L’Urbe svuotata ha
seppellito l’anima
in sepolcri d’antichi mausolei.
Offesa e abbandonata, cosí a lungo
abusata da tutti, si ripaga
esibendo trofei di arborescenze:
i rampicanti a strascichi dai muri,
i sussurri dei platani, i fruscii
dei salici reclini all’acqua dove
inerti cigni vanno scivolando
nella pigra corrente. Intorpidita,
svenata di languori, si ravviva
la città spenta ai sogni della pietra: |
leoni, grifi, cherubini
e draghi.
Un caravanserraglio. Solitudine
è il tempo, un gran macigno da portare,
spariti i cirenei coi sancristofori,
dura la via che sale, incerto il guado,
divora tutta l’ombra la gran luce.
Ma il gabbiano che vola alto sul fiume
porta un cuore leggero e un sortilegio
nelle sue ali tese, indenni al vuoto.
Diverso dall’aereo che, perdendosi
oltre l’ansa dei tetti, si rivela
grave d’uomini in fuga da se stessi.
Fulvio Di Lieto |