Sociologia

 

Cosí come forze profonde aiutano la nostra evoluzione ponendo di fronte a noi continue difficoltà, parimenti un altro aiuto meraviglioso ci è stato donato: l’esperienza del pensare. Se un personaggio colto dell’antichità si affacciasse per assurdo con la sua antica forma nella nostra epoca, rimarrebbe stupito dalla capacità pensante dell’uomo attuale. Prescindendo da quella che comunemente viene definita “intelligenza”, ogni persona oggi (specialmente in Occidente, ma questa esperienza riguarda tutta l’umanità anche se ovviamente a livelli evolutivi diversi) possiede un’attitudine al pensare che esula dal suo grado culturale, sconosciuta all’uomo antico. Basta chiedere l’indicazione di una strada alla prima persona che capita: al frettoloso fattorino, al netturbino, al commesso del negozio, al signore dall’aria professorale, per avere quasi sempre una risposta chiara ed esauriente. Basta avviare, in treno o nella sala d’attesa di un medico, un discorso su problemi pratici, per sentire esprimere, da piú persone, opinioni piene di buon senso. Quanto secoli addietro era solo una esperienza di pochi, per esempio dei fondatori della filosofia greca, è divenuto via via patrimonio dell’uomo. Le scoperte scientifiche, la capacità di analisi razionale hanno, fra l’altro, avuto il compito di svelare all’uomo le enormi forze potenziali contenute nel pensare, per ora rivolte quasi esclusivamente al mondo esteriore. Aerei, ponti, grattacieli, computer, tutta la sofisticata tecnologia attuale, non sono che la parziale espressione della capacità pensante. Questa dovrebbe essere compresa dall’uomo nella sua intera realtà al fine di fargli scoprire nella sua interiorità la forza dinamica mediante la quale egli può dire “Io” a se stesso, può divenire autocosciente e quindi consapevole di quanto in lui vi è di negativo e di positivo.
L’uomo attuale interpreta e spiega tutto mediante pensieri, ma non si rende completamente conto del fatto, importantissimo, che l’unico elemento della sua interiorità il quale non ha bisogno di riferirsi ad altro, di appoggiarsi ad altro, è il pensare. Egli è consapevole del valore dei suoi sentimenti mediante il pensiero; decide di agire e quindi di muovere il volere mediante pensiero. Può riflettere invece con il pensiero sui suoi pensieri e per questa operazione non ha bisogno di ricorrere ad altro. Può dunque scoprire in se stesso qualcosa che possiede una sua forza particolare di sintesi, di relazione, di giudizio, la quale se sperimentata coscientemente non può che essere attribuita alla sua interiorità piú elevata.
Con questo non voglio immergere il lettore in un piú o meno astruso sistema filosofico, ma voglio indicare una esperienza che ogni uomo moderno può compiere. Si può credere che il pensiero non sia che una secrezione del cervello, riflettente pertanto tutte le condizioni esteriori comprese quelle sociali ed economiche, ma occorrerebbe essere tanto onesti con se stessi da riconoscere che questa è una opinione anch’essa costruita da pensieri. In sostanza senza il pensiero non si potrebbe affermare che il cervello secerne pensieri. Per sostenere l’opinione che il cervello pensa, occorre prima porsi di fronte a questo organo, osservarlo e analizzarlo per raccogliere poi i dati che emergono e riunirli mediante processi pensanti. A ben guardare, prima vi è il pensiero e poi il cervello. Senza pensiero non sapremmo nulla del cervello e quindi non potremmo nemmeno affermare l’errore che esso produce: riflette pensieri. Se prima è il pensare e poi il cervello è chiaro infatti che il cervello non può pensare, può essere solo il tramite, il trasmettitore di tutti i pensieri, cosí come nessuno può ragionevolmente sostenere che l’apparecchio televisivo è il film che abbiamo visto. Per questo il Premio Nobel John Eccles afferma che nessuna ghiandola, nessun ormone, nessun enzima contengono pensiero, ma che esso va ricercato nell’invisibile interiorità dell’uomo. L’uomo sperimenta nel pensare una forza profonda che ha in se stessa la sua origine; partecipa di un principio, di una essenza divina; vive senza saperlo in una dimensione spirituale anche se si professa materialista; esprime in ogni atto pensante una dignità potenziale, la luce dell’Eterno di contro alla sua natura effimera, peritura.
Per questo il pensare è il banco di prova dell’uomo attuale. Se Galileo fosse stato condizionato dal mal di denti, o se si fosse distratto ad ammirare le belle damigelle presenti nel Duomo di Pisa, o se avesse utilizzato la sua intelligenza per rimuginare la cultura del suo tempo, non avrebbe mai osservato l’oscillare del candelabro e non avrebbe mai elaborato la legge di gravitazione. Ognuno di noi può abbandonare il proprio pensiero a quanto ci suggerisce immediatamente l’apparenza del mondo esteriore; può meccanicamente passare da un pensiero all’altro e da un’analisi all’altra; può formulare un sistema dialettico sino alle piú sublimi astrazioni, ma inconsapevolmente pensano per lui gli eventi già fatti, pensano per lui gli elementi psico-fisici che possono anche essere dotati di intelligenza, ma che restano pur sempre un dato di natura. Pensano per lui gli istinti, le passioni, le avversioni. Oppure ognuno di noi – non ha nessuna importanza se colto o no – può decidere di iniziare a liberare il suo pensiero, può volere educare il pensare sino a realizzare pian piano l’enorme forza spirituale contenuta in esso. Partendo da ciò che è, dalla posizione sociale che occupa, dalle convinzioni politiche e religiose che professa, senza dover rinnegare nulla, divenendo però sempre piú consapevole della loro necessaria provvisorietà. Liberando il pensare, l’uomo man mano si fa libero, si eleva e comincia a trasfondere nella società un’autentica libertà. È questa la vera rivoluzione. Per questo il grandioso potere di verità implicito all’atto stesso del pensare, al suo divenire cosciente, è oggi continuamente minacciato dall’involuzione del pensiero razionale, filosofico, confessionale, ideologico, i quali, pur impotenti ormai a risolvere i problemi attuali, rappresentano ancora lo strumento per legare l’uomo a questa sua provvisoria condizione di caduta.
La soluzione dei drammatici problemi pratici, cosí come la soluzione della questione sociale, attendono il contributo di un pensare nuovo, di un pensare libero dai sensi, che ogni uomo attuale può cominciare a realizzare. Il rimandare questa decisione, l’opporsi ad essa preferendo l’oscuro benessere o le facili consolazioni intellettuali e politiche, stringe l’umanità sempre piú in una morsa, mentre in realtà le forze per superare le tenebre sono già presenti nell’uomo, sia esso scienziato o filosofo, sia esso contadino od operaio.
Iniziare a realizzare la propria dignità mediante l’esperienza del pensare puro è a mio avviso la premessa fondamentale per costruire una giusta convivenza sociale. Identificando prima e realizzando poi la sua missione, l’uomo attuale può pervenire ad una concreta socialità. Gli avvenimenti stanno ogni giorno dimostrando che non esiste una teoria, una ideologia, una soluzione valida una volta per tutte. Tutti gli eventi, tutti i drammi, tutte le sofferenze chiedono che ognuno di noi, giorno dopo giorno, conquista dopo conquista, sacrificio dopo sacrificio, nobiliti se stesso per nobilitare la società.
Ripeto che non vuol essere questo uno dei soliti appelli sentimentali. La socialità, la fratellanza non possono esistere a priori, non possono essere patrimonio esclusivo e gratuito di questo o quel partito, di una confessione religiosa piuttosto che di un’altra. Esse possono venire solo da una risoluzione cosciente che non richiede cortei o scioperi, i quali, pur con tutte le buone intenzioni, fanno leva su ciò che l’uomo è, sulla sua natura già fatta, in sostanza su ciò che è strettamente coinvolto nel determinare la situazione odierna. È urgente piuttosto che un sempre maggior numero di uomini, di qualsiasi classe, si pongano il problema di come iniziare ad evolvere la propria interiorità, affrontando quanto la vita pone loro quotidianamente di fronte: i rapporti di lavoro, le questioni economiche, l’incontro con i propri simili, per quello che sono realmente, per il loro reale valore e il loro significato essenziale. Iniziando pertanto a non prevaricare sui fatti con i propri interessi egoici troppo ristretti e con le proprie opinioni di parte.
Una volontà di liberazione vissuta intensamente, realizzata con coraggio e sacrificio; una dignità interiore conquistata con nobile ostinazione. Tutto ciò se attuato da un certo numero di uomini può dare finalmente spazio ad autentiche forze sociali, a nuovi impulsi di socialità fondati sulla convinzione che nell’uomo che ci sta di fronte, sia esso nostro pari, nostro dipendente o nostro superiore, sia esso nostro nemico, vive la stessa essenza interiore, la stessa aspirazione alla libertà, lo stesso Io Superiore. È questo il vero principio di fratellanza non piú fondato su una continua recitazione con se stessi e con gli altri ma su una realtà oggettiva.
Date queste premesse è piú agevole comprendere l’enorme importanza di realizzare compiutamente nella nostra epoca qualcosa che è già stato intuito e attuato embrionalmente e con mille contraddizioni: la presenza della libertà nel contesto sociale. Il principio della libertà è esaltato in gran parte del mondo e ha ispirato gran parte delle vicende storiche degli ultimi secoli, ma in pratica è realizzato parzialmente nelle libertà politiche nella libertà di associazione e di opinione, oppure è subordinato all’affrancamento dallo sfruttamento. Proprio perché esso è un fattore essenziale per l’evoluzione dell’uomo, contro di esso si scagliano tutti i regimi totalitari, consapevoli del fatto che l’errore può mantenersi al potere solo con la costrizione o la violenza, esercitate sia a livello spirituale e religioso, sia sul piano economico. Ma il principio dell’autentica libertà, la nascita dell’uomo libero interiormente sono in certo qual modo osteggiati anche nei paesi democratici. Indubbiamente con mezzi meno brutali, con un margine di autonomia certamente maggiore: mediante la scuola statale, il sostegno alla cultura ufficiale, espressione troppe volte del banale e dell’ovvio, attraverso il condizionamento economico. Quest’ultimo viene attuato con il peso fiscale eccessivo, con l’incubo derivante dal montare del disavanzo pubblico con i suoi effetti perversi. Paradossalmente lo Stato pretende di risolvere i danni provocati dalla sua inefficienza con l’efficienza del cittadino, al quale però cerca di togliere ogni incentivazione, ogni entusiasmo e la fiducia nel futuro, sino a farne un essere preoccupato e angosciato e quindi preda di un precario assetto esteriore che contribuisce a distoglierlo dalla sua interiorità.
Mi sembra urgente dunque iniziare a immaginare un livello piú elevato di libertà nella società, affinché all’azione interiore dell’uomo, alla sua volontà di superamento, corrisponda uno spazio sociale che non impedisca le manifestazioni di questa conquista, non soffochi i diversi e graduali livelli di liberazione raggiunti e rappresenti contemporaneamente il modello non imposto, il polo di attrazione di forze per tutti coloro i quali decidono spontaneamente di percorrere la via della dignità.
Sui livelli democratici già raggiunti da numerose nazioni, dovrebbe potersi innestare una ancora maggiore libertà di espressione di tutte le manifestazioni spirituali, religiose, artistiche, pedagogiche, filosofiche, scientifiche, nessuna esclusa, evitando che una parte della cultura goda dell’appoggio dello Stato o del potere economico. Questi dovrebbe rinunciare a tutte le forme di intervento come: scuola pubblica, religione o cultura di Stato, sovvenzioni pubbliche e intrecciarsi di interessi puramente commerciali intorno alle manifestazioni culturali.
Le diverse idee e le diverse opinioni dovrebbero misurarsi attraverso il libero confronto. La verità, la scala dei valori non possono essere decisi da qualcuno per tutti e poi imposti. L’errore, la menzogna, le mezze verità diventano pericolosi quando sono sostenuti da un potere politico, da istituzioni e strutture basate sull’autorità giuridica, oppure quando godono di privilegi economici. Esse invece, lasciate libere di manifestarsi fondate solo sul loro contenuto, non possono nulla contro le forze spirituali autentiche esprimentesi nello stesso libero contesto. È questo il senso ultimo dell’aspirazione alla libera espressione culturale, religiosa e artistica. Solo in un proprio spazio sociale autonomo le diverse concezioni possono confrontarsi senza nessun vantaggio e senza nessun privilegio, per quello che sono, sino a consentire il determinarsi delle gerarchie dei valori. Solo in questo modo chi crede in qualcosa apprende a non fare appello alle forze politico-statali o al potere del denaro, ma a battersi disinteressatamente per le sue convinzioni. Ogni uomo ha il diritto di sbagliare, ma se lotta per le sue idee con assoluta moralità e con il massimo rispetto per le opinioni degli altri, qualsiasi concezione professi, si muove già sul piano della spiritualità e questa prima o poi lo ispirerà, lo disseterà con la sua sorgente di vita. In fondo, chi ha bisogno per affermare la propria ideologia, di imporsi mediante dogmi indiscutibili o sottili ricatti politici o economici, chi cerca di far leva sui rancori, sull’odio o sull’avidità e la vanità, non ha nel profondo nessuna fiducia nelle sue concezioni. Egli potrà, provvisoriamente, anche vincere ma, mentendo prima di tutto a se stesso, non potrà che produrre cultura, arte, istituzioni, edificate sulla menzogna.
Il primo provvedimento per il risanamento della società è, a mio avviso, fondare una libera vita spirituale, religiosa, artistica, culturale, educativa, completamente autonoma dallo Stato e completamente affrancata dalle vicende economiche. Uno spazio appunto dove tutte le manifestazioni culturali, intese nel senso piú ampio, possano liberamente manifestarsi; ove gli uomini possano liberamente riunirsi a seconda delle loro idee, delle loro affinità etniche e religiose, delle loro tradizioni. Uno spazio ove chi ha una dote, una conoscenza, possa esprimerle perché vi è qualcuno che con altrettanta libertà decide di essere aiutato ed educato, e quindi è spontaneamente disposto a fornire i mezzi per vivere a coloro i quali esprimono le qualità che lo interessano.
Si potrebbe obiettare, che gli autentici geni, i grandi pensatori e i grandi artisti hanno saputo esprimersi anche se costretti in angusti limiti posti loro dalla società, anche se perseguitati dai potenti del loro tempo. Certo un essere eccezionale non teme le difficoltà esteriori, ma una società deve poter aspirare ad una libertà di manifestazione per tutti, affinché quanto vive potenzialmente nell’interiorità di ogni uomo possa germogliare non ostacolato da prevaricazioni e ricatti. Come può crescere una rosa se non viene piantata nel terreno piú adatto, se non viene potata e innaffiata? Come potrà conquistare l’uomo, ogni uomo, la sua dignità se le condizioni per il suo sviluppo continueranno ad essere minacciate dall’ingerenza continua di una istituzione come lo Stato che ha tutt’altri compiti da svolgere nella società?
Il contrasto fra capitale e lavoro, le ingiustizie sociali, il rinnovarsi del senso di alienazione, tutto ciò non potrà mai essere superato se ciascuno di noi non verrà posto nella condizione di affrontare coscientemente tutte le questioni inerenti alle esigenze di una giusta convivenza. Questo fine però potrà realizzarsi piú agevolmente mediante la presenza, nel contesto sociale, di una libera vita spirituale alla quale fare continuo riferimento.

Argo Villella (3. continua)

Edito a cura di G. Simoncini per la Cooperativa Pico della Mirandola, Bologna 1986

Immagine: Raffaello Sanzio «Lo spazio ideale» particolare da
«Lo Sposalizio della Vergine» 1504, olio su tela. Pinacoteca di Brera, Milano.