Fisiologia

Noi percepiamo del corpo soltanto il suo apparire fisico e abbiamo sensazioni corporee fino a quell’oscuro stato di coscienza corporeo-psichico che si chiama cenestesi. Crediamo di percepire il corpo, crediamo di vedere il corpo, ma è solo un’apparenza. Perché ci sfuggono le forze profonde che reggono questa struttura. Ci sfuggono le forze eteriche, le forze astrali, l’Io. Quando vediamo un essere, vediamo la sua mineralità mossa, organizzata. Dentro, però, c’è una profondità che arriva sino all’Io, e quest’Io si continua in un infinito.
Il corpo, nella sua organizzazione, è opposto allo Spirito. Esso è organizzato dalle Gerarchie, da forze spirituali che hanno operato alla sua struttura, alla sua forma, e che lo sorreggono attraverso i diversi sistemi che lo compongono: da quello osseo-minerale a quello ghiandolare, al sistema sanguigno, muscolare, nervoso. Sono schiere di Gerarchie che operano a questa struttura. Lo Spirito che lavora come coscienza opera dall’altra parte, dalla polarità opposta. Si può dire che lo Spirito, in quanto coscienza, entri in questo procedimento in un modo che sembra non combaciare con l’anima e il corpo. Se l’Io fosse in uno stato di trascendenza rispetto al proprio corpo, il corpo sarebbe immortale e l’Io agirebbe come possono agire gli Dei. Ma l’Io non contribuirebbe allora al fine ultimo dell’uomo, che è la conquista della sua libertà. L’Io penetra invece con le forze che contraddicono lo Spirito, traendo il senso di sé dall’astrale.
L’esperienza dei sensi c’è perché l’Io ritrovi se stesso. Uno dei risultati della meditazione è una grande indipendenza dalla corporeità. Solo attraverso tale indipendenza la corporeità ritrova il suo vero soggetto. Ma perché questo sia l’Io, molto lavoro interiore deve essere fatto dall’uomo. È utile prendere in considerazione lo stato del sonno, per comprendere come nel sonno il corpo torni veramente ad essere controllato e ripenetrato dalle Gerarchie. Mentre l’Io, durante il sonno, fa un’esperienza delle Gerarchie sul piano della revisione dei fatti del giorno, le stesse forze operano nella profondità del corpo. La meditazione ci porta alla realizzazione di un rapporto che somiglia a questo: si arriva a uno stato di quiete del sistema nervoso, quel sistema nervoso che, pur essendo il mediatore del pensiero, diventa parimenti l’imprigionatore del pensiero. Nella meditazione e nella concentrazione esso può ritornare ad essere il mediatore, per il fatto di non intervenire: la sua mediazione è la sua possibilità di estraniarsi al pensiero, che entra in uno stato che equivale a quello del sonno dell’uomo.
Ci siamo mai chiesti perché possiamo guardare con i nostri occhi fisici senza avere dubbi su ciò che vediamo? Perché l’obiettività della visione è stata già realizzata per l’uomo: è un dono del Logos. L’occhio ha una struttura nervosa, sanguigna, retinica ecc. in cui si svolgono processi fisici autonomi nella parte eterica e astrale. Se il nostro occhio si comportasse come il cervello, porteremmo continuamente la nostra impressione su quello che vediamo. La potenza di obiettività dell’occhio, o degli altri sensi, è ciò che deve essere realizzato anche per il cervello. Quello che il Mondo spirituale ha operato per i sensi dell’uomo, egli deve ottenerlo mediante il pensiero liberato dalla cerebralità. L’uomo che scioglie il pensiero comincia ad avere una grande indipendenza dal mondo fisico. Naturalmente non termina qui la sua esperienza difficile riguardo all’anima, perché dopo aver attuato la liberazione deve attuare l’immersione in un essere che è tutta debolezza. Il fatto che ci si possa liberare dal corpo per poi rientrarvi è molto importante. Soltanto l’uomo che si è liberato del corpo sa, quando vi rientra, cosa deve fare. Chi affronta una tale esperienza opera a un livello tale che, benché sperimenti pienamente il dolore, pure ha il conforto di sapere che c’è un punto in cui ha la possibilità dell’indipendenza da esso, cosí come può raggiungere una chiarezza riguardo alla situazione dell’anima.
Naturalmente, non possiamo assolutamente illuderci che a un certo punto l’uomo conquisti uno stato di privilegio per cui non soffra piú. La liberazione che si ottiene è temporanea, ma si ritorna poi nella sfera della necessità; quindi l’Io, la coscienza, si libera nuovamente e ritorniamo nella sfera della libertà: avviene cosí uno scambio tra corpo, anima e Spirito. Un tale operare dell’uomo è importante non solo per se stesso, ma per altri che hanno bisogno di essere aiutati. Vi sono persone che, minimamente si tolga loro un peso, riprendono forza. La figura del Cristo rappresenta proprio questo: Egli ha attraversato tutto il dolore umano, fino alla crocifissione del corpo, fino alla morte corporea, prendendo su di sé il peso di tutta l’umanità. Egli si è mostrato a noi come modello, e la Sua azione continuerà fino alla fine dei tempi. Coloro che seguono il Cristo hanno in Lui un modello da seguire.
Dobbiamo comprendere che, in stato quasi di incantesimo, nelle profondità del corpo ci sono forze magiche di volontà possente che funzionano mediante la liberazione del pensiero. Il problema della libertà riguarda il pensiero. Le forze delle piú alte Gerarchie sono costrette alla funzione animale dall’uomo. Sono forze che operano deviando nella struttura dell’uomo. La deviazione riguarda tutta la natura che, dal minerale al vegetale all’animale, è imprigionata nella fisicità. Tutto il creato si è abbassato per l’uomo, perché l’uomo abbia l’esperienza dell’Io, della libertà. Stregate nel corpo ci sono delle forze che vogliono essere restituite all’uomo. Ma è solo lui che liberamente può decidere di riprenderle. Nell’uomo affiora l’Io come la forza che ha questa possibilità. Facendo appello all’Io, si possono destare le forze in grado di liberare la corrente del sentire e quella del volere, le quali, mentre costruiscono il corpo, sono al servizio dell’uomo, ma continuamente vengono alterate sotto forma di istinti e di passioni. C’è una distruzione continua di queste potenze altissime, stregate in profondità: la forza salvatrice è in colui che sa destarle dall’incantamento.

Gemma Rosaria Arlana