” dall’alto contenuto proteico e vitaminico.
- In
compenso l’osservatore potrà gratificarsi con la gloria
nuziale delle sue trine, in cui, secondo Pelikan, «la
dimensione astrale traspare attraverso il mondo delle forze
formatrici eteriche e del principio vegetativo»,
facendolo inebriare dei suoi profumi che «esprimono
in maniera particolare la sua natura astrale; potrebbero
essere qualificati come aerei, fugaci, soavi, malinconici,
evanescenti…». E ancor piú egli godrebbe della
visione di candore e del profumo delle acacie nostrane,
sapendo che questa famiglia «rappresenta
una tappa importante nel corso del divenire vegetale
terrestre. …Il mondo vegetale terrestre ha avuto il suo
precursore: il mondo vegetale-animale dell’antica Luna. I
regni della natura erano a quel tempo tre, e c’è voluto
un nuovo atto creativo perché divenissero quattro. Il mondo
vegetale-animale si è scisso in qualche modo, ma rimangono
mille vestigia della sua forma primitiva. …Le Leguminose
sono degli esempi particolarmente eclatanti di questa
permanenza nel nostro mondo terrestre di un mondo lunare
trascorso».
- E cosí,
l’acacia segna il trionfo di maggio, ed è candore nel
sole che si fa piú chiaro, reminiscenza di perdute
beatitudini negli umori soavi dei suoi balsami.