Esercizi

Spesso, nei nostri interventi, alterniamo alle indicazioni piú concrete alcune osservazioni sugli atteggiamenti che portano il ricercatore all’inutilità della sua opera o alla sua rovina. Ciò non dovrebbe mai venire inteso come una critica verso chicchessia, essendo solo un tentativo per far comprendere che in un tempo esistenziale già al di sotto dei limiti naturali appare necessario trovare un punto minimo da cui muoversi per intraprendere una via interiore che non sia un sogno sub-sensibile.
Su tale base diviene evidente che qualsiasi disciplina o azione interiore, determinata e intrapresa di contro l’anarchica informità dell’anima, non può non risultare difficile e penosa.
In tal senso la piú modesta attività interiore, se voluta e ripetuta, impegna duramente volizione, pensiero e coscienza, e quando un risultato viene raggiunto si fa piú difficile, spesso al muro dell’impossibile, giacché ogni piccola vittoria risveglia, in basso, forze d’ostacolo piú forti.
Dobbiamo immaginare, senza timore ma anzi con ardimento, che se tramite le giuste discipline si inizia a dominare l’anima senziente e razionale, l’agone si trasferisce in una arena cosmica, poiché, come insegnava Plotino, è contro gli Dei che il combattimento prosegue. Purtroppo alcuni responsabili formali dell’Insegnamento hanno tradizionalizzato una sorta di traduzione fiacca ed appiattita della Scienza Spirituale utile a soddisfare soltanto l’inerte coscienza di seguaci deboli e persino psichicamente incerti.
State per intraprendere un esercizio da voi scelto? Allora frantumate con un gesto severo ed irreplicabile ogni rappresentazione diluita e tradotta ovvero non conforme alle indicazioni originarie.
Compenetratevi dell’idea che qualunque esercizio abbiate intrapreso potrà condurvi, se prolungato ed intensificato oltre l’ordinario, al superamento di un limite, ad una interiore trasformazione e forse alla visione in cui vi destate ad un aspetto infinito del mondo, ad una realtà magica tessuta di vita e di operanti coscienze..
 
Nel V capitolo de La Scienza Occulta troviamo una disciplina preparatoria che porta il praticante ad esperienze eccezionali ed impensabili anche per l’intelletto piú acuto. Successiva nel testo, alla descrizione dei cinque esercizi, viene definita dall’Iniziato Solare come «necessaria per penetrare nel Mondo Sovrasensibile». Perciò è un esercizio che andrebbe studiato con attenzione e ben compreso; inoltre se si impara a prendere alla lettera le parole dell’Autore, andrebbe anche praticato. Molti antroposofi lo conoscono male, di seconda mano, anche se, abituati all’illimitata superficialità contemporanea, ad esempio sanno tutto sui colori o sui sapori graditi alla personalità di Rudolf Steiner. Altri, piú semplicemente, non hanno capito in pratica l’esercizio.
Stiamo parlando di un inusuale viaggio nel passato chiamato retrospezione dalla Scienza dello Spirito.
 
Quando, nell’accennare alla retrospezione, dai seguaci razionalisti della Scienza Spirituale la stessa viene indicata come utile al rafforzamento della memoria, dell’attenzione, viene detto quel tanto di vero che limita l’orizzonte e la profondità che si apre con tale esercizio. Ci si dimentica che esso fa parte delle fondamentali pratiche pre-iniziatiche: questa peculiarità deve trovare dimora nell’anima con forza meditativa.
Forse che l’uomo addestrato all’attenzione, esercitato nella memoria e magari di temperamento volitivo è pure automaticamente vocato al discepolato esoterico? Gli diviene forse familiare l’essenza sovrasensibile che convergendo da ogni dove chiede di venir recepita dalla coscienza umana? E, badate bene, stiamo parlando di ciò che può essere sperimentato assolutamente prima dell’evento radicale alluso dall’Iniziazione!
Invero, quando si tratta di Scienza Iniziatica, o si medita o si sperimenta o si tace.
Non si comunica ciò che non si conosce.
L’aver disatteso a questa ovvia e severa regola ha regalato al mondo tutte le imposture spiritualistiche che alitano malanno e putredine in una coscienza mondiale che non riesce a mantenersi desta nel drammatico transito verso la luce dell’Anima Cosciente.
L’antidoto va preso in fretta: avvertire la follia, il fetore che sale dalla discarica del mondo spiritualista ed invertire la rotta. Ricominciare tutto, dal principio, con fermezza e senza commiserazioni: liberare il proprio tavolo da ogni traccia del frivolo sapere aggiunto, disporci sopra solo il Trattato e La Scienza Occulta, poi studiarli, sordi e ciechi ad ogni sirena, per i prossimi tre anni almeno (ciò vale come un’immagine indicativa). Non sarà una riduzione, come vi farà credere la naturale ostilità dell’intelletto imbrigliato da un ferreo intento, ma un grande, grandissimo guadagno.
Abbandonare in certi casi, i “lavori di gruppo”. Quando? Al primo interiore sospetto che in essi non circoli una pura vita interiore. Nove volte su dieci questi incontri, dopo poco tempo, si avvitano in caduta libera trascinando buoni e meno buoni secondo il peggior denominatore comune verso patologie collettive, esaminate con notevole chiarezza persino dalla sociologia profana.
 
L’esercizio della retrospezione porta alla vita animica mutamenti rilevanti. Per dissipare ogni timore in tale senso, va subito detto che pur operando con la potenza del distacco, non smorza affatto la vita interiore individuale, ma anzi la arricchisce e la rende piú profonda e articolata.
Quando la disciplina completa viene raggiunta, possiamo osservare che essa ci ha condotto a tre gradini successivi di esperienza, anche se, come spesso accadde nella vita occulta, non esiste una distinta separazione tra essi. Dobbiamo inoltre non dimenticare che, come per altri importati esercizi, la retrospezione rimane una disciplina possibilmente integrata ai cinque ausiliari o perlomeno alla rigorosa ascesi del pensiero, che non va assolutamente tralasciata.
Il primo gradino produttivo dell’esercizio risulta quasi una conseguenza diretta e logica della sua pratica. Le emozioni vengono purificate, l’impulso all’azione viene disciplinato e la volontà, l’attenzione e l’immaginazione si rafforzano e si intensificano; si illimpidisce e si rafforza la capacità del ricordo che diventa piú fluido e preciso.
Il secondo gradino matura, in modo piú indiretto, dalla raggiunta abilità di invertire, per forza interiore, il flusso del tempo.
Quando lo sperimentatore diviene capace di riprodurre attivamente in un proprio spazio interiore il trascorrere degli eventi con un moto inverso, prova poi in momenti diversi qualcosa di simile con l’attimo che chiamiamo presente.
Ordinariamente percepiamo come del tutto naturale che il mondo esterno entri, per cosí dire, in noi, rappresenti se stesso in noi senza la nostra apparente partecipazione; ora, in alcuni momenti succede il contrario. Si desta in noi l’impressione piena che il mondo esterno divenga una proiezione che origina dalla nostra piú profonda interiorità. Tutto quanto ci circonda diviene un prolungamento del nostro essere. Si può sperimentare come da noi escano raggi o fili di consapevolezza che diventano partecipi delle cose ed attività circostanti, e come queste sembrino appartenere alla nostra anima. Le solide barriere tra Io e non-Io si assottigliano considerevolmente.
La natura del terzo gradino a cui abbiamo accennato si rivela da sé come la piú importante; Rudolf Steiner ne parla nel capitolo sulla calma interiore nel libro L’iniziazione.
Consiste nel divenire consapevoli di una Coscienza Superiore.
Come il rapidissimo balenio del lampo, su tutto il campo percettivo, interiore ed esteriore, scende dall’alto una consapevolezza pura, il “testimone segreto” di cui poco può essere detto: è “altro” rispetto a qualsiasi aspetto della personalità umana a cui si tentasse di paragonarlo.
Esprimendosi per immagini si può dire che la sua veste è la calma assoluta.
Non è semplice calma e non ci risultano vocaboli per descriverla: è la Calma Vivente, piú forte di qualsiasi realtà del mondo. Ad esempio si avverte con certezza che potrebbe, se necessario, fermare concretamente la violenza di una valanga.
Modifica persino la percezione dello spazio che ci attornia: Lei si dilata, il percepito si comprime e comprimendosi perde la dimensione con cui, di continuo, l’uomo segretamente lo completa; le immagini vengono restituite alla loro bidimensionalità.
L’esperienza anche breve di questo terzo gradino lascia nell’anima dell’asceta tre gemme dello Spirito immacolate e incorruttibili: Serenità nel cuore, Ponderatezza nell’azione, Silenzio nel pensiero.
 
La revisione della giornata trascorsa trova il suo momento favorevole a conclusione del lavoro e degli obblighi serali ma prima dell’eventuale predeterminazione degli atti riferiti al II dei cinque esercizi e prima delle meditazioni immediatamente precedenti il sonno notturno.
Poiché la retrospezione è un esercizio che chiede molta attenzione ed energia, è preferibile che venga piuttosto svolto come ultimo esercizio del giorno (seduti, colonna vertebrale eretta) e non come esercizio precedente il sonno (distesi, capo rialzato).
Lo sperimentatore deve assumere, senza alcuna forma di freddezza interiore, un atteggiamento di intensa attenzione, rimanendo al contempo assolutamente distaccato, indifferente, alle vicende dinamicamente rievocate.
Date queste caratteristiche, l’approccio all’esercizio si presenta piuttosto difficile.
Nel ricostruire con cura un avvenimento che ci aveva coinvolti, verranno rievocate anche azioni o reazioni che ci procurarono sentimenti di simpatia o antipatia, esultanza o disgusto.
Queste forze dell’anima sono sempre presenti in noi, seppur sognate durante il giorno, a livelli intensi o impercettibili.
Con la pratica della disciplina tutto deve essere osservato con il distacco dell’indagatore scientifico, “da fuori” e come riferentesi ad una persona perfettamente sconosciuta.
Questo assetto viene favorito dallo sforzo concentrato nell’osservazione che non deve lasciar campo al contagio delle emozioni che magari poche ore prima avevano invaso la nostra anima.
Chi non può non obiettare che simili atteggiamenti risultino in pratica amorali o egoistici o inumani, non è maturo, giacché non capisce ancora che proprio l’ordinario sentimento personale è strutturalmente egoistico e antispirituale in quanto opposto alla moralità dello Spirito ed alla vera natura dell’Io.
Inoltre il passato può solo essere contemplato, e proprio dalla sua inegoica contemplazione le forze animiche perdono progressivamente le caratteristiche di cieco automatismo, di selvaggia e animalesca rivolta verso il proprio originario essere. Illimpidendosi e liberandosi dall’alienazione abituale si trasformano, sotto il segno dell’Io, in forze sane per il Futuro.
Sbaglia e non trae alcun beneficio dall’esercizio chi tenta di scorrere rapidamente gli avvenimenti della giornata in un confuso caleidoscopio di veloci immagini.
Risulta anche chiara l’impossibilità di far passare innanzi alla coscienza un’intera giornata in breve tempo.
Anche se qualcuno trova tempo ed energia non ne abusi per prolungare la durata dell’esercizio, che va iniziato e concluso tra i cinque e i dieci minuti circa.
Si comincia evocando alcuni brevi avvenimenti, situati a ritroso dalla sera alla mattina; due o tre situazioni vissute saranno ampiamente sufficienti. All’inizio, orientarsi verso la possibilità di una vivace rappresentazione-ricordo di fatti banali, insignificanti, che però devono venire ricostruiti come quadri completi.
Facciamo un esempio: osservo dall’esterno me stesso entrare dal giornalaio. Devo spremere la memoria per rivedere tutto l’ambiente, con piú dettagli possibili, devo ricordare le persone presenti nel negozio, rivedere tutti i loro volti, i loro vestiti e persino i loro atteggiamenti. Se proprio non riesco a ricordare, ad esempio, il colore della camicia del gestore, completerò la scena (cioè il colore della camicia) con un colore scelto di fantasia, arbitrario. Rievocherò i gesti miei e quelli del venditore, le parole intercorse, la mia uscita dal negozio.
Dopo questo esempio qualcuno potrà osservare che il semplice acquisto del giornale è diventato una specie di fatica d’Ercole. Ed è proprio cosí. Però con la pratica quadri di questo tipo diverranno piú facilmente vivi e completi. Successivamente e senza troppa fretta, i quadri verranno moltiplicati e la lunga pratica dell’esercizio rende finalmente lo sperimentatore capace di rivedere l’intero corso della giornata come un susseguirsi di mutevoli quadri, limpidi e dettagliati, in pochi minuti d’orologio (avviene un mutamento di coscienza che non va avvertito ed è questo che permette grandi modificazioni al senso interiore del tempo. Da questo punto di vista diventa ragionevole l’impossibile, ovvero che pochi minuti possano bastare a tanto).
Può sussistere ancora un dubbio tormentoso sul modo corretto della pratica del ricordo serale a ritroso, ovvero se tutto, proprio tutto, non debba essere svolto a ritroso assoluto. Risponderemo tornando all’esempio precedente: in questo caso dovrei vedere me stesso camminare disinvoltamente all’indietro entrando nel negozio (per uscirne) con il giornale già comperato, dovrei osservare all’incontrario espressioni e gesti delle persone presenti e volgendomi al venditore, prima che il giornale ritorni nelle sue mani, da persona educata dovrei ricordarmi di averlo salutato con un «icredevirra e eizarg».
Tirando di paradosso, crediamo di aver dato risposta: questa non è la pratica della retrospezione, che piú semplicemente retrocede da avvenimento vicino ad avvenimento lontano della trascorsa giornata.
A completezza della nota si conferma la possibilità di eseguire determinati esercizi a ritroso assoluto (ad esempio la concentrazione se eseguita con sole immagini) ma che esorbitano dai limiti di questo specifico contesto. Inoltre, per quanto è stato descritto come una somma di esperienze possibili a chi si esercita nella retrospezione vale la prudente indicazione che di queste è stato tracciato un semplice e incompleto abbozzo che sicuramente viene arricchito e modificato da molte altre significative impressioni individuali.

Franco Giovi