- Tra i
mille episodi attribuiti al Faraone Ramsete II, c’è anche
quello che racconta come egli avesse fatto legare il proprio
figlio sulla cima dell’obelisco di Karnak affinché
ingegneri, operai e schiavi si rendessero conto del rischio
che correvano qualora non fossero riusciti a innalzare il
monolito e l’avessero invece fatto precipitare
spezzandolo, uccidendo cosí il regale rampollo. Si
trattava, a detta di Plinio, di un blocco di porfido alto
120 cubiti (63 metri), per sollevare il quale occorsero
120mila uomini. Di “appena” 26 metri era invece quello
che Caligola fece trasportare da Alessandria d’Egitto nel
30 d.C. con un’apposita nave, e che andò a formare la
spina del Circo che l’imperatore aveva fatto costruire
oltre Tevere, nella regione vaticana: arena che Nerone aveva
in seguito abbellita e ristrutturata, essendo ambedue i
cesari dei fanatici frequentatori di corse di bighe, essi
stessi abili aurighi.
- L’obelisco,
rimasto per secoli abbandonato tra i ruderi dell’anfiteatro
presso cui era sorta la Basilica di San Pietro, venne
ripescato su ordine di Sisto V, il papa urbanista che il
popolino chiamava “er muratore”. Non prestando fede al
parere dello stesso Michelangelo che anni prima, con Paolo
III, aveva ritenuto azzardato e di grande “sperpero di
danari” il recupero dell’obelisco – che tra le altre
leggende ad esso legate pareva contenesse le ceneri di
Giulio Cesare nella sfera di bronzo posta alla sua sommità
– Sisto V, al secolo Felice Peretti, bandí un concorso
tra i maggiori architetti dell’epoca, per chi avesse
elaborato il progetto piú acconcio ed economico per il
recupero, il trasporto e l’innalzamento del blocco di
porfido pesante 440 tonnellate. L’obelisco, l’unico di
quelli eretti a Roma lasciato in piedi da Totila – il re
barbaro che si era convertito ed era divenuto devoto dell’Apostolo
Pietro – si ergeva solitario dal lato della sacrestia
della Basilica. Da lí doveva essere trascinato fino al
centro della piazza.
- Il
Fontana si aggiudicò l’appalto e il 5 ottobre 1585, dopo
una messa solenne nella cappella del Priorato, diede inizio
alle operazioni di imbracatura del monolito che sorgeva a
256 metri di distanza dal punto dove doveva essere
collocato. Un castello di legni e travi avvolse
completamente l’obelisco. Il 28 aprile 1586 il castello
venne ultimato. Si trattava ora di coricare l’obelisco e
porlo sullo stràscino, una slitta speciale, operazione
questa delicatissima. L’architetto impiegò per tale fase
40 argani, 800 uomini e 120 cavalli. Ogni azione veniva
scandita da squilli di tromba per procedere e da tocchi di
campana per arrestarsi, non essendo sufficienti i richiami a
voce.
- Il 7
maggio 1586 l’obelisco venne disteso sulla slitta. Iniziò
cosí il trascinamento verso il centro della piazza. L’operazione
durò tutta l’estate e Sisto V non volle muoversi da Roma,
al contrario di quanto usava fare nella stagione calda.
Contava di mostrare al mondo l’obelisco collocato in sede
per il 14 settembre, festa dell’Esaltazione della Croce.
- Il 30
agosto 1586 la piazza venne chiusa da un recinto. Il 10
settembre 65 argani, 140 cavalli e 907 uomini sollevarono l’obelisco
a metà in obliquo. Si attese l’Ambasciatore di Francia in
visita al papa. Quando il corteo diplomatico passò per la
piazza, il Fontana fece eseguire due tirate di corda in
onore dell’illustre ospite. Al tramonto dello stesso
giorno l’obelisco era completamente in posizione
verticale, ma ancora sulla slitta di trascinamento.
Occorreva eseguire l’operazione piú rischiosa di tutte:
sollevarlo in blocco a un’altezza tale da consentire di
estrarre lo stràscino e quindi poter poggiare il monolito
sui quattro dadi di bronzo originali, i cosiddetti
astragali, ideati dagli ingegneri di Caligola e coperti per
iniziativa del Fontana da quattro leoni di bronzo, simbolo
della forte autorità di Sisto V.
- La
mattina del 16 settembre, dopo due messe solenni per
invocare lo Spirito Santo, impiegando gli stessi cavalli,
argani e operai, l’obelisco fu sollevato. Ma accadde che i
canapi che stringevano il blocco, per il calore e l’attrito
cominciarono a fumare, minacciando di spezzarsi. La tensione
nella piazza salí alle stelle. Oltre il recinto la folla
taceva impressionata e il Fontana temette che tutto il
lavoro di un anno andasse perduto, con danni materiali e
morali tanto per la sua carriera quanto per l’immagine del
papato. Fu a quel punto che un marinaio di San Remo, tale
Bresca, nonostante la pena di morte stabilita per chi avesse
con verbo o suono arrecato disturbo, gridò: «Acqua alle
corde!». L’acqua gettata allora in grande quantità sulle
funi fece sí che queste si accorciassero di una misura
sufficiente a portare a termine il sollevamento e la messa a
dimora dell’obelisco.
- Invece
di essere giustiziato, il Bresca fu premiato da Sisto V,
perché con la sua violazione del decreto papale aveva
salvato insieme all’obelisco la reputazione della Chiesa,
nonché l’opera di messer Domenico Fontana, architetto
pontificio.
- La
famiglia del marinaio ottenne poi dal Vaticano la privativa,
tuttora conservata, per la fornitura al Palazzo Apostolico e
alla Basilica di San Pietro delle palme da distribuire ai
fedeli nella domenica precedente la Pasqua.
- Quali
considerazioni è possibile ricavare dall’episodio di cui
fu protagonista il marinaio ligure, che mise a rischio la
sua vita gridando quelle tre fatidiche parole? Due in
particolare emergono e fanno riflettere: la prima è che la
scienza deve essere consapevole della propria fallibilità
di fronte all’imprevisto e alla fatalità, e allo stesso
tempo conscia dell’apporto che può ricevere dalla
partecipazione di persone di qualunque grado e livello ai
suoi tentativi di penetrare i segreti della natura; l’altra
è che l’individuo comune, il cosiddetto uomo della
strada, il passante per caso, può essere chiamato in
qualunque momento della sua vita a mettere a disposizione
degli altri la propria limitata o vasta conoscenza, la
propria scarsa o notevole energia, le proprie piú o meno
cospicue doti fisiche, mentali e morali. E ciò al fine di
elevare la condizione umana al modello di civiltà
prefigurato dalle Gerarchie spirituali e instancabilmente
indicato dai Maestri.