
Déodat
Roché (1877-1978), nacque ad Arques, piccolo ridente
paese della zona pirenaica delle Hautes-Corbières, zona
che nel XIII e XIV secolo vide prima la devastazione
portata dalla cosiddetta Crociata contro i Catari albigesi
– guerra che spazzò via la civiltà occitana, cólta,
evoluta e “gentile” – poi l’infierire degli orrori
della Santa Inquisizione, vocata, in quelle terre e
altrove, a sradicare l’“eretica pravità”.
- Il
giovane Déodat Roché ebbe una buona formazione di studi
classici nel Liceo di Carcassonne e all’Università di
Tolosa, ove conseguí le lauree in Diritto e in Filosofia.
Decisiva fu per lui la formazione umana, morale, ma
soprattutto spirituale ch’egli ricevette da suo padre
Paul, che nell’adolescenza e nella gioventú gli fu
benevola e socratica guida nel difficile cammino della
ricerca d’una via spirituale. Il padre di Déodat Roché
era un ardente spiritualista che si era allontanato da
ogni forma di dogmatismo confessionale e cercava una
nuova, libera spiritualità; fu il primo a suscitare nel
figlio l’amore e l’ammirazione per il manicheismo e il
catarismo, al cui appassionato studio questi avrebbe poi
dedicato gli sforzi della sua lunghissima, centenaria
vita.
- Non
era facile a quell’epoca, in Francia, trovare una “via”
spirituale che mostrasse l’autentico sentiero all’Iniziazione,
per cui il cercatore era costretto a muoversi con un
affannoso, insoddisfatto cercare nei meandri di un
labirinto apparentemente senza uscita. Il giovane Roché s’immerse
nell’agitato pelago dell’Occultismo francese –
termine coniato proprio in Francia nella seconda metà
dell’Ottocento – e divorò le opere di Eliphas Levi,
di Papus, di Hoëné Wronsky, di Stanislas de Guaita, di
Antoine Fabre d’Olivet e di molti altri, opere nelle
quali si potevano trovare molte infrante vestigia dell’antica
Tradizione, veri ‘ruderi’ sopravvissuti di epoche
ormai irrimediabilmente scomparse, ma nulla che mostrasse
o indicasse la novella forma che l’eternamente giovane
Divina Sapienza additava all’uomo attuale per il suo
difficile cammino. Cercò invano nei decadenti Ordini
occulti allora presenti in Francia: nelle Logge massoniche
o in quelle dell’Ordine Martinista, nella Chiesa
Gnostica ecc. Ovunque trovò soltanto raffinata erudizione
o ricerca di “poteri occulti”, misticismo o magismo
scadente in oscuri, confusi psichismi, o nostalgia per una
forma di archeologia sapienziale, ma non l’esperienza
vivente e cosciente dello Spirito, non la Via dell’Iniziazione.
- L’incontro
con la Via lo trovò prima attraverso l’opera e poi con
il colloquio diretto con Rudolf Steiner, l’incontro con
il quale avvenne nel 1922 a Dornach in occasione del ciclo
Filosofia, Cosmologia, Religione, tenuto
appositamente per cercatori spirituali francesi. I
colloqui che Déodat Roché ebbe in quella occasione col
Dottore, e quelli che avrà negli anni successivi, furono
decisivi per il suo cammino interiore e vennero
accompagnati da eventi dell’anima che gli mostrarono
inequivocabilmente l’assoluta concretezza dell’esperienza
spirituale e l’elevatezza del Maestro che gliela
indicava. Da quel momento si donò con tutte le sue forze
alla realizzazione interiore.
- Sin
dall’adolescenza Déodat Roché aveva coltivato quello
che chiamava il “ricordo” dell’antica Gnosi, del
Manicheismo, del Catarismo, e ne aveva approfondito la
conoscenza con studi severi condotti con rigore
filologico. Ma fu la Scienza dello Spirito di Rudolf
Steiner che gli donò la chiave dell’essenza vivente di
quelle forme dell’eterna Divina Sapienza e che cosa il
loro vivente “ricordo” può ancora dire al cercatore
attuale dello Spirito. Dopo la Seconda Guerra Mondiale,
egli – ormai anziano – riuní i suoi studi in poche
opere densissime di contenuto e in molti articoli
pubblicati in quei «Cahiers» o «Quaderni di
Studi Catari» da lui fondati.
La sua
prima e piú importante opera viene ora tradotta e
pubblicata dalla generosa e temeraria casa editrice
CambiaMenti di Bologna. È un’opera non facile, scritta
in uno stile asciutto e severo, un’opera di studio che
richiede un lettore diligente e volenteroso. Ma una volta
entrati nel cuore dell’opera, essa riserva tesori
inaspettati e ripaga abbondantemente il cuore del
cercatore della Sapienza Santa. Viene mostrato come, al
tramontare del mondo antico, audaci cercatori aprissero
una novella via capace di restituire all’uomo la
reintegrazione nel suo essere cosmico, la trasformazione
della tenebra in luce, la realizzazione dell’Androgine
Celeste, l’esperienza folgorante del Pensiero Vivente.
Questa novella sapienza iniziatica nel nostro Medioevo
ispirò ed orientò i Catari, i Fedeli d’Amore, la
sapienza templare e si congiungerà con l’Alchimia e il
Rosicrucianesimo rinascimentali.
- Déodat
Roché non fu un intellettuale: fu un asceta operante alla
realizzazione della Via dell’Iniziazione, e quello che
scrisse non fu frutto di accademica erudizione, anche se
possedeva una vasta e profonda erudizione: nasceva dall’esperienza
interiore della sua anima. Lo “studio” della sua opera
va un po’ inteso come il «sommo studio» che il nostro
Dante rivolse con amore «a Virgilio e al suo volume». In
particolare, chi asceticamente ama lo studio meditativo
dell’opera di Massimo Scaligero saprà come immergersi
in un’opera cosí sapiente e luminosa. Ed è una gioia
che quest’opera fondamentale di Déodat Roché sia stata
tradotta e presentata per la prima volta in Italia. Tutti
gl’innamorati della Sapienza Santa e i temerari
impegnati nell’arduo cammino spirituale ne saranno
riconoscenti.
Silvano Mirami
D. Roché, Studi manichei e catari, Editrice CambiaMenti,
Bologna 2002, XLVIII + 432 pagine,
http://Cambiamenti.com Ed.
CambiaMenti sas, Via Schiassi 28 – 40138 Bologna, fax 051
341467 |
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