Interviste

Malcolm Muggeridge risponde alle domande di Roy Trevivian

 
R.T.:

Credi che ci sia qualche possibilità che la nostra civiltà si riscatti?

M.M:

Mi sembra molto poco probabile, ma tutto è possibile. Tutti i pronostici sulla storia si sono dimostrati falsi. Nessuno può saperlo, io posso solo dire quel che mi pare probabile. Qualche volta dico a me stesso: se fossi vissuto ai tempi di Nerone, che cosa avrei sostenuto? Sono certo che avrei detto proprio le stesse cose. Avrei detto: stanno arrivando i barbari, Roma sarà distrutta, tutta la nostra struttura basata sul paganesimo è finita, nessuno vi crede piú, l’amministrazione non funziona, le spese dell’amministrazione superano tutti i limiti, l’Impero romano è sovraccarico in modo eccessivo e sta per crollare. E avrei avuto ragione completamente. La sola cosa che non avrei saputo è che quegli avvenimenti tanto oscuri, accaduti in un lontano avamposto dell’Impero – eventi che coinvolgevano persone quasi totalmente ignoranti, sudditi, gente di nessun interesse e importanza per un Romano raffinato ed istruito – avrebbero posto le fondamenta di una civiltà nuova e infinitamente piú grande, che in termini di arte, scienza e pensiero avrebbe toccato vertici inimmaginabili.

R.T.:

Ti pare che ciò stia per ripetersi, ora?

M.M:

Non saprei e non lo sapresti neppure tu. Noi siamo proprio quel tipo di persone che non sanno né possono sapere.

R.T.:

Ma non vedi neppure dei segni?

M.M:

Mi accorgo di avere uno scetticismo crescente nei confronti di quelle speranze utopistiche, che nel primo slancio del progresso scientifico resero la gente piú o meno ubriaca nell’attesa. Mi pare che quella speranza stia scomparendo, che ci sia una nuova atmosfera di umiltà…

R.T.:

Se hai ragione, e se veramente questa civiltà sta giungendo alla fine, gli spasimi della morte probabilmente dureranno a lungo. Nello stesso tempo qualcuno deve pur governare, qualcuno deve accettare delle responsabilità, il mondo deve andare avanti… Non è allora fuori luogo criticare, come fai tu, le persone che hanno posizioni di potere, ma che in ultima analisi dipendono, come noi, da qualcuno che dispone realmente del potere?

M.M:

Certo, sono senz’altro d’accordo che in una società è necessario esercitare il potere, e sarebbe assurdo dire che tutti quelli che lo esercitano sono malvagi; ma credo che si possa affermare che coloro che lo ricercano sono pericolosi e vanno osservati con diffidenza. La passione per il potere è cattiva. Nel nuovo Testamento c’è un esempio che io amo piú di altri: leggiamo che i regni della terra vengono dati in dono dal Demonio. È un’indicazione molto interessante, che non viene considerata abbastanza. Perché sono dono del Demonio? Come può avvenire che sia il Demonio a dare in dono i regni della terra, e non Dio? La ragione è che i regni della terra significano potere, e il potere è demoniaco. L’altro giorno, scorrendo alcuni miei vecchi appunti, trovai la copia di una iscrizione che era stata posta nel deserto libico da un centurione romano: «Io, servendo come capitano di una legione di Roma nel deserto libico, ho appreso e riflettuto su questo pensiero: nella vita ci sono due fini, l’amore e il potere, e nessuno può avere entrambi». La stessa idea si ritrova nel Libro della Genesi: mangiando il frutto della conoscenza, intesa come strumento di potere, fu distrutta la felicità del Giardino dell’Eden.

R.T.:

Il Libro della Genesi è un mito; ma pensi che il mito della caduta dell’uomo rappresenti una verità che possa essere confermata nella vita di oggi?

M.M:

Direi di piú, che secondo me i miti e le leggende sono probabilmente piú veri della storia. Come dice Kierkegaard, nel caso di grandissimi avvenimenti, come la nascita e la morte di Cristo, la storicità non ha alcuna importanza. È molto importante conoscere la storia di Socrate, perché Socrate è morto, ma non serve a nulla conoscere la storia di Cristo, perché egli è vivo. Se e quando sapremo la verità finale sulla vita umana, ci renderemo conto che le leggende, o quelle che passano per leggende, sono molto piú vicine alla verità di ciò che chiamiamo “fatto realmente accaduto” o certezza scientifica.

Malcolm Muggeridge

 
da: M. Muggeridge, Il Cristo riscoperto, Rusconi Editore, Milano 1971